Approfondimenti

Studiare gli Ufo? Le sfide da affrontare

Articolo di Giuseppe Stilo

C’è una polemica in corso su alcuni interventi sugli Ufo pubblicati dallo Scientific American.  Diversi scettici americani sostengono che una rivista così prestigiosa non dovrebbe dedicare tanto spazio alla questione nella rubrica delle opinioni. In effetti, negli ultimi mesi è successo diverse volte. La cosa si è intensificata dopo l’annuncio dell’astrofisico Avi Loeb sulla nascita del Galileo Project, che intende occuparsi in modo esplicito della ricerca di Ufo alieni.

Non si tratta di una novità assoluta. Dibattiti, interventi e lettere di scienziati hanno costellato tutta la storia dell’ufologia. Due esempi per tutti: le discussioni di fine anni ‘60-primi anni ‘70 su Science e Scientific American su un progetto dell’Università del Colorado, la cosiddetta “Commissione Condon”, e i numerosi interventi di studiosi di scienza della terra negli anni ‘80 sul New Scientist, quando si speculava sulle possibilità che alcuni casi potessero avere natura geofisica.

L’ultimo commento sullo Scientific American, uscito il 5 agosto, è interessante: riassume in poco spazio cinque motivi fondamentali per i quali si può essere scettici sugli Ufo. Ce ne sarebbero altri, ma questi possono bastare. Lo ha scritto l’astrofisico Caleb A. Scharf, che dirige il Center for Astrobiology della University of Columbia di New York. 

Scharf sostiene che ci sono almeno cinque grandi ostacoli preventivi per uno studio scientifico degli Ufo (li chiama Uap, cioè Unidentified Aerial Phenomena, come l’ufologically correct del 2021 richiede). Notare: Scharf non dice in alcun modo che non sia lecito studiare eventuali Uap: tutt’altro. Il punto è che per farlo, prima occorre far fronte a questi cinque ostacoli. Li chiama anche “sfide”, ed è bello, perché il termine implica un punto centrale dello spirito scientifico: affrontare le sfide, vincerle. Wir müssen wissen, wir werden wissen (non dobbiamo sapere, noi sapremo), diceva David Hilbert. La curiosità scientifica chiede risposte. Vuole essere soddisfatta. E visto che la curiosità è la base della scienza, non esistono argomenti che debbano esserne a priori tagliati fuori. Dunque, sembra dire Scharf, le cinque sfide vanno affrontate a viso aperto.

Prima sfida: I casi Ufo non non sono ripetibili. Sono episodi “unici”: non è possibili tornare al momento dell’osservazione e verificarne circostanze e variabili.

Senza possibilità di replicare le osservazioni (già di per sé casuali e dai quali è difficilissimo estrarre dati scientificamente utili e completi), è impresa difficilissima scegliere tra le diverse ipotesi esplicative, escluderne alcune e formularne altre che dimostrino l’esistenza di fenomeni sconosciuti. Questo è un problema radicale dell’intera ufologia.

Seconda sfida: I singoli casi Ufo hanno carattere di esperimento non controllato. Anche quando si ha il “meglio” di essi (videocamere, radar, dati quantitativi, circostanze ambientali), mancano uniformità e sistematicità delle osservazioni.

Senza sistematicità, disegni di ricerca, comparazioni fra strumenti e circostanze delle rilevazioni, al massimo si ha buona aneddotica. Alla buona aneddotica si è arrestato il meglio di settantacinque anni di storie sugli Ufo. Non solo: Scharf ricorda che il pompatissimo rapporto militare sugli UAP pubblicato il 25 giugno ha sottolineato un punto assolutamente centrale: sensori e apparati militari che finora hanno registrato i presunti fenomeni sconosciuti sono progettati per compiti precisi. Non sono adeguati per l’eventuale scoperta e misurazione di altro. Se non sai cosa cerchi, non puoi sapere come rilevarlo. Uno strumento, per quanto buono, potrebbe non trovar nulla, o prendere cantonate, se non è chiaro a che cosa mirare.

Terza sfida: Probabilmente i casi Ufo “buoni” provenienti da personale aeronautico (i testimoni “attendibili” dell’ufologia) sono frutto di cherry picking.

Non sappiamo quante volte, prima di aver osservato qualcosa che ritengono “strano”, piloti, militari o scienziati di ogni tipo hanno visto qualcosa di insolito che però, poco dopo, sono riusciti a ricondurre alle loro vere cause e, quindi, a spiegarselo. Per ogni singolo osservatore che descrive un presunto Ufo, è possibile che costui “scelga il meglio” in una palette vastissima di eventi cognitivi; e che lo descriva senza mai riferire, insieme, le altre osservazioni risolte in modo convenzionale. In questo modo, senza volerlo, il testimone crea una collezione pseudo-coerente dei supposti casi “migliori”. Il resto (il grosso del problema), in questo modo, sparisce.

