Il teschio allungato di Chiusi
Tra i ritrovamenti archeologici, esiste una particolare classe di reperti che stimola sempre la nostra fantasia: sono i crani allungati. Nel passato diverse popolazioni modificarono la propria fisionomia allungando il cranio con bendaggi stretti o tavolette. Famosi sono ad esempio quelli di Paracas, in Perù, che alcuni assegnano ad antiche civiltà sconosciute o a visitatori alieni. Ma se è facile fantasticare su ritrovamenti avvenuti in posti lontani ed esotici, più difficile è quando teschi con modificazioni simili vengono scoperti in contesti riferibili all’Italia Medievale.
È questo il caso di alcune tombe di Chiusi, in Toscana, l’ultima delle quali ritrovata durante gli scavi effettuati nella Catacomba di Santa Mustiola dal 2016 al 2019, condotti dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra in collaborazione con l’Università degli Studi Roma Tre e con il Servizio di Bioarcheologia del Museo delle Civiltà. In una tomba ad arcosolio, cioè una nicchia realizzata all’interno della parete rocciosa, è stata ritrovata una tomba (A28) nella quale era presente il teschio di una donna deformato artificialmente per ottenere una forma allungata. Come spesso accade però, le cose non sono così semplici come sembrano. La catacomba infatti presenta due fasi di occupazione, con un periodo di abbandono in mezzo.
Anche la tomba A28 presenta la stessa successione. Nella prima fase, datata tra la fine del III e il IV secolo, nel sepolcro vennero deposti quattro individui: tre donne e un subadulto di sesso maschile. Dopo una fase di abbandono nella quale penetrarono nella cassa tegole, sedimenti, frammenti di laterizi e malta (o quanto meno ci precipitarono dentro al momento della riapertura), la necropoli vide un secondo periodo di utilizzo (datato al V secolo). La cassa venne riaperta togliendo alcune tegole della copertura, le ossa presenti nella tomba vennero spostate per livellare il piano e poi ricoperte con arenaria. Il sepolcro era pronto per essere riutilizzato. In questa seconda fase venne deposto inizialmente un maschio adulto di 40-50 anni e successivamente una donna di circa di 40 e un subadulto di circa 12 mesi. La donna, nota come individuo 1, è quella che presenta la deformazione del cranio.
Possiamo dire qualcosa in più sull’individuo 1 della tomba A28 grazie a un metodo utilizzato comunemente in archeologia: i confronti. La donna aveva alcuni oggetti di ferro, molto deteriorati. Dopo il restauro è stato possibile condurre uno studio delle loro caratteristiche (anche se sommario, dato lo stato di conservazione). In corrispondenza della spalla sinistra era presente una fibula, forse usata per chiudere un mantello. Vicino all’omero è stato ritrovato un coltello, probabilmente infilato nella cintura. La presenza di questo tipo di oggetto in sepolture femminili è stata riscontrata in un periodo molto ampio di tempo, che va dalla Tarda Antichità all’Alto Medioevo e dunque non aiuta a restringere il campo. La cintura aveva però anche una fibbia. Le caratteristiche di questo oggetto permettono di collegarla con altri esemplari ritrovati soprattutto in ambito germanico-orientale e appartenenti al V-VII secolo d.C. In Italia invece questo tipo di fibbia è poco diffuso e riscontri puntuali si trovano solamente nella necropoli di Collegno, in Piemonte, dove è in associazione proprio con un individuo con il cranio modificato.
Gli oggetti appartenenti all’individuo 1 della tomba A28 di Chiusi ci fanno intuire che la donna fu sepolta vestita. La fibula chiudeva il mantello sulla spalla; la cintura, della quale sono rimasti soltanto la fibbia e il coltello, teneva stretta la veste in vita; e probabilmente anche i piedi erano infilati nelle scarpe, data la connessione anatomica e la posizione nella quale sono state trovate le ossa delle dita. Questa pratica si ritrova in popolazioni di ambito germanico-orientale, in un periodo compreso tra il VI-VII secolo.
Vediamo quindi che, grazie ai confronti effettuati con altri contesti simili, il nostro puzzle inizia a prendere forma. La donna sepolta nella tomba A28 aveva oggetti riconducibili all’ambito germanico orientale del V-VII secolo. Anche le modalità della sepoltura sono da imputare alla stessa area geografica e allo stesso periodo. Ma cosa dire della sua caratteristica più evidente e suggestiva, il cranio deformato?
Questo è l’elemento che, in associazione con le altre due considerazioni sul corredo e le modalità di deposizione, permette di affermare che probabilmente la donna della tomba A28 apparteneva proprio a popolazioni germaniche orientali e in modo particolare a quelle gote. Modificazioni craniche simili, infatti, sono numerose in Europa centro-orientale, mentre se ne trovano in Italia solo 11, in altri contesti, come la necropoli di Collegno o di Frascaro, riconducibili alla popolazione dei Goti. Altri individui con modificazioni simili erano già stati trovati a Chiusi, negli anni ‘50-’70 del Novecento, nell’area dell’ex Foro Boario. I crani appartenevano a due individui di sesso maschile di 30 e 40 anni, ma purtroppo le condizioni del ritrovamento, effettuato durante operazioni di sterro, non hanno permesso ulteriori analisi. Le ricerche condotte hanno comunque reso possibile la datazione della piccola necropoli al VI secolo: forse prima del 538, quando la città venne presidiata per un anno da una guarnigione militare gota, o dopo il 545, con la rioccupazione da parte dei Goti di Totila. La donna dunque potrebbe aver fatto parte di questo gruppo, oppure essere una presenza isolata precedente, magari arrivata a Chiusi per contrarre un matrimonio. In ogni caso, il proseguire delle ricerche nella catacomba chiarirà se questa era stata utilizzata sistematicamente da popolazioni gote, di fede ariana, oppure no.
