Alice nel Paese delle Meraviglie… dà i numeri!
Articolo di Stefano Ruia e Luca Antonelli
Quando ero bambino uno dei libri che mi piacevano meno, nella biblioteca che condividevo con mia sorella poco più grande, era Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll. Non saprei nemmeno descrivere bene il motivo di questa avversione. Quello che ricordo era che mi sembrava molto caotico e astruso. Non ero sufficientemente preparato per quel genere di storie fantastiche, a me piacevano di più i libri con maggiore attinenza alla realtà. Anche quando i miei genitori ci portarono a vedere il film a cartoni animati della Disney non ne fui molto felice, nonostante i colori vivi e inusuali di quella pellicola.
Dopo diversi anni ero arrivato al liceo e mi incuriosiva la matematica diversa da quanto ci insegnavano a scuola. Non a caso ero un affezionato lettore della rubrica “Giochi matematici” del grande Martin Gardner, pubblicata su Le Scienze. Così scoprii che questo mio “mito” aveva realizzato nel 1960 una edizione commentata di Alice nel Paese delle Meraviglie (The Annotated Alice). Cosa poteva avere in comune il grande matematico con una storia di totale fantasia, seppure scritta da un buon insegnante di matematica? La curiosità era troppa e così decisi di procurarmi dagli USA una copia del libro. Non fu facile ma alla fine fu una scoperta importante. Alice nel Paese delle Meraviglie scalò rapidamente parecchie posizioni nella classifica dei miei libri preferiti e soprattutto capii che Lewis Carroll, in realtà Charles L. Dodgson, aveva nascosto nel testo molti riferimenti esterni e anche qualche trick (oggi gli informatici li chiamerebbero Easter eggs).
Mi colpì da subito un particolare riportato in The Annotated Alice. All’inizio del secondo capitolo Alice diventa altissima e cade in crisi. Vuole verificare se sia diventata un’altra bambina, una delle sue cugine, o se sia rimasta la stessa. Per appurarlo decide di verificare se ricorda le cose che sa. Si tratta anche di un insegnamento importante perché fa capire che nella vita possono toglierci tutto ma quello che sappiamo nessuno ce lo potrà mai togliere (malattia di Alzheimer a parte). In una frase molto corta, Alice ripete le sue conoscenze della tavola pitagorica:
«Dunque: quattro per cinque dodici, quattro per sei tredici, quattro per sette… povera me, di questo passo non arriverò mai a venti!».
Questa frase, letta con il significato che usualmente diamo ai numeri, sembra solo una serie di errori. Questa opinione è corroborata anche dal fatto che successivamente Alice si pone delle domande di geografia dando risposte altrettanto errate (“Londra è la capitale di Parigi, Parigi è la capitale di Roma”) e confondendosi anche con le parole di una poesia sul coccodrillo del Nilo. Tuttavia mentre questi errori non hanno sollecitato la fantasia di geografi e poeti, la serie di moltiplicazioni ha sollecitato la curiosità dei matematici.
Martin Gardner stesso fornisce una spiegazione curiosa: Alice non arriverà mai a 20 perché le tavole pitagoriche tradizionali a quei tempi si fermavano a 12 e quindi se Alice avesse proseguito sarebbe arrivata solo a “quattro per dodici diciannove”. Tuttavia una nota del suo The Annotated Alice rimanda a una spiegazione più complessa proposta da Alexander Taylor nella sua biografia di Carroll The White Knight (1952). La posizione di Taylor è più da complottista che da scienziato, ma conduce a una spiegazione interessante e a divertenti variazioni sul tema.
La costruzione di Taylor parte, in barba al rasoio di Occam, da una considerazione: e se quanto Alice dice fosse vero? Come possiamo dimostrare che sia vero? Certamente quattro per cinque non fa dodici, ma venti. Tuttavia questa certezza è valida se stiamo contando con la classica notazione in base 10. In quanto 1210 (scritto così significa 12 in base 10) non è altro che “1” decina e “2” unità. Tuttavia se cambiassimo la base, le cifre con cui indichiamo il risultato sarebbero diverse. Come italiani tendiamo a stupirci perché non siamo avvezzi a basi non decimali. Già un inglese potrebbe essere meno stupito visto che per loro “1 iarda e 2 piedi” è uguale a 5 piedi (1 iarda è infatti pari a 3 piedi), 1 piede e 4 pollici è uguale a 16 pollici (1 piede è infatti pari a 12 pollici). Prima della decimalizzazione 1 sterlina era pari a 20 scellini e 1 scellino a 12 pence… che mal di testa!
