Il terzo occhio

Sulla mancata liquefazione del cosiddetto “sangue di San Gennaro”

Articolo di Luigi Garlaschelli

La misteriosa sostanza scura contenuta in un’ampollina nel Duomo di Napoli, presentata come il sangue di San Gennaro, viene estratta dalla cassaforte in cui è custodita, nella Cappella del Tesoro, ed esibita tre volte l’anno: il sabato che precede la prima domenica di maggio (per la processione fino alla chiesa di S. Chiara), il 19 settembre (sull’altare maggiore) e il 16 dicembre (normalmente solo nella Cappella del Tesoro).

In tali occasioni, molto spesso nell’ampolla impugnata dall’arcivescovo avviene il “prodigio” e il sangue da solido diventa liquido.

Succede tuttavia, benché raramente, che la sostanza non si liquefi, e tale avvenimento viene interpretato dalla credenza popolare come presagio di qualche futura sventura per la città.

Poiché si sa che le sciagure avvengono, purtroppo, con una certa regolarità, in realtà non è difficile – a posteriori – che ne capiti qualcuna che sarebbe stata predetta dal mancato scioglimento del ‘sangue’. Ad esempio, nel 1973 a settembre non ci fu miracolo e poco dopo a Napoli si sviluppò un’epidemia di colera. Nel 1980 avvenne il terremoto dell’Irpinia. Nel 2016 a dicembre non vi fu miracolo e pochi mesi dopo si registrò un terremoto a Ischia (2 morti e 42 feriti), eccetera.

Questa credenza – ai limiti della superstizione – è ancora viva per molti credenti, e mantenuta tale dalla stampa generalista (che non può farsi sfuggire un boccone così appetitoso). La Chiesa stessa peraltro la minimizza [1] – salvo dire che lo scioglimento, quando avviene, è invece un segno fausto.

Un certo scalpore ha quindi comprensibilmente suscitato la notizia che il 16 dicembre 2020, in piena pandemia da Covid-19, il sangue è rimasto solido.

La verifica questa volta è stata eseguita portando il reliquiario dell’ampolla sull’altare maggiore, anziché restando nella cappella laterale, per permetterne la visibilità mantenendo il necessario ‘distanziamento sociale’.

La prima cosa da notare sarebbe l’incongruenza delle reazioni. Se il mancato scioglimento è un presagio di sventura, per definizione sarebbe dovuto avvenire prima dell’epidemia, non nel bel mezzo di essa. A meno, ovviamente, che voglia annunciare guai ancora peggiori!

Ma più in generale, cosa possiamo ragionevolmente dire del fenomeno, e in particolare del fatto che il sangue a volte si scioglie e altre volte no, pur essendo ogni volta maneggiato e trattato secondo rituali molto simili tra loro?

Occorre ricordare che, dal punto di vista scientifico, un cambiamento di stato, da solido a liquido, può avvenire per due motivi. [2]

Il primo – ed è un’ipotesi che risale ai primi dell’Ottocento – è che si tratti di un fenomeno di fusione dovuto a una variazione di temperatura, come avviene per esempio con del ghiaccio, che fonde a zero gradi, o con del burro, che fonde a 30 gradi circa. La sostanza fonderebbe a una temperatura prossima a quelle usuali: sarebbe solida nella cassaforte se essa è appena al di sotto della sua temperatura di fusione. Portata sull’altare, un riscaldamento di pochi gradi in più basterebbe a farla liquefare. A volte, se già nella cassaforte essa si trova a una temperatura al di sopra di quella di fusione, la sostanza potrebbe essere estratta già liquida al momento dell’apertura. Viceversa, se sull’altare la temperatura non raggiunge quella di fusione, essa resterebbe ostinatamente solida.

Si veda a questo proposito l’analisi eseguita sulla reliquia del ‘sangue’ di S. Lorenzo, che fonde a 30 gradi, e risolidifica per raffreddamento [3].

Una seconda spiegazione è che si possa trattare di un fenomeno dovuto alla tixotropia, ovvero il comportamento di alcuni particolari gel (gelatine), tanto consistenti da apparire solide, le quali passano allo stato liquido per effetto di sollecitazioni meccaniche (scosse, movimenti, urti, vibrazioni, eccetera) del loro contenitore. Questo comportamento non richiede variazioni di temperatura e, nel caso dell’ampolla di S. Gennaro, sarebbe innescata dai piccoli urti subìti dall’ampolla durante la cerimonia, oppure dal frequente rovesciamento della stessa ampolla proprio con lo scopo di verificare se il cambiamento di stato è avvenuto.