Quarta sfida: Anche se ci fossero casi davvero associabili a fenomeni fisici sconosciuti, non sappiamo se questi fenomeni potrebbero essere dovuti a una causa singola o a molte.

Scharf fa questo paragone: con gli Ufo, sarebbe come entrate bendati in uno zoo e cercare di capire dagli odori quali specie animali ci siano. Visto che le cause possibili di errore, quando si pensa di aver visto un Ufo, costituiscono un insieme aperto e non limitato numericamente, ricavare dati utili in una situazione del genere è ai limiti dell’impossibile. In modo più o meno ingenuo, invece, l’intera ufologia (salvo alcune eccezioni) si fonda su un’idea: che gli “Ufo” abbiano caratteristiche che possano definirli come una classe unica, e che possano avere quindi un’unica spiegazione.

Quinta sfida: L’associazione fortissima Ufo-alieni rimane un bias fortissimo per qualsiasi tipo di approccio scientifico.

È sicuramente vero che la ricerca procede formulando ipotesi e scartando quelle non supportate dall’evidenza; il guaio qui è che un’ipotesi straordinaria come quella della presenza aliena nei cieli della Terra richiederebbe un’evidenza altrettanto forte. La realtà dei presunti fenomeni Ufo è che finora non è stata prodotta nemmeno un’evidenza sufficiente per ipotesi assai meno earth-shaking degli alieni (esempi: plasmi sul tipo dei fenomeni globulari, luminosità prodotte da fenomeni geofisici, stati alterati di coscienza finora sconosciuti alle neuroscienze e alle scienze dei processi cognitivi…); figuriamoci per presunti extraterrestri in visita al nostro pianeta…

Lo stigma sociale nei confronti dei testimoni di eventuali fenomeni Ufo, scrive Scharf, non è colpa di cattivoni potenti che non vogliono si sappia come stanno le cose. Si deve agli appassionati di Ufo e al circo mediatico che sostiene il mito ufologico. Quello è il mondo che hanno creato e che hanno voluto.

Scharf si occupa per professione di astrobiologia e, da pensatore razionale, non esclude del tutto che visite di astronavi extraterrestri alla Terra siano già avvenute. Ma la sfida numero cinque, in concreto, è un colpo micidiale per chiunque intenda impiegare le sue risorse in quella direzione. Ciò detto, una valutazione di dati provenienti da sensori migliori e analizzati in modo adeguato, conclude Scharf, potrebbe comunque rivelarsi utile per vari motivi – anche senza caccia agli Ufo. Si potrebbero scoprire cose interessanti per la fisica atmosferica, la sicurezza degli spazi aerei, lo studio delle migrazioni animali e del riscaldamento globale…

Naturalmente, in tutto ciò, restano salvi gli studi delle scienze umane sul grande mito del Ventesimo secolo: quello degli Ufo, sorto alla fine della Seconda Guerra Mondiale sulla base di idee e credenze che si accumulavano da duecento anni. Gli sforzi che gli ufologi hanno fatto per trasformare questo argomento in un fenomeno inspiegato, in certi casi, sono stati davvero ammirevoli; ma, probabilmente, si trattava di strade senza uscita.

Giuseppe Stilo

Giuseppe Stilo (Firenze, 1965) si occupa di pseudoscienze, in particolare di ufologia, privilegiando il metodo storiografico. Fra gli altri suoi lavori, "Alieni ma non troppo. Guida scettica all'ufologia" (Cicap, Padova, 2022). Insieme a Sofia Lincos è titolare delle rubriche "Misteri Vintage" (su Query Online), "Il Giandujotto scettico" (sul sito del Cicap Piemonte) e "Divergenti" (sul trimestrale Query).

7 pensieri riguardo “Studiare gli Ufo? Le sfide da affrontare

  • 6a sfiga:la presenza di Alieni sulla Terra sarebbe la fine di tutti i CICAP del Mondo.

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    • Perché? Le bufale cui la gente abbocca sono innumerevoli, mica solo legate agli UFO (o UAP che dir si voglia).

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  • Ci crederò, forse, il giorno in cui potrò interagire con un alieno, nel frattempo spero che continuino a sfornare materiale, i credenti, altrimenti non saprei come addormentarmi la sera senza i doc sugli ufi.

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    • Bravo! L’ importante, per interagire con Loro, è ignorare chi già ci interagisce. Specie se portano anche le Stimmate. Non fa così anche la mia Chiesa, coi Profeti?

