Nostra Signora degli entomologi
Giandujotto scettico n° 72 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo
I luoghi mariani come Medjugorje e Fatima sono molto interessanti dal punto di vista sociologico, con tutto l’armamentario di apparizioni, profezie, miracoli più o meno originali; ma ancora di più lo sono forse i “santuari mancati”, quei luoghi dove le presunte “visioni soprannaturali” non hanno fatto in tempo a trasformarsi in fenomeni di massa, magari perché si è trovata una spiegazione razionale, o perché il clero cattolico o le autorità le hanno “sterilizzati”. Ne emergono innumerevoli piccole storie di suggestione, errori percettivi e illusioni ottiche, alcune davvero curiose. Ce ne siamo occupati raccontandovi quanto accadde ad Alice Bel Colle (Alessandria) nel 1900 e a Dogliani (Cuneo) nel 1928.
Con l’episodio di oggi compiremo una violazione di confini per discutere di un evento che, seppur avvenuto leggermente fuori dalla nostra regione, ebbe ampia ripercussione da noi. Si tratta di un evento fugace del tipo prima accennato, cioè l’apparizione religiosa avvenuta il 17 ottobre 1991, alle 20, nel cosiddetto “Bosco Nero”, tra Nus e Quart (Val d’Aosta). Quattro i testimoni: due coniugi, il loro figlioletto di sette anni, e un amico di famiglia. Secondo le loro parole, riportate dalla cronaca regionale de La Stampa del 2 marzo 1993:
“Stavamo rientrando a casa da una stradina poco frequentata quando abbiamo visto una luce molto forte a 150 metri da noi, sulle rocce. Nel globo luminoso c’era la Madonna con le mani giunte e il capo chino.”
Inizialmente la compagnia non rimase colpita più di tanto: suppose soltanto che lì fosse stata messa una statua votiva con un faro in ricordo di un operaio dell’Enel morto in quella zona. Poi subentrarono i dubbi: quello era un posto dove non si potevano far passare cavi elettrici (almeno, così aveva commentato l’amico di famiglia). Così tornarono indietro per una seconda occhiata e videro che c’era ancora tutto: il globo luminoso e al suo interno lei, la Madonna, avvolta nel suo velo.
Se la famiglia non rimase sconvolta più di tanto, il quarto testimone fu piuttosto turbato: ai lettori de La Stampa consigliò di andare a pregare al Bosco Nero, luogo dell’apparizione, anche perché una donna residente in Alta Valle – riferiva – lo aveva fatto e ne aveva tratto beneficio, guarendo da un disturbo che i medici non riuscivano a curare.
Nonostante lo scetticismo dell’allora vescovo di Aosta, monsignor Ovidio Lari, che chiedeva prudenza (“A volte ci sono persone che credono di vedere, ma sono solo suggestionate”), sul posto vennero messe una targa e una statuetta della Madonna. Diverse persone andarono a pregare al Bosco Nero.
Ma ecco che il 17 marzo 1993, quando già si pensava a una festa patronale in onore della Madonna, La Stampa avanzò la spiegazione con un articolo intitolato La Madonna del Bosco era un entomologo. Il giornale spiegava:
Nella zona del Bosco Nero, tra Nus e Quart, da qualche anno arrivano ricercatori scientifici che studiano i movimenti e le caratteristiche della farfalle. Per portare a termine i loro esperimenti, gli entomologi usano potenti fari alogeni portatili, che vengono sistemati su cavalletti e puntati verso il cielo. Nelle ore notturne, in particolare nelle stagioni calde o in autunno, gli insetti sono attirati dalla luce: gli studiosi li aspettano con le reti o con i teli per catturarli ed esaminarne la fisionomia.
Confermavano senza riserve la spiegazione le Guardie Forestali, che avevano avvistato più volte gli entomologi a caccia e che giudicavano del tutto plausibile l’equivoco:
Il fascio di luce può creare suggestive immagini, soprattutto con queste persone che, armate di retino, catturano le farfalle. In fondo non fanno niente di illegale.
E aggiungevano di aver visto i ricercatori esattamente laddove era apparsa la Madonna: un prato a pochi metri dalla strada, un luogo tranquillo e ideale per catturare gli insetti. Se anche non era la prova definitiva, la scoperta de La Stampa mise la pulce nell’orecchio anche ai più convinti: di fronte allo strano spettacolo era possibile che i testimoni si fossero sbagliati, seppur in buona fede. E così finì la storia della Madonna del Bosco Nero di Nus: la gente smise di andare a pregare, e con il passare del tempo sparì anche la targa. L’apparizione fu dimenticata e si trasformò in uno dei tanti episodi di storia locale destinati a lasciare poche tracce: nessuno, però, vieta di pensare che, se le cose fossero andate un po’ diversamente, sarebbe potuta diventare una delle tante, piccole Medjugorje del nostro Paese.