Quando il ‘sangue’ viene ritrovato già liquido al momento dell’estrazione dalla cassaforte (e si ritiene che non abbia subito scosse), il fatto sarebbe da controllare attentamente, perché basterebbe un solo movimento di energia sufficiente perché una sostanza tixotropica cambi di stato.

Viceversa, se il sangue nell’ampolla, anche maneggiata, rimane solido, la spiegazione potrebbe essere che l’ampolla stessa sia stata mossa con movimenti dolci e poco bruschi, e quindi non abbia mai subito sollecitazioni meccaniche di energia sufficiente a innescarne la liquefazione.

In conclusione, nonostante le perduranti polemiche, che cosa ha veramente detto il CICAP?

Ha sostenuto che quella tixotropica è un’ipotesi; che la miscela preparata nei primi anni Novanta è un esempio di sostanza tixotropica, e che questa proprietà controintuitiva potrebbe spiegare il ‘miracolo’ (non ufficiale) di San Gennaro.

Non ha mai sostenuto che nella misteriosa ampolla vi sia proprio quella miscela. Anzi, in mancanza di semplici test, tra l’altro non distruttivi (agitazione o riscaldamento controllati con strumenti precisi) , entrambe le ipotesi – sostanza tixotropica o sostanza bassofondente – sono ancora aperte.

Già nel 1994 scrivevamo [2]:

“Sono facilmente immaginabili ulteriori analisi volte a determinare la vera natura del “sangue” miracoloso senza aprire le ampolle; per esempio, la spettroscopia di assorbimento o di fluorescenza, e misure di diffrazione Raman, effettuate con moderni strumenti elettronici da spettroscopisti qualificati.

Degli innalzamenti controllati di temperatura e degli innocui test di impatto rappresenterebbero altri metodi non distruttivi di analisi grazie ai quali la nostra ipotesi o quelle alternative potrebbero essere avvallate o scartate. Se questi semplici esami saranno effettuati dipenderà totalmente dalla Chiesa cattolica.”

Chi scrive inviò nel 2008 una lettera all’arcivescovo di Napoli appena nominato, Crescenzio Sepe, rendendosi disponibile (gratuitamente) a collaborare all’esecuzione di tali analisi. L’Arcivescovo rispose gentilmente promettendo di prendere atto della disponibilità. Purtroppo, anche dopo dodici anni, nulla è seguito.

Chissà se il prossimo Arcivescovo – che dovrebbe essere monsignor Domenico Battaglia – sarà curioso di conoscere la verità più del suo predecessore?

Note

3 pensieri riguardo “Sulla mancata liquefazione del cosiddetto “sangue di San Gennaro”

  • Carissimo Luigi, è la prima volta, se non sfuggitami, che tenti di replicare alle critiche che, non solo da parte mia, che conto il giusto (ovvero nulla, se detta alla fiorentina) ma anche da persone titolate (dai titoli universitari, non con la pipetta da laboratorio) vennero fatte all’ ipotesi dell’ intruglio tissotropico, che gode ancora di vasta fama tra i movimenti No-Gods. Ti ringrazio per il tentativo. Se vuoi riderci sopra, ho fatto commento nell’ unico blog, di ex amici di Piergiorgio Odifreddi (ai tempi in cui La Repubblica gli concedeva un Blog). Con un tono troppo scherzoso, che qui non avrebbe luogo di essere, e che spero mi perdonerai, perché Ti cito. Del resto c’è già chi mi ha risposto pan per focaccia, invitando l’ Arcivescovo di Napoli a liquefare il Sangue di Maradona. Se hai voglia di leggere, è qui:
    https://virtualexiles.wordpress.com/2020/10/13/lodio-e-i-sassolini/comment-page-227/#comments
    (17 Dic. 2020, ore 19,38)

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  • «Ai limiti della superstizione»? Perché la superstizione ha limiti? Esistono criteri che definiscano tali limiti? Suvvia. La religione fa parte a pieno titolo della superstizione. Non c’è un confine tra le due varianti semantiche che indicano la medesima idiozia.

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