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  • Gentili signori, stracciarsi le vesti se qualcuno parla di UFO è sciocco quasi quanto affermare “un UFO è atterrato nel mio giardino ed io ho preso il tè nel mio salotto con l’alieno che lo guidava”. In mezzo, tra il fideismo beota (che danneggia ogni idea più di chi la avversa) e il talebanismo de “la scienza non lo prevede, quindi è impossibile” (che, ad esempio, ha fatto espellere dalle università e – peggio, ma purtroppo è successo – finire sul rogo chi “osava” affermare che il sangue circola e il cuore lo pompa), c’è la ricerca basata sull’evidenza scientifica. Fonti mal discutibili quali ingegneri aerospaziali protagonisti di avvistamenti, tracce radar e, da ultimo, avvistamenti documentati dai militari USA (che da sempre hanno cercato di far passare da mitomani gli avvistatori) danno modo di pensare che dietro gli avvistamenti UFO ci sia qualcosa di reale. Può darsi benissimo che siano fenomeni naturali (come i famosi fulmini globulari), ma solo dei talebani possono definire impossibile ciò che non è (per il momento) conosciuto.

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    • Lei conosce la retorica. Tuttavia, delle cinque sfide proposte da Caleb Scharf non dice alcunché. Nella sua prima fase lei usa l’analogia: da un lato c’è chi si straccia le vesti (lei è troppo colto per non capire che l’immagine è quella degli Scribi a fronte di Gesù…) dall’altro, l’ingenuo più totale. L’analogia non è illecita nemmeno nella scienza, ma è quanto di più debole possa esserci. Allude, richiama, suggerisce. Ma niente di più. Nella seconda frase lei ricorre allo strumento retorico del falso bilanciamento: il “fideismo beota” da un lato e il “talebanismo” dall’altro sono i due corni estremi che lei crea. In questa figura, il terzo genere, che qui è “la ricerca basata sull’evidenza scientifica” è assunto come esatto per definizione, a prescindere da ciò che pretende di contenere. Peraltro, anche in questo seconda frase lei ricorre a un’iperbole dal retrogusto religioso, quella del martirio (il “rogo”), proprio come fa, sia pur spingendola meno nella seconda metà della sua prima frase. Le fonti “mal discutibili” (ma perché?), conclude nella terza frase, sono il meglio dell’ufologia: è la figura del “buon testimone”, serio, attendibile, colto, perplesso. In altri termini, la buona aneddotica che da 75 anni promuove l’ufologia “seria”. Tutto ciò ha poco o nulla a che fare con l’evidenza scientifica di un fenomeno, che si costruisce, si discute e si esplora in modi diversi. Ciò detto, lei conosce l’italiano, il suo impiego adeguato e la sua storia. È un’ottima cosa. Grazie. (Giuseppe Stilo).

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  • Gentile Sig. Stilo, La ringrazio per aver apprezzato la mia conoscenza della lingua italiana e della storia. Lei stesso sottolinea come io non abbia preso posizione nei confronti del fenomeno UFO; infatti, le sole evidenze oggettive di questo fenomeno sono solo le tracce radar e quindi qualsiasi conclusione è – in assenza di evidenze affermative o negative – solamente ipotetica. Quindi, poiché personalmente mi baso sull’evidenza scientifica, fideismo e negazionismo apriorista sono opposti che mi permetto di non accettare. Spesso la stessa evidenza, alla luce di dati forniti dall’affinarsi delle tecniche di ricerca o del variare di quanto noto, ci costringe a riscrivere i libri. Un esempio, nelle mie conoscenze di biologo: anni or sono si verificarono intossicazioni gravi, in alcuni casi letali, da tossina botulinica che gli sfortunati soggetti avevano assunto mangiando mascarpone appartenente ad una partita prodotta da una notissima Ditta; la mia prima reazione (e quella di un noto cattedratico universitario intervistato dalla TV) fu di assoluta incredulità perché – per quanto ci era dato di sapere – il batterio Clostridium botulinum non si sviluppa nei latticini: poiché questo era accaduto, sono stati riscritti i libri di microbiologia in tutto il mondo. Come ho già detto, forse un giorno e con nuovi strumenti, verrà acclarato che il fenomeno UFO è riducibile ad un fenomeno naturale e potremo far tornare gli “ometti verdi” nei libri di fantascienza; ad oggi, non ci è dato.
    Apprezzo molto il lavoro del CICAP quando mette a nudo sedicenti maghi e veggenti e dimostra, ripetendoli con semplici mezzi terreni, quanto non siano soprannaturali la “santa” sindone ed il “sangue” del vescovo Gennaro. Apprezzo molto meno certe prese di posizione viziate dall’apriorismo, poiché (in attesa di evidenze) ritengo giusta la sospensione del giudizio (epokè).

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