Stonehenge è di seconda mano?
(Immagine in evidenza: by Diego Delso, delso.photo, License CC-BY-SA)
Le pietre di Stonehenge, il più famoso monumento megalitico al mondo, non sarebbero originali. Sarebbero state riciclate da un monumento simile ritrovato in Galles.
La notizia, ripresa anche dai quotidiani italiani come La Stampa e Corriere della Sera, se rispondente a realtà riscriverebbe la storia di questo sito, al centro del nostro immaginario fantastico. Già Goffredo di Monmouth, nella sua Storia dei Re di Britannia, scritta intorno al 1136, aveva riportato la leggenda secondo la quale Stonehenge era stato trasportato magicamente dall’Irlanda, dove si trovava, dal potente mago Merlino, per ricordare la morte dei Britanni uccisi a tradimento dai Sassoni proprio in quel luogo.
La prima reazione di un archeologo che legge sulla stampa generalista una notizia potenzialmente così interessante è di grande curiosità. Subito vengono alla mente mille domande. Come si fa a sapere che le pietre arrivano proprio dal Galles? Quali prove dello spostamento ci sono? Chi le ha portate?
Non ci resta che leggere il paper originale, The original Stonehenge? A dismantled stone circle in the Preseli Hills of west Wales, pubblicato di recente della rivista Antiquity.
Prima di tutto, salta fuori che la ricerca riguarda solo le cosiddette bluestone appartenenti alla prima fase di costruzione del monumento, delle quali già da qualche anno è stata identificata la cava proprio in Galles. Studiando la particolare composizione delle rocce, è possibile identificare la regione di provenienza in modo molto preciso. Ormai non ci sono più dubbi: le bluestone di Stonehenge provengono dalle Preseli Hill, in Galles.
Il problema, però, è che la cava gallese è stata datata al 3400-3000 a.C, mentre la prima fase di Stonehenge, e dunque la messa in opera delle “pietre blu”, risale al 3080-2950, dunque appartiene ad una fase successiva. Già nel 1923 il geologo Herbert Thomas aveva ipotizzato che le bluestones della prima fase di Stonehenge provenissero da un circolo più antico, situato sempre nel Galles, nelle vicinanze della cava. Dopo l’identificazione e la datazione del sito di estrazione, l’archeologo Mike Parker Pearson e il suo team, impegnato mel progetto “Stones of Stonehenge” della UCL University di Londra, ha cominciato la mappatura e l’analisi sistematica dei circoli megalitici presenti nella zona delle Preseli Hill.
Su quelle colline, il circolo di Waun Mawn era già stato identificato da questi archeologi nel 2010 grazie alla presenza di alcune pietre cadute e adagiate sopra al terreno, ma le indagini di superficie non avevano rilevato la presenza di buche di fondazione adatte a contenere monoliti. Nel 2017, dopo aver indagato e scavato altri siti nella regione (ma nessuno appartenente al Neolitico), gli archeologi sono tornati a Waun Mawn per approfondire le indagini. Nel 2018 è stato effettuato lo scavo.
In questo modo sono state trovate, oltre alle quattro pietre cadute già visibili sopra al terreno, altre sei buche vuote, dalle quali anticamente erano stati prelevati e portati via i monoliti. In più, è stato possibile definire il diametro del cerchio, che era di 110 metri, e la quantità delle pietre lì posizionate (tra le 30 e le 50).
Perché potesse esser preso in considerazione, però, il cerchio di Waun Mawn doveva essere più antico di Stonehenge, e quindi appartenere al periodo del Neolitico Antico. Durante gli scavi sono stati trovati alcuni oggetti in selce, come scalpelli e schegge, e un anello di pietra. Questi oggetti riportano senza dubbi il sito all’epoca Neolitica, ma non permettono di identificare precisamente la fase, poiché hanno un’ampia diffusione temporale. Gli archeologi hanno rinvenuto anche residui di carbone di legna, ma non è stato possibile ottenere una datazione precisa al radiocarbonio, date le loro ridotte dimensioni.
Unendo questi dati, non è stato quindi possibile ipotizzare una datazione precisa per il sito, che comunque risale comunque al Neolitico, quindi ad un range temporale plausibile. In questo modo, abbiamo un cerchio megalitico risalente al periodo temporale di Stonehenge in una zona vicina alla cava delle bluestone.
Ma come fare a sapere che i megaliti di Stonehenge in precedenza erano stati eretti a Waun Mawn?
Durante lo scavo sono state scoperte sei buche dentro le quali erano anticamente posizionati i megaliti. Le buche hanno subito successivi riempimenti di sedimento che, una volta asportate le pietre, hanno conservato la loro forma originale, come se si trattasse di uno stampo. Osservandone la forma, si può ricostruire l’aspetto della base della pietra che vi era posta. Una di queste buche, la 91, ha una forma particolare, a pentagono. Qui è stata anche trovata una scheggia staccatasi dal monolite durante la fase di posa o di rimozione. Sia questa scheggia sia le quattro pietre ancora presenti sul sito sono state realizzate in dolerite, come alcune delle bluestones di Stonehenge. Inoltre, la forma particolare della buca 91 e la composizione della scheggia ritrovata al suo interno possono essere paragonate con la pietra 62 di Stonehenge, mentre le pietre 43 e 44 di questo sito, sono simili alla forma delle buca 9.
Secondo lo studio uscito su Antiquity, altre caratteristiche accomunano i due monumenti. Si pensi alla grandezza: Waun Mawl è il terzo cerchio megalitico per grandezza ad oggi rinvenuto nel Regno Unito (è preceduto da Avebury e Stanton Drew). La grandezza del cerchio di Waun Mawn (110 m) non corrisponde a quella del cerchio delle bluestone della prima fase di Stonehenge (87 m). Corrisponde però molto bene a quella del fossato che le circonda. La diversa grandezza dei due cerchi non stupisce gli archeologi, perché potrebbe corrispondere a mutate condizioni d’uso intervenute dopo lo spostamento delle pietre (anche la posizione delle pietre stesse e la loro scansione all’interno del cerchio è mutata). Altra cosa: entrambi i circoli megalitici sono orientati con il sorgere del sole durante il solstizio d’estate.
Ma chi avrebbe spostato le pietre?
Gli archeologi del team di Pearson ipotizzano che il trasloco sia avvenuto in concomitanza con una migrazione dal Galles alla zona di Salisbury. Alcune analisi compiute sulle sepolture ritrovate nei pressi di Stonehenge dimostrano che quattro individui sui 25 esaminati avevano vissuto nell’ultimo decennio della loto vita nella zona delle Preseli Hill. Sono anche tra le sepolture più antiche. Ad avvalorare in tutto, il fatto che alla fine del Neolitico Antico si registrò una decadenza del sud-sst del Galles, dato che conforterebbe l’idea dello spostamento della popolazione in un’altra zona.
Insomma: sebbene non si possa dire con certezza che alcune delle pietre blu di Stonehenge siano state asportate dal circolo megalitico gallese di Waun Mawn, i dati raccolti sono molti e convincenti. Tuttavia le ricerche proseguiranno sia a Waun Maun sia a Stonehenge. Ci sono ancora molti elementi da verificare. Uno fra tutti: le pietre blu presenti a Stonehenge, stimate intorno alle 80 unità (e non tutte giunte fino a noi) non possono provenire nella loro totalità dal cerchio gallese, che ne conteneva al massimo 30-50. L’ipotesi da verificare è che le bluestones possano provenire in realtà non da uno, ma da diversi siti precedenti, situati nella zona delle Preseli Hill. Anche l’ipotesi sottostante, quella della migrazione di genti dal Galles verso la regione del Wiltshire, necessita di ulteriori dati per essere confermata senza esitazioni.