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Sesso e genere: una sepoltura femminile con spada in Finlandia

L’archeologia è una scienza particolare. Disciplina abbastanza giovane, si è sviluppata in senso scientifico e metodