I segreti dei Serial Killer: Gary Ridgway
Uno degli aspetti più variegati e affascinanti dei serial killer è la scelta delle loro vittime. Talvolta i motivi sono apparentemente ovvi, quando ad esempio le vittime ricordano la matrigna violenta, come per Giancarlo Giudice, o rappresentano un oggetto di desiderio impossibile, amato e odiato, come per Jeffrey Dahmer. Altre volte, le vittime sono molto diverse fra loro, le somiglianze diventano sfuggenti, chiare solo al serial killer stesso. La cosiddetta “vittimologia” è proprio l’analisi delle caratteristiche delle vittime predilette: si cerca cosa abbiano in comune, ad esempio la collocazione geografica, l’età, il sesso, l’etnia, l’aspetto fisico, la professione. Nella carriera di un seriale ci possono essere uccisioni occasionali o non previste, ma la maggior parte saranno omicidi per motivi legati al bisogno di controllo, che può esprimersi con la violenza sessuale, la tortura, la vendetta o la possibilità di avere un tornaconto economico dai delitti.
Un esempio di vittimologia piuttosto varia è quella di Donald “Pee Wee” Gaskins, che ha affermato di aver commesso due tipi di delitti: quelli “seri”, ovvero ai danni di persone da lui conosciute personalmente, con cui aveva (a suo parere) qualche conto in sospeso; e quelli “costieri”, ai danni di autostoppiste conosciute casualmente, anche se il numero di questi ultimi delitti è ad oggi sconosciuto, poiché Gaskins ha di sicuro esagerato il numero dei suoi omicidi, senza rivelare dettagli precisi.[i]
Una categoria presa di mira
Anche se chiunque può essere una possibile vittima di un serial killer, c’è però una categoria di persone particolarmente colpita, quella delle prostitute. Questo triste primato può avere diverse spiegazioni: la più intuibile riguarda lo stile di vita che il mestiere della prostituta comporta; il fatto di avere a che fare ogni giorno con molti uomini sconosciuti, con cui può appartarsi in posti isolati è utile a un potenziale assassino o stupratore, un’aggressione in questo contesto è infatti meno rischiosa per l’offender rispetto a un rapimento di una ragazza in un centro commerciale, ad esempio. Ted Bundy ne ha fatto quasi un vanto: i suoi rapimenti in luoghi pubblici e spesso affollati, le sue intrusioni nei college e i suoi adescamenti che prevedono una seduzione della vittima sono assai più complessi delle classiche aggressioni alle prostitute.[ii]
Le motivazioni per cui queste persone sono così a rischio sono anche altre: il seriale approfitta del fatto che la scomparsa di una prostituta a volte viene notata con grande ritardo rispetto a quella di una studentessa o di un’infermiera, soprattutto se la famiglia della vittima vive in un altro paese o in condizioni di difficoltà. Questo aspetto spiega il fatto che Gianfranco Stevanin, il “mostro di Terrazzo”, abbia potuto uccidere per anni senza essere scoperto. Egli colpiva infatti prostitute straniere lontane dai familiari oppure con problemi che le rendevano emarginate, come la tossicodipendenza.[iii] La prostituta inoltre può incarnare, nella mente dell’assassino, un desiderio proibito: ha il potere di dominare l’uomo col suo corpo, ma allo stesso tempo rappresenta la donna indegna, che fa qualcosa di “impuro”, di peccaminoso, che inganna l’uomo vendendosi, e per questo merita di essere punita. Infine, c’è il motivo più triste, più ignobile di tutti: le prostitute sono considerate in molte società delle persone, e di conseguenza delle vittime, di serie b. Questa sorta di depersonalizzazione concorre al ritardo nelle denunce di scomparsa, nell’inizio delle indagini e, in caso di ritrovamento del cadavere, porta talvolta a inchieste poco accurate.
Uno dei più famosi serial killer statunitensi, che ha terrorizzato Seattle e che per vent’anni è rientrato tra i leggendari “imprendibili”, come Zodiac, Jack lo Squartatore o il Fantasma di Texarkana, ha proprio un’ossessione per le prostitute. È passato alla storia come il “Killer del Green River”.
I primi anni e il fanatismo religioso
Gary Leon Ridgway nasce in Utah nel 1949. Secondo la sua testimonianza, trascorre un’infanzia piuttosto solitaria e difficile; cresce infatti con una madre che lo sgrida e lo umilia in continuazione davanti ai suoi fratelli, soprattutto se si fa la pipì addosso. Il padre è una figura secondaria, Gary parla poco di lui, ma lo descrive come un uomo succube della violenza della moglie, incapace di difendere i figli. Quando Ridgway ha undici anni si trasferisce con la famiglia nello Stato di Washington, ma i suoi genitori non si integrano con i nuovi vicini: come in Utah, hanno un atteggiamento ostile nei confronti del mondo esterno. Il carattere di Gary è chiuso e diffidente, non è uno studente brillante. Riesce a farsi qualche amico, ma quando esce con le ragazze è timido e goffo. Fin da giovanissimo sviluppa un’ossessione morbosa per il sesso e per le prostitute, da cui è terribilmente affascinato anche se allo stesso tempo sente per loro un odio profondo. Presta per due anni servizio militare in Marina, poi si sposa una prima volta all’inizio degli anni ’70, un matrimonio di breve durata, e una seconda volta nel ’75. In questi anni trova lavoro come operaio specializzato per la Kenworth Truck Company,[iv] ha un figlio, Mattew, e sviluppa un crescente interesse per la religione, arrivando anche a comportamenti al limite del fanatismo. Gira sempre con una Bibbia in mano, passa dalla Chiesa Battista a quella Pentecostale, ma sembra sempre insoddisfatto. Nonostante le sue idee religiose, in ambito sessuale ha gusti particolari: chiede alla moglie di avere frequenti rapporti anali, di farsi legare, di lasciarsi stringere il collo durante il sesso. Sta spesso fuori di notte, frequenta abitualmente prostitute. I vicini lo descrivono come un tipo tranquillo, cordiale, che cerca sempre di piacere agli altri. Nel 1982 si separa burrascosamente dalla seconda moglie e si sposa una terza volta. Nello stesso anno, iniziano i misteriosi delitti del Green River Killer.
Seattle nel terrore
Vicino a Seattle iniziano infatti a scomparire decine di ragazze. Molte sono prostitute, le altre sono scappate di casa o autostoppiste. I loro resti vengono poi trovati parzialmente nascosti, molti dei quali nei pressi del Green River, vicino a Seattle. I corpi sono spesso nudi, privi di gioielli e segni identificativi. La prima vittima accertata è Leann Wilcox, di sedici anni, strangolata manualmente e ritrovata in un campo vicino a Tacoma, il 21 gennaio 1982. In seguito, corpi di altre giovani donne vengono estratti dalle acque del Green River: tutte le vittime sono state strangolate, o a mani nude o con capi d’abbigliamento appartenenti alle vittime stesse. Nella vagina di alcune donne vengono trovate alcune piccole pietre inserite dall’assassino.[v] Appare evidente, dopo i primi ritrovamenti, che ci sia una sola mano dietro a questi omicidi. Un elemento decisamente anomalo è che la persona dietro a tutti i delitti tende ad accumulare diversi corpi nello stesso luogo, per poi cambiare zona e ricominciare. Vengono trovati cadaveri sia nelle acque del fiume che nella boscaglia circostante. Seattle vive nel terrore, le morti aumentano sempre di più e il responsabile sembra essere un fantasma. L’ FBI decide di formare una task force nell’83 per indagare sul caso.
Decine e decine sono i sospettati interrogati dalla polizia; tra questi compare più volte il nome di Gary Ridgway, a partire dal 1984. Lo sceriffo a capo delle indagini, Dave Reichert, compila una lista dei principali sospettati e nota che Ridgway è stato fermato e interrogato diverse volte, soprattutto per episodi di aggressività nei confronti di prostitute, ma non ci sono elementi solidi per incriminarlo. Gary, seguendo lo schema che l’FBI definirà tipico del serial killer “organizzato”, si presenta spontaneamente alle autorità per offrire il proprio aiuto nelle indagini, poiché avrebbe conosciuto una delle vittime.[vi] Questo comportamento, apparentemente poco prudente, è spesso presente nei serial killer organizzati: serve a dare l’idea di essere un cittadino coscienzioso, oltre a offrire al seriale l’opportunità di tastare il polso delle indagini, di capire cosa sappia realmente la polizia, quali siano le piste battute.
Serial Killer “organizzati” e “disorganizzati”
La distinzione tra serial killer organizzato e disorganizzato risale proprio agli anni ’80, quando si notano due diverse tipologie di delitti che corrispondono a diversi tipi di assassini: ad esempio, un organizzato può avere una vita apparentemente normale e di successo, è un buon amico, ha moglie e figli, un lavoro di responsabilità, anche se chi lo conosce intimamente sa delle sue capacità manipolatorie e del profondo egoismo che lo contraddistinguono. Talvolta è addirittura considerato un membro attivo della comunità, una persona molto rispettabile. Nel delitto, l’organizzato è estremamente abile a pianificare il crimine, a contenere fisicamente la vittima, a ridurla al silenzio, a dominarla in ogni modo; attua la cosiddetta forensic awareness, l’attenzione a non lasciare tracce di alcun tipo. Il disorganizzato, al contrario, è una persona che vive sola o con la propria madre, ha un lavoro semplice, tende all’isolamento, ha pochissimi amici e contatti sociali in generale, può aver avuto diversi ricoveri psichiatrici in passato. I suoi crimini rispecchiano la confusione che ha dentro: sono poco pianificati; la contenzione della vittima non è efficace, così come il controllo della relazione verbale. Spesso sono delitti imperfetti, pieni di tracce organiche, senza uno schema preciso. Questa distinzione è considerata piuttosto limitante al giorno d’oggi, molti seriali presentano caratteristiche miste, tuttavia è una distinzione ancora utile per catalogare l’opera di un serial killer senza ricorrere a termini psichiatrici al momento dell’indagine.[vii]
Ridgway presenta molte caratteristiche del seriale organizzato, e la visita alla polizia è proprio una di queste: ciò mette in allarme gli inquirenti, che lo sottopongono alla macchina della verità. Inaspettatamente, supera il test del poligrafo.
La raccolta degli indizi
Le indagini proseguono, sul Green River killer indaga anche John Douglas, il noto profiler, il quale elabora con i suoi colleghi un profilo piuttosto accurato dell’ipotetico colpevole. Perfino Ted Bundy, famosissimo “collega” dell’imprendibile killer, si offre da dietro le sbarre di aiutare i detective nello stilare un profilo, per facilitare la cattura del colpevole. In realtà, Bundy non fornisce informazioni di particolare rilievo, il suo sembra più un tentativo di far parlare di sé e di evitare la sedia elettrica, a cui è stato condannato.[viii] Un anno dopo il test del poligrafo a Gary, la polizia scopre un suo interessante precedente: nel 1980 era stato condannato per un’aggressione ai danni di una prostituta, che aveva tentato di strangolare, ma era poi stato rilasciato poiché aveva dichiarato di aver agito per legittima difesa, dicendo che lei aveva cercato di assalirlo. Negli anni successivi, Gary colleziona altre condanne simili: per aggressioni a prostitute e adescamento. Nel 1982 viene visto con Kelly McGuinness, che verrà trovata morta anni dopo, delitto attribuito al Killer del Green River. Nell’85 passa una seconda volta il test del poligrafo.
Di indizi ce ne sono tanti, ma un’incriminazione è un’altra cosa: dovranno passare ancora molti anni per vedere risolto il caso e nel frattempo il misterioso “uomo del fiume” assume un’aura di leggenda, di infallibilità. Nel 1987 viene prelevato un campione di saliva di Gary, ma i risultati della comparazione con una troppo esigua traccia trovata sulle vittime è inconcludente. La paura degli inquirenti è quella di “bruciarsi” Ridgway, facendolo processare senza prove sufficienti e rendendo facile un’assoluzione.
Incastrato col DNA
Nel 2001, dopo quasi vent’anni dai primi delitti, finalmente una svolta: il detective Tom Jenson propone di effettuare una nuova comparazione tra le tracce di saliva e liquido seminale del Green River Killer e il campione prelevato da Gary, sfruttando una nuova tecnica, la PCR (reazione a catena della polimerasi), molto più accurata delle tecniche in uso nell’87. La corrispondenza è perfetta, finalmente Ridgway viene arrestato, il 30 novembre 2001. Inizialmente è incriminato di quattro delitti, ma in carcere ne confesserà ben 48. La condanna è quindi di 48 ergastoli, senza possibilità di libertà sulla parola. Gli inquirenti non escludono che ci siano altre vittime. Gary evita la pena di morte in cambio della piena confessione e collaborazione con le autorità. I suoi familiari sono sconvolti, le loro vite saranno segnate per sempre dal loro rapporto con Gary. Per certi versi, chi è parente di un serial killer può essere considerato una vittima collaterale.
