L'angolo dei misteri (svelati)

Gli scherzi della pareidolia

di Andrea Berti

La pareidolia è un inganno della mente estremamente potente, del quale tutti siamo vittime.

Essa ci porta con facilità a “vedere” volti o forme note anche dove proprio non ci sono. Il contesto nel quale avviene l’osservazione crea i presupposti per giungere a credere di essere stati testimoni di un evento paranormale, a volte davvero spaventoso. Se si riguardano fotografie scattate in un luogo abbandonato (ad esempio un vecchio castello) si è più propensi a credere che un’informe macchia sul muro ricordi un volto, un profilo umano, ecc.; da qui ad arrivare alla certezza che l’edificio sia infestato da spettri il passo è davvero breve. Ne avevamo già parlato nella rubrica “Il mystero viene per posta (elettronica)” nel numero 31 di Query; rileggendolo, potrete valutare con i vostri occhi la potenza di questa illusione e comprendere quanto sia facile andare nel panico quando, in certi casi, ci si trova tra le mani una fotografia con un volto spaventoso al quale non si riesce a dare una spiegazione.

La cosa che ci consola di più è il fatto che, di solito, una volta spiegato il meccanismo della pareidolia, le persone smettono di preoccuparsi senza motivo e, anzi, trovano il tutto piuttosto divertente. La collezione di fotografie misteriose di questo genere in nostro possesso è davvero corposa. Vediamone alcune.

Il primo caso riguarda una giovane coppia. Una notte, passando con l’auto vicino a una casa abbandonata, i due scattano la foto che potete vedere. Ingrandendo l’immagine e osservando più nel dettaglio le finestre al primo piano, però, ritengono di scorgere delle presenze inquietanti, come se ci fossero persone vestite di nero all’interno della stanza. I due ragazzi, piuttosto preoccupati, si rivolgono al CICAP segnalando la loro esperienza.

Quando si scattano fotografie in condizioni di luce particolari (nel caso appena descritto i fari di una macchina che illuminano dal basso verso l’alto un’abitazione nel buio totale) è normale che si creino zone d’ombra piuttosto marcate. In più, va tenuto conto della qualità della foto: se si ingrandiscono alcuni particolari e l’immagine inizia a sgranare, l’effetto della pareidolia è – quasi sempre – assicurato.

La ciliegina sulla torta è data dal contesto: essere in un luogo isolato, da soli e in piena notte. Ci siamo fatti mandare qualche altra fotografia della location, questa volta fatte durante il giorno, alla luce del Sole.

In particolare, abbiamo chiesto ai due giovani di riposizionarsi esattamente nello stesso punto e di ricreare la stessa inquadratura della foto fatta di notte, quella con le strane presenze. Confrontando le due foto è facile capire che è proprio il gioco di chiaro/scuro, alimentato dai fari dell’auto, a creare l’illusione.

Il secondo caso, invece, concerne una fotografia scattata da una signora quest’estate, mentre si trovava in un parco pubblico. In essa è presente un evidente lens flare (ne abbiamo già parlato qui) ma questi riflessi – dovuti alla presenza del Sole nell’inquadratura – creano anche un bell’esempio di pareidolia: alla donna infatti, sembra di riconoscere distintamente un teschio appena sopra il disco solare.

Anche stavolta la spiegazione è riconducibile a quella del primo episodio. La foto ha evidenti zone di luce e di ombra, tutto è molto confuso per la presenza di rami e di foglie dell’albero. In questa condizione il nostro cervello si sforza di ritrovare forme note. Per motivi evoluzionistici, tendiamo a vedere con estrema facilità proprio volti o fattezze di appartenenti alla nostra specie, o comunque di aspetto antropomorfo.

L’ultimo caso è, a nostro avviso, uno dei più divertenti, e ci è stato segnalato da un appassionato di fotografia.

Recatosi in visita al cimitero, quest’uomo ha scattato una foto di una galleria destinata agli ossari che lo aveva impressionato sia per la lunghezza sia per l’estremo ordine. Dopodiché, grazie a una delle tante app che oggi si possono scaricare per lo smartphone, aveva provato ad aggiungere un “fantasma virtuale” (si veda la figura semitrasparente al centro del corridoio nella foto che vedete qui sotto). Il risultato è stato decisamente realistico… forse troppo!

Lo dico perché, nell’ingrandire di parecchio l’immagine, mettendo in primo piano il “fantasma posticcio”, chi ci ha scritto si è accorto della presenza di un misterioso volto (si veda nel rettangolo rosso): forse un “fantasma vero”? Certo che no. La spiegazione è ormai nota. Quel volto è un inganno mentale dovuto alla combinazione di più elementi.

Per prima cosa, la foto artefatta, quella con il fantasma aggiunto, è assai meno definita dell’originale. I vari loculi, poi, sono separati uno dall’altro da lastre di pietra di colore grigio che formano una griglia assai evidente; gli elementi decorativi, come fiori, vasi e fotografie dei defunti, infine, contribuiscono alla formazione di quello che a (quasi) tutti sembrava essere un volto misterioso sospeso a mezz’aria.

Come si dice spesso e a ragione, “fenomeni eccezionali richiedono prove eccezionali”. A oggi, nessuno è stato in grado di fornire evidenze dell’esistenza di spiriti e affini. Non è curioso, poi, che queste “presenze”, oggi, nell’era digitale, siano sempre più pronte a farsi fotografare, piuttosto che comparire davanti ai vari testimoni?

In evidenza: fenomeno di pareidolia su una strada di Newcastle-Under-Lyme, in Inghilterra (immagine rilasciata in licenza Creative Commons CC BY-SA 2.0)

Andrea Berti

Coordinatore del Gruppo Indagini CICAP

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