Ma anche un francese potrebbe essere meno stupito. In fondo la numerazione francese risente ancora di una originaria notazione in base 20, come dimostrato dal temibile (per gli studenti di francese) 99 che si dice e scrive “quattro-venti-dieci-nove”! Per una descrizione più matematica delle notazioni in diverse basi rimando alla spiegazione di Luca Antonelli, matematico e statistico del CICAP che trovate nel box sotto l’articolo.
Apriamo allora la mente a basi numeriche diverse dal dieci; per esempio contando in base 5 il risultato di quattro per cinque (2010) diventa 4 volte 5 cioè 4 cinquine e nessuna unità. Lo scriveremo perciò 405.
Ora siamo in grado di giustificare Alice, come vuole Taylor. Come poterlo fare? Basta trovare quale base bisogna usare per fare sì che quattro per cinque faccia dodici. Ciò avviene quando abbiamo “1” base più “2” unità. Poiché 4 x 5 = 2010 la base si ottiene sottraendo a 20 le due unità: (20 – 2) = 18. Allora possiamo dire che Alice ha ragione perché:
4 x 5 = 1218.
La seconda affermazione è “quattro per sei tredici”. Quando è vera? Quando il risultato 2410 è espresso come “1” base più “3” unità, cioè quando la base è (24 – 3) = 21. E in effetti è vero che:
4 x 6 = 1321.
Quindi Alice aumenta il secondo fattore di una unità, ma nel contempo aumenta la base di tre unità. Continuando con questo passo si ha:
4 x 7 = 1424 , 4 x 8 = 1527 , 4 x 9 = 1630 , 4 x 10 = 1733 , 4 x 11 = 1836 , 4 x 12 = 1939
Poi cosa succede? Quando arriviamo a 4 x 13 cioè 5210 la base diventa 42 quindi il risultato in base 42 sarà “1” base più un simbolo che indica 10 unità. Non è 10, perché un sistema di notazione in base 42 ha per definizione 42 simboli (cifre). Potremmo per comodità utilizzare “A” per questo simbolo delle 10 unità e quindi il risultato sarebbe:
4 x 13 = 1A42
Con il che è dimostrato che la povera Alice non sarebbe mai potuta mai arrivare a 20! Questo secondo l’idea di Taylor.
Quindi Carroll ha nascosto un trick in quel che dice Alice? Oppure è Taylor che ha costruito un modello matematico sulla base delle affermazioni di Alice? L’apparente congruenza dell’aumento di base di tre unità a ogni passaggio è voluta o è una semplice conseguenza causale della scelta dei risultati da parte di Carroll? Non è facile rispondere. Chiediamoci prima come sia possibile adattare un tipo di notazione. Esaminiamo alcune sue “variazioni”.
In qualunque sistema di numerazione scrivere 20x significa che abbiamo come risultato due volte la base. In effetti 2010 è proprio 2 volte 10. Così come 205 è due volte cinque, cioè dieci unità.
Nel sistema utilizzato da Alice la base è sempre 3 volte il fattore che moltiplica il 4 più tre unità:
dato (4 x N), base = (3N + 3).
Infatti 4 x 5 = 13 solo se la base è 18, cioè 3 volte 5 più 3 unità. Analogamente 4 x 6 = 14 solo le base è 21, cioè tre volte 6 più tre unità e così via.
Quindi in termini matematici possiamo scrivere l’equazione valida affinché la moltiplicazione dia 2 volte la base (quindi 20x):
4 x N = 2 (3N + 3)
Che, essendo di primo grado, ammette l’unica soluzione N = -3. Quindi la base che permette di ottenere questo risultato è soltanto (3N+3) = -6. In effetti se N è -3, 4 x N è -12, cioè due volte -6. Quindi effettivamente: (4 x -3) = 20-6.
Il fatto è che contare in base negativa non ha molto senso con i numeri naturali. Che significa contare utilizzando -6 cifre? In matematica, tuttavia, questo sistema di notazione esiste ed è detto “negasenario”. Diciamo quindi che Alice potrebbe avere preso la strada giusta ma nel verso errato: doveva scendere invece che salire: «Dunque: quattro per cinque dodici, quattro per quattro undici, quattro per tre… povera me, devo passare ai negativi per arrivare a venti!».
Tuttavia, come rilevato da Luca Antonelli, i sistemi di notazione in base negativa sono stati introdotti nel 1865, venti anni dopo la prima pubblicazione di Alice nel Paese delle Meraviglie.1
Quindi anche questo artifizio di muoversi all’incontrario cade. Se Carroll avesse pensato effettivamente come ritiene Taylor, poteva utilizzare una notazione più semplice? Certo, poteva per esempio fare dire ad Alice: «Dunque: tre per uno undici, tre per due dodici, tre per tre… povera me, di questo passo non arriverò mai a venti!».
In questo caso Alice starebbe utilizzando questo diverso modello: 3 x 1 = 112 (come noto per il famoso sistema binario dei computer), 3 x 2 = 124 (sistema quaternario) e così via.
Quindi, Alice in questo caso aumenta il fattore che moltiplica il 3 di uno e la base di due. Quindi arrivata a (3 x 10) in base 20 si ritrova sempre nella condizione di avere la prima cifra come 1 e la seconda come un simbolo che indichi 10 unità, ad esempio la “A”:
3 x 10 = 1A20
Questa soluzione è anche più “elegante” matematicamente. Perché? Semplice! Possiamo scrivere l’equazione per il venti come:
3N = 2 (2N+0)
Che non ammette alcuna soluzione. Quindi non avrebbe alcun “20” in qualunque base come risultato.
E se volessimo invece fermare Alice sempre sul “20”? Nulla di più facile! Basta partire da una base che sia la metà del primo fattore e aumentarla a ogni passaggio sempre di questo valore. Per esempio possiamo scrivere: 2 x 2 = 202 , 2 x 3 = 203 , 2 x 4 = 204 … 2
Così è facile! Ma possiamo farlo anche con il primo fattore, il 4, scelto da Alice: 4 x 2 = 204 , 4 x 3 = 206 , 4 x 4 = 208 , 4 x 5 = 2010 , 4 x 6 = 2012 …
Quindi in questo caso Alice direbbe: «Dunque: quattro per cinque venti, quattro per sei venti, quattro per sette… povera me, di questo passo non uscirò mai da venti!»
In conclusione, quindi, giocando con i sistemi di notazione in diverse basi, come ha fatto Taylor, possiamo costruire sull’affermazione di Alice – più o meno – quanto vogliamo. Recuperando il rasoio di Occam, possiamo affermare che molto probabilmente Lewis Carroll voleva solo rendere evidente nel lettore la confusione che regnava nella mente di Alice, senza curarsi di dettagli matematici. Altrimenti perché le avrebbe fatto subito dopo aggiungere che Londra sarebbe la capitale di Parigi e Parigi la capitale di Roma?
In effetti una sorta di ulteriore prova l’abbiamo con il famoso indovinello posto ad Alice dal Cappellaio Matto: «Perché un corvo è come una scrivania?» Quando Alice si arrende, il Cappellaio ammette di non conoscere lui stesso la risposta! Carroll, infatti, ideò questo indovinello senza pensare alla soluzione. Tuttavia molti suoi lettori e ammiratori chiesero di avere la risposta, così lo scrittore ne cercò una, come fecero anche molte altre persone, tra cui il geniale creatore di problemi scacchistici ed enigmi Sam Loyd. Parecchi anni dopo Carroll pubblicherà la sua risposta ufficiale nella prefazione all’edizione del 1896 del suo libro (Macmillian and Co Ltd, Londra). Aggiungendo però subito dopo:
«Tuttavia, questo è un semplice ripensamento: l’indovinello fu ideato per non avere soluzione.»
Questa utilizzazione del rasoio di Occam è un vero peccato per una mente complottista… Infatti quando Alice scopre, nel modello di Taylor, che non arriverà mai a venti perché a (4 x 13) corrisponde 1A, lei è in base 42. Non è un caso che «42» sia la risposta alla “domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto” data, dopo sette milioni e mezzo di anni di elaborazione, dal supercomputer Pensiero Profondo nella saga di Guida Galattica per Autostoppisti di Douglas Adams! FATE GIRARE!
Note
1 Vittorio Grünwald. Intorno all’aritmetica dei sistemi numerici a base negativa con particolare riguardo al sistema numerico a base negativo-decimale per lo studio delle sue analogie coll’aritmetica ordinaria (decimale), Giornale di Matematiche di Battaglini (1885), 203-221, 367.
2 Si noti che non si può iniziare da 2 x 1 perché quando la base è unitaria c’è una sola cifra, per esempio “I”, per indicare tutti i numeri, quindi il sistema non è più posizionale (in cui cioè la posizione della cifra è importante) ma addizionale. Ogni numero è quindi composto da tante “I” e così 2 sarebbe “II”, 3 “III” e così via, come l’immagine stereotipata dei graffi sul muro della cella del carcere in cui a ogni “I” corrisponde un giorno passato.
Bibliografia
In inglese:
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- The White Knight, Alexander L. Taylor, Edinburgh, Oliver & Boyd, 1952.
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- The Annotated Alice: Alice’s Adventures in Wonderland & Through the Looking Glass by Lewis Carroll, Illustrated by John Tenniel, Noted by Martin Gardner, New York, Bramhall House, 1960.
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- More Annotated Alice by Martin Gardner, New York, Random House, 1990.
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- The Annotated Alice: The Definitive Edition by Martin Gardner, New York, W. W. Norton & C., 1999.
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- The Annotated Alice: 150th Anniversary Deluxe Edition, Martin Gardner and Mark Burstein, New York, W. W. Norton & C., 2015..
In italiano:
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- Alice nel paese delle meraviglie, Attraverso lo specchio e quello che Alice vi trovò, Lewis Carroll, edizione annotata da Martin Gardner, Milano, Rizzoli, 2010.
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- Alice nel paese delle meraviglie, Attraverso lo specchio e quello che Alice vi trovò, Lewis Carroll, edizione annotata da Martin Gardner, Milano, Rizzoli, 2015.
NOTAZIONI IN BASE
di Luca Antonelli
La notazione in base 10 è il sistema che da oltre 500 anni utilizziamo comunemente per rappresentare i numeri: con questo sistema è possibile scrivere qualunque numero utilizzando solamente 10 simboli (la cifre da 0 a 9), grazie al fatto che il valore di ogni cifra dipende dalla sua posizione all’interno del numero scritto.
Ad esempio nel numero 343, le due cifre 3 hanno significato molto diverso: come impariamo sui banchi delle elementari, il suo significato è “3 centinaia, 4 decine e 3 unità”, ovvero 300 + 40 + 3 = 343; il sistema è detto “in base 10”, in quanto ogni posizione rappresenta una diversa potenza di dieci: le centinaia sono “decine di decine”, le migliaia sono “decine di centinaia”, ovvero “decine di decine di decine”, e così via.
Utilizzando le proprietà delle potenze, un matematico scriverebbe il tutto come:
343 = 300 + 40 + 3 = 3 x 100 + 4 x 10 + 3 x 1 = 3 x 10 2 + 4 x 10 1 + 3 x 10 0,
Osservando con attenzione questa formula ci colpiscono due aspetti: il primo è che Goethe aveva ragione quando diceva che “i matematici sono come i francesi: se si parla con loro, traducono nella loro lingua, e diventa subito qualcosa di diverso”; il secondo è che possiamo variare la formula per rappresentare i numeri utilizzando basi diverse da 10. Ad esempio, lo stesso numero si può scrivere in base 8 come:
343 = 5 x 8 2 +2 x 8 1 + 7 x 8 0.
e sarà quindi rappresentato come 5278 (il numero 8 in basso a destra ci ricorda che stiamo usando una base diversa). I coefficienti si possono ricavare con un po’ di tentativi, o più semplicemente utilizzando un algoritmo apposito.
È meno noto che la stessa rappresentazione sia possibile anche utilizzando numeri negativi come base, ad esempio possiamo scrivere in base -8:
343 = 6 x (-8)2 + 6 x (-8) 1 + 7 x (-8)0 = 667-8.
Mentre la rappresentazione dei numeri con basi positive ha importanti risvolti pratici (come noto, la quasi totalità dei computer utilizza internamente i numeri in base 2), quella in base negativa ha un interesse solamente matematico.
Immagine in evidenza: da publicdomainpictures.net, foto di Linnaea Mallette.