Ridgway spiega il particolare del ritrovamento di diversi corpi nello stesso luogo: sono quelli che lui chiama clusters, dei veri e propri “depositi di corpi” vicino cui ama ritornare di tanto in tanto, abbandonandone uno quando non si sente più sicuro nel frequentarlo, per trovarne un altro. Le sue dichiarazioni spiegano la scelta delle prostitute come vittime:
“Io odio più di ogni altra cosa le prostitute e non volevo pagare per fare sesso. […] è facile caricarle senza essere notati, sapevo che la loro scomparsa non sarebbe stata notata subito e forse poteva non essere mai notata. Pensavo che avrei potuto ucciderne quante ne avessi voluto senza essere catturato. […] Il piano era uccidere il maggior numero possibile di donne che pensavo fossero prostitute. […] Una parte del mio schema riguardava dove sistemare i corpi. Mi piaceva guidare il camion verso i clusters e pensare alle donne che erano sepolte lì.”[ix]
Ridgway ha quindi cercato di sfruttare lo scarso interesse nel risolvere gli omicidi di prostitute a suo vantaggio, credendosi invincibile. In questo caso però, le scomparse sono talmente tante che è impossibile per le autorità far finta di nulla. Le vittime dei serial killer, specie quando si tratta di prostitute, sono spesso dimenticate, considerate solo un numero, un capo d’accusa. Alcune vittime di Ridgway non hanno nemmeno un nome, sono semplicemente “Jane Doe”, il nome convenzionale dato ai corpi di donna non identificati. Nemmeno Gary le ricorda tutte. Ma tra chi indaga c’è chi non le priva della loro umanità: il già citato detective Dave Reichert commenta così la cattura di Ridgway:
“Una delle caratteristiche di un bravo investigatore è che non deve mai arrendersi, dal momento che le famiglie delle vittime non abbandonano mai la speranza.”[x]
Riferimenti bibliografici
[i] M. Newton, Dizionario dei serial killer, Newton Compton, Roma, 2005, pp. 107-108.
[ii] Ibidem, pp. 41-45.
[iii] A. Accorsi, M. Centini, I serial killer, Roma 2008, p. 217-223.
[iv] V. Mastronardi, R. De Luca, I serial killer, Newton Compton, Roma 2006, p. 406.
[v] M. Newton, Dizionario dei serial killer, Newton Compton, Roma 2005, p.163.
[vi] Ibidem, pp.403-408.
[vii] C. Lucarelli, M. Picozzi, Serial killer. Storie di ossessione omicida, Mondadori, Milano, 2004, pp.168-184.
[viii] M. Newton, Dizionario dei serial killer, Newton Compton, Roma 2005, p.45.
[ix] V. Mastronardi, R. De Luca, I serial killer, Newton Compton, Roma 2006, p. 408.
[x] B. Innes, Serial killer. Il lato oscuro della natura umana, edizioni White Star, Malta 2006, p.321.
Cara Marianna, scrivi bene, ma mi auguro che vorrai presto abbandonare questo filone e indagare su casi e personalità dove il Male sia meno presente. A questi livelli è pericoloso passarci troppo tempo assieme. Lo dissi anche a Massimo Polidoro, riguardo la sua attività di Scrittore, ormai diversi anni fa. Curiosità: finora abbiamo commentato i Tuoi articoli sui seriali in tre, tutti maschi. Non mi sorprende affatto. C’è qualche donna cui interessa la materia e che vuol commentare?
In ognuno di noi c’è un latin oscuro. Il male è in noi come lo è il bene.
Studiare la mente di un serial. killer è affascinante ma allo stesso tempo inquietante.
Se non ci fosse la figura del criminologo, non ci sarebbe nemmeno un profilo di un killer o potenziale killer.
Chi approfondisce tali argomenti ha la mia ammirazione.
Caro Aldo,
ti ringrazio del complimento. Devo dirti che non ho intenzione di abbandonare il campo dei seriali, sono mio oggetto di studio da molti anni e nel modo più approfondito possibile, tanto che il mio sogno sarebbe occuparmene a livello professionale. Non posso fare a meno però di notare una contraddizione in ciò che hai scritto: mi suggerisci di scrivere su personalità diverse, ma vorresti vedere più donne interessarsi al tema seriali. Per la mia esperienza personale poi, ho visto più donne che uomini appassionarsi all’argomento: quando ho tenuto lezioni sui serial killer all’università le domande erano soprattutto di ragazze e le tesi sul tema che ho seguito erano tutte scritte da donne. Spero che ti piacciano anche gli articoli futuri, dove ogni aspetto del Male verrà sviscerato, per quanto possibile.
Cara marianna, non è che “vorrei” che più donne si interessassero all’ argomento, anzi! Nei film che mi sono fatto l’ interesse morboso per l’ assassinio a sfondo sessuale è quasi sempre dei maschi. Sempre nel film che mi sono fatto, le donne sono più “sane” dei maschi come psiche. Quindi ero curioso di vedere se tra le lettrici di Query l’ argomento interessi ad altre donne, sperando di no. Mi dici che non è così? Proverò a rivedere le mie convinzioni in base a maggiori studi. Può darsi anche che le Donne giovani oggi provino maggiore interesse per questo tipo di patologia. Tutto “evolve”.
Ottimo articolo.
Grazie Marianna.
Ti ringrazio Mario!
Un saluto,
Marianna
Molto interessante e ben scritto!
Degna discepola di Picozzi!