Le deformazioni craniche, quindi, ci raccontano una storia di appartenenza etnica e di modificazione intenzionale del corpo; ma come e perché venivano realizzate? Questa pratica comporta una serie di interventi protratti nel tempo. Il processo iniziava subito dopo la nascita, quando fasciature e bende venivano applicate ai neonati per dirigere l’accrescimento del cranio verso l’alto. La forma della testa veniva dunque plasmata intenzionalmente per adeguarsi a canoni estetici precisi, che rappresentavano un simbolo di status e di appartenenza etnica. La modificazione era permanente, quindi la condizione dell’individuo era decisa alla nascita, in base alla famiglia di appartenenza, e non si poteva modificare nel tempo.
È interessante notare, quindi, come sia importante inserire i ritrovamenti nel proprio contesto. Il cranio deformato non è un ritrovamento isolato, venuto fuori dal nulla, ma prima di tutto apparteneva a una donna, il cui scheletro è stato sepolto assieme a un uomo ed un bambino. La tomba è inserita all’interno di una vasta catacomba e segue le fasi di utilizzo e abbandono presenti nell’intero complesso. Analizzando il suo corredo, il modo nel quale era stata sepolta e la deformazione cranica, e mettendo in relazione questi dati con altri ritrovamenti europei e italiani, la si può assegnare alla popolazione dei Goti. Il ritrovamento si inserisce come un puzzle all’interno di quello che già sappiamo e lo completa con nuove informazioni. Questo non vuol dire che il ritrovamento non sia eccezionale, perché lo è sicuramente; ma la sua eccezionalità si trova proprio nella comprensione del contesto.
Immagine della catacomba di Walter Giannetti, da Wikimedia Commons. Immagine del cranio e informazioni da: Un caso di deformazione cranica artificiale dalla catacomba di Santa Mustiola a Chiusi (SI). Lo scavo, il contesto e lo studio antropologico, di Matteo Branconi et al., Rivista di Archeologia Cristiana, 2021
Grazie per il bell’ articolo, Agnese. Tra le ipotesi delle motivazioni della pratica della Dolicocefalia sarebbe da prendere i considerazione, per quanto riguarda i Goti, l’ appartenenza ad una casta sacerdotale. La donna ritrovata portava un coltello. Bisognerebbe poter studiare se è probabilmente rituale (adatto ai sacrifici animali) o se è da difesa personale, il che non va escluso a priori, per una donna appartenente ad una etnia nomade e guerriera. Non mi pare vi siano molti riscontri (vedi pag. 34 e seguenti:)
https://www.area-c54.it/public/archeologia%20funeraria.pdf
Infine una mia ipotesi, controindicata per appartenenti ad organizzazioni Scettiche: La dolicocefalia imposta alle caste sacerdotali o regnanti voleva indicare una sottomissione a visitatori Alieni, anche essi dolicocefali (i famosi Grigi).
Ciao, ti ringrazio per la risposta. Il coltello è comune nelle sepolture femminili di questo periodo, anche in donne senza modificazioni del cranio. Per quanto riguarda la somiglianza del cranio con i Grigi, fino a che non ci saranno prove stringenti non potremo prenderlo in considerazione, mi dispiace!
Con i grigi non ci sono prove, ma ci sono prove abbastanza schiaccianti per dire che sono formati da ossa più sottili rispetto a quelle umane. Inoltre, il volume del cranio è almeno il 25/30% più grande e 60% più pesante, con mascelle più prominenti, orbite oculari più larghe e con strani fori nella regione occipitale. La pratica della dolicocefalia indotta, come la fasciatura o le modifiche naturali per adattarsi all’ambiente, non modifica tali caratteristiche del cranio.
Inoltre sono stati trovati in tutto il mondo, e non in una singola zona, segno che avevano una tecnologia per spostarsi in tutto il mondo. Inoltre il più vecchio cranio datato è di circa 12 mila anni fa, e sto parlando dei crani di Paracas.
I test preliminari del DNA sui crani, ha riferito che hanno DNA mitocondriale “con mutazioni sconosciute in qualsiasi essere umano, primate o animale finora conosciuto”. Ora è stata completata una seconda serie di test del DNA e i risultati sono altrettanto controversi: i crani testati (quelli di Paracas che ricordiamo essere in sud america), che risalgono fino a 2000 anni fa, hanno mostrato di avere origini europee e mediorientali. Questi risultati sorprendenti cambiano la storia conosciuta su come le Americhe sono state popolate.