Gli occhiali radioattivi del dottor Precerutti
Giandujotto scettico n° 70 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (27/08/2020)
Indossereste occhiali con lenti radioattive? Oggi la cosa ci fa rabbrividire, eppure c’è stato un tempo in cui il Radium era l’oggetto del desiderio di miriadi di consumatori, il nuovo elemento salvifico il cui solo nome bastava a far vendere qualunque prodotto. E anche Torino si lanciò nell’avveniristico business…
Ma per capire meglio questa storia occorre fare un passo indietro. Verso la fine del Diciannovesimo secolo, alcuni fisici cominciarono a studiare le “proprietà radianti” della materia. Henri Becquerel, Wilhelm Röntgen, i coniugi Pierre Curie e Maria Sklodowska scoprirono che alcuni elementi avevano la capacità di emettere radiazioni se sottoposti a determinati processi, capirono come misurare queste emissioni e su questa base isolarono nuove sostanze chimiche. Apparvero così il Polonio, il Torio, e soprattutto il Radio, ottenuto a partire da un minerale chiamato pechblenda.
I toni con dei giornali erano trionfali: il Radium era modernità, salute, nuove possibilità di cura, la soluzione a qualsiasi problema potesse venire in mente. Basta guardare come ne parlò, per restare alla nostra regione, La Stampa del 30 dicembre 1903. Lo definiva “la sostanza vivente, la materia, per così dire, animata, il miracolo dei moderni laboratori”.
L’universo si presenta allo scienziato sotto un duplice aspetto: materia o forza. La materia è considerata come inerte: e queste due entità, la materia e la forza, sono pensate come distinte. […] Ora, la scoperta dell’Uranio e del Radium ci mette sotto gli occhi una materia che produce della forza, che è dotata della proprietà dei raggi X, ma con questa differenza, che invece di trarre la propria energia da una forza esteriore, l’Uranio ed il Radium emettono una radiazione che non è tratta a nessuna sorgente conosciuta. […] Questa materia lancia radiazioni senza parer nulla perdere del suo peso, e si presenta ai nostri occhi come una sorgente di forza praticamente inesauribile. Si pensa, involontariamente, al sogno del moto perpetuo, si crede ammirare qui una sostanza veramente creatrice.
Ma non c’erano in ballo solo una nuova fisica e l’avverarsi del sogno del moto perpetuo: il Radium, lo si era visto fin dai primi esperimenti, aveva effetti anche sulla materia vivente.
Mettete un decigramma di Radium in un tubo di vetro, rinchiudete il tubo in un astuccio di piombo, mettete il tutto in una scatola imbottita di ovatta, e nascondete l’oggetto nella tasca del vostro panciotto. Fate l’oscurità. La tasca del vostro panciotto brillerà di una bella luce fosforescente. Ma non serbatevi lungo tempo la scatola in tasca, perché le emanazioni luminose del Radium esercitano un’azione sull’epidermide. Se si colloca sulla pelle una capsula in celluloide o in cauchoue (caucciù, NdR) ove la si lascia qualche tempo, si nota prima come una scottatura; questa diventa, in seguito, una piaga e poscia si trasforma in un’ulcera assai difficile a guarire. Il signor Curie ne fece l’esperimento sopra un braccio, e la cicatrice che si produsse durò quattro mesi a rimarginarsi. È appunto questa proprietà del Radium che si cerca oggi di utilizzare per la cura del cancro.
Gli anni tra il 1895 e il 1905 furono pionieristici per lo sviluppo della radioterapia: i raggi X e il Radio furono utilizzati (con risultati molto variabili) per curare il lupus, le neoplasie della pelle, l’acne, l’ipertricosi, gli eczemi, l’epilessia, i tumori più vari. I bambini affetti da tigna (una malattia della pelle dovuta a infezioni fungine) venivano portati, in Tennessee, in apposite stanze dotate di “tubi radiogeni”, con all’interno un canarino in gabbia a garanzia della salubrità dell’aria. Le conseguenze di questa pratica furono spesso disastrose, ma l’entusiasmo verso il nuovo mezzo fece sì che i risultati negativi fossero accantonati all’insegna di uno speranzoso ottimismo.
Nel 1903 lo scopritore dell’elettrone, Joseph J. Thompson, scrisse a Nature di aver individuato la radioattività nell’acqua di un pozzo. Immediatamente altri scienziati si misero alla ricerca di altre fonti con le stesse proprietà, identificando così le prime acque minerali radioattive. Acque sorgive che, tradizionalmente, erano già considerate curative: che la loro salubrità dipendesse proprio dal nuovo fenomeno appena scoperto?
In men che non si dica, si passò a consigliare l’immersione di sali di Radio nell’acqua dei propri bagni, un trattamento che poteva essere effettuato comodamente a casa e che fu applicato contro artriti, gotta, nevralgie. Accanto all’uso casalingo, anche le spa fecero a gara per offrire il prodotto di moda ai propri clienti, con piscine di acqua radioattiva e camere per inalazioni di radon (un gas che, ora lo sappiamo, è la seconda causa di tumori ai polmoni, dopo le sigarette).
Fino al 1913, però, le applicazioni delle nuove sostanze radioattive furono abbastanza limitate. Il Radio era costoso e difficile da ottenere, e dunque non era ancora possibile farne un prodotto di massa. Il vero e proprio sfruttamento commerciale iniziò solo quando vennero messi a punto sistemi efficienti per l’estrazione mineraria. Da quel momento, il salutare Radio (ma anche il Torio) furono aggiunti come “integratori” in un mucchio di prodotti per il consumo spicciolo: dentifrici, creme, ciprie, ma anche cioccolato, saponette, giocattoli…
Negli Stati Uniti, particolare successo ebbero il Radithor – pillola a base di Radio prodotta dall’omeopata William J.A.Bailey e il Revigator, una sorta di vaso in materiale radioattivo da riempire la sera e il cui contenuto andava bevuto al mattino, certi che il benefico radon prodotto dalla ceramica si sarebbe disciolto nell’acqua durante la notte. Per non parlare del Radiendocrinator, una placchetta da mettere sotto i genitali maschili durante il sonno, per “aumentare la virilità”.
Qui in Piemonte, non possiamo non menzionare l’acqua Lurisia delle montagne cuneesi, che cominciò a fregiarsi del titolo di “acqua più radioattiva al mondo” (a scanso di equivoci, la fonte da cui all’epoca veniva estratta non è più utilizzata da molti anni). Assai meno nota, pensiamo, la saponetta radioattiva Radia, prodotta dalle Saponerie Fratelli De Bernardi, sorte nel 1892. L’azienda aveva sede in zona Lingotto, in fondo a via Nizza (all’altezza di via Farigliano), dove operò sino al 1932. La saponetta Radia fu prodotta di sicuro negli anni ‘20. La bella pubblicità che l’accompagnava è quella che trovate qui a fianco.
Esiste però un’altra storia, tutta torinese e ancora meno conosciuta, che ha a che fare con questo periodo di ingenuo entusiasmo verso la radioattività: è quella delle “lenti al Radio” del dottor Precerutti.
L’idea che le nuove scoperte potessero avere qualche beneficio per la vista, in realtà, era venuto in mente subito. La Stampa del 1° aprile 1904 raccontava in un articolo sulle nuove cure meravigliose in vista (e no, quanto segue non era un pesce d’aprile):
Al domani della conoscenza della proprietà del Radio si era arrivati all’inverosimile: ed a Pietroburgo il prof. London, in seguito a un tentativo fatto con alcuni ciechi, arrivò a diffondere sui periodici della capitale russa la notizia sensazionale che per mezzo della radio-attività era finalmente dato ai ciechi di percepire la luce.
La prova di London, uomo troppo noto nella scienza per non richiamare l’attenzione anche dei profani, consisteva essenzialmente in questo: se si pone ad una breve distanza dall’occhio di un cieco uno schermaglio formato da una particolare sostanza fluorescente (risaltante di cianuro bario-platinico), e si fa agire su tale diaframma il Radio, lo schermaglio stesso dà luogo ad una intensa fluorescenza, la quale è percepita anche dall’occhio del cieco. Se quindi si prepara in modo opportuno il diaframma, così che entrino in fluorescenza solamente alcuni tratti, i quali rappresentino lettere dell’alfabeto, oggetti vari, numeri o segni di qualsiasi forma, sarà possibile rendere afferrabili queste immagini dall’occhio del cieco, ed inaugurare così una nuova era nell’educazione di questi infelici.
Gli esperimenti di San Pietroburgo, però, furono ben presto smentiti: con i non vedenti completi il giochino non funzionava. I soggetti usati da London erano probabilmente persone già in grado di distinguere la luce dalla completa oscurità. A quel punto si sarebbe potuto fare lo stesso con una lampada molto potente, dunque il Radio non c’entrava.
A Torino, però, i rapporti tra vista e radioattività presero una svolta inaspettata. Questa volta ci si rivolgeva a tutte le persone con problemi oculistici, che, a quanto sembrava, avrebbero potuto beneficiare delle mirabolanti proprietà delle nuove sostanze. Un articolo su La Stampa del 18 maggio 1913 titolava infatti:
Il Radio introdotto nelle lenti da occhiali per migliorare la vista
Il contenuto dell’articolo magnificava la nuova scoperta: le lenti correttive “tradizionali” si limitavano a correggere difetti come la miopia o la presbiopia, ma non fortificavano “il bulbo oculare nella sua totalità”. Un’operazione quanto mai necessaria, dal momento che lo “stato morboso” dell’occhio aveva effetti in tutto l’organismo (e qui sembra di sentire gli echi di teorie come l’iridologia, che proprio a fine Diciannovesimo secolo avevano iniziato a diffondersi). Ad ogni modo, quest’operazione di ”rinforzo degli occhi” poteva esser portata a buon fine grazie alle applicazioni terapeutiche del Radio, definito “un potente stimolante al ricambio, un moderato eccitante, un analgesico di prim’ordine”.
Così erano descritte le lenti radioattive:
Detta lente è un mezzo Diottrico inventato dall’oculista dott. C.G.Precerutti di Torino, la quale apparentemente è identica alle comuni lenti (occhiali) in commercio e come tale viene portata. Però oltre al potere correttivo comune a tutte le lenti già in commercio associa UN POTERE CURATIVO avendo l’inventore introdotto UN SALE DI RADIUM nei silicati che formano il vetro (vetro speciale accuratamente studiato nei suoi vari componenti, tale da ottenere la migliore lente in commercio, per la sua limpidezza, minima dispersione e perfetta lavorazione delle superfici).
Secondo l’articolo, le lenti “ionizzavano” l’aria tra vetro e occhio, e questo era facilmente rilevabile tramite “l’elettroscopio del prof. Curie”. Il che, aveva tre effetti sull’organo:
- Il ricambio e la circolazione del sangue vengono attivati
- La nutrizione dell’occhio è aumentata
- Propagandosi quest’azione nell’interno dell’occhio, i mezzi oculari in casi patologici, per esempio: cataratte incipienti, intorbidamento del vitreo, ecc., come pure in diverse affezioni del fondo dell’occhio, quali coroiditi, corioretiniti, ecc., subiscono una notevole azione curativa, fatto constatato da numerosi esperimentatori.
Ma il Radio aveva anche effetti curativi sui normali difetti della vista, ed essendo un “potente analgesico” poteva essere somministrato a qualunque persona e a qualsiasi età senza effetti collaterali. L’articolo concludeva citando numerosi studi in ambito oftalmologico (e sul corpo in generale) che avevano sancito l’efficacia del Radio, tra cui ovviamente anche quelli del già citato London. Lungi dal riportare le vere conclusioni della ricerca, La Stampa affermava che
L’eminente oculista prof. London è venuto nella conclusione che occhi anche dotati di minimo potere visivo, dopo qualche applicazione di sali di Radio distinguevano meglio gli oggetti.
Insomma, praticamente un miracolo. Al tempo stesso, erano menzionate molte “autorevoli fonti” per rassicurare il lettore sull’innocuità degli occhiali: la radioattività non era pericolosa, le lesioni riportate da alcuni studiosi erano sempre un problema di eccesso, mentre in piccole quantità le emanazioni avevano dimostrato di essere curative. Era la dose a fare il veleno.
Ora, intendiamoci. Questo panegirico iper-entusiasta de La Stampa era, con tutta probabilità, un articolo prezzolato. Si ripeterà, identico, su numeri successivi del quotidiano, sempre riproposto come genuino approfondimento, ma in una sezione tradizionalmente dedicata ai “piccoli annunci” e accompagnato dall’immancabile réclame delle lenti al fondo:
Per la vendita ed applicazione delle lenti radioattive si è costituita in Torino la Società R.A.P, via Barbaroux 4…
Le pubblicità travestite da articoli di giornale, si sa, non sono un’invenzione dei giorni nostri.
L’inventore delle lenti era, come abbiamo visto, Carlo Gioacchino Precerutti, che doveva essere nato intorno al 1867 a Torino. Qui si era anche laureato in medicina, con una specializzazione in oftalmoiatria (oggi diremmo “oculistica”). Aveva un fratello farmacista e una madre dal cognome importante, Tapparelli (in molte pubblicazioni, lui stesso si firmava Carlo Gioachino Precerutti Tapparelli), tanto che ad un certo punto acquisì anche il titolo di conte. Il brevetto per le lenti radioattive risale al 18 agosto 1908 (fu registrato sotto la dicitura Processo di fabbricazione di lenti per qualsiasi uso, contenenti sostanze radioattive). Ma è solo dal 1913 che, come vi abbiamo già raccontato, il commercio entrò in piena attività, e fu ampiamente pubblicizzato. Qui sotto, un riquadro tratto da La Stampa del 22 giugno 1913:
Le lenti ebbero, con tutta probabilità, un certo successo, visto che il business venne portato avanti almeno fino agli anni ‘30 – periodo in cui lo troviamo, sulle guide sanitarie di Torino, titolare di uno studio oculistico in via Principe Amedeo 29. Una dichiarazione dei redditi del 1930 lascia intuire che gli affari andassero piuttosto bene.
Precerutti ricevette anche l’endorsement di uno dei più noti medici francesi del tempo, Raphaël Blanchard (1857-1919) che parlò della sua invenzione durante una sessione dei lavori dell’Accademia di medicina di Parigi (se ne trova traccia nei resoconti della seduta del 30 aprile 1912, dal Bulletin de l’Académie di quell’anno, a p. 340):
Signor R. Blanchard – Ho l’onore di presentare un lavoro manoscritto del sig. Dottor C. G. Precerutti di Torino, direttore della sezione oftalmologica dell’Ospedale Cottolengo, direttore clinico dell’Ospedale San Giacomo per le malattie degli occhi. L’autore si propone di colmare una lacuna che esisteva nelle terapie oculari. In effetti, finora non esistevano lenti in grado di correggere non soltanto i difetti ordinari della vista, ma anche esercitare un’azione curativa sull’occhio. Basandosi per l’essenziale sull’azione cataforetica dei raggi alfa e beta emessi dal Radio, incorpora nei vetri un sale di Radio dosato in modo tale che le emanazioni terapeutiche possano essere usate in piccole dosi e per lungo tempo, unico sistema per ottenere effetti pratici e costati… Ho depositato presso gli uffici dell’Accademia, insieme a questo manoscritto, quattro vetri contenenti questo principio.
All’affare delle lenti, il nostro Precerutti cercò poi di affiancarne un altro, persino più curioso del primo: quello delle pelli e del cuoio radioattivi. In questo caso, è possibile conoscere il brevetto per intero, perché fu descritto da numerosi fonti francesi e tedesche (questo è tratto da Le Cuir technique: revue scientifique):
Cuoio e pelli conciate di tutti i generi, a alta e bassa radioattività e procedimento per la loro preparazione – M.Gioachino Carlo Precerutti Tapparelli, residente in Italia – Domanda del 20 gennaio 1930, a Parigi – Rilasciata il 13 maggio 1930 – Pubblicata il 23 agosto 1930
Riassunto
La presente invenzione ha per oggetto:
- Un procedimento per conferire un alto grado di radioattività al cuoio e alle pelli conciate di tutti i generi, caratterizzato dalle seguenti operazioni:
- In un bagno per la preparazione alla conciatura della pelle, si scioglie una sostanza avente il potere di aumentare la capacità di assorbimento della pelle alle radiazioni
- Si scioglie un sale di Radio nel bagno di concia
- Si tratta la pelle conciata con un bagno contenente un sale di anilina
- Si riveste la pelle conciata, sia dal lato fiore, sia dal lato carne [i due versi della pelle, NdR] con un miscuglio contenente sali radiferi, sapone animale e una soluzione di allume, questo miscuglio dev’essere decantato, lasciato evaporare, sciolto in una certa quantità di essenze e di petrolio per poter essere applicato sulla pelle
- Il cuoio e le pelli conciate di tutti i tipi possiedono e mantengono per lungo tempo un alto grado di radioattività, ottenuto con il procedimento specificato qui sopra
C’è da chiedersi quale applicazione avesse in mente il nostro oculista torinese. Pensava forse che indossare un vestito fatto di cuoio radioattivo avrebbe avuto effetti benefici per la salute? Forse sì, visto che al culmine della febbre del Radio, negli Stati Uniti, venivano venduti bustini “radianti” per spianare le rughe, eliminare le imperfezioni, cancellare le macchie cutanee e snellire la figura. Non abbiamo trovato tracce sui giornali italiani di campagne pubblicitarie paragonabili a quelle per gli occhiali radioattivi. È quindi difficile dire quanto successo ebbero queste nuove, favolose, pelli conciate.
Precerutti morì a Torino il 25 novembre 1938, lasciando la moglie, due figli e il suo titolo di conte. A quella data, la popolarità del Radio aveva già cominciato a incrinarsi. Tra il 1925 e il 1928 negli Stati Uniti tenne banco il caso delle Radium Girls, le operaie della U.S. Radium Corporation che fecero causa all’azienda per cui lavoravano, per danni alla salute: erano in gran parte addette alla pittura dei quadranti fosforescenti degli orologi, e avevano l’abitudine di appuntire il pennello tra le labbra (alcune, ritenendo innocua la pittura al Radio, la usavano anche per dipingersi unghie e viso).
In pochi anni cominciarono ad accusare tutti i sintomi dell’avvelenamento da radiazioni: tumori, anemia, necrosi ossee… Ma questa causa, pur avendo grandissima risonanza, non portò a grandi cambiamenti nell’opinione pubblica: molti pensavano che i danni del Radio fossero questione di quantità, che potesse essere tossico per chi ci lavorava ma che rimanesse benefico a piccole dosi per i consumatori. Ci vollero la bomba atomica e lo shock provocato dalle immagini delle sue vittime, per far tramontare definitivamente l’idea del “benessere radioattivo”.
Ora le lenti di Precerutti ci farebbero rabbrividire. Rimangono la testimonianza di un periodo di forte entusiasmo per la scienza e per le sue scoperte, di ingenua fiducia verso gli effetti salutari della radioattività. Un’epoca che, in parte, ha toccato anche Torino, allora in prima fila nelle innovazioni – ma anche negli errori – della modernità.
Foto di Rudy and Peter Skitterians da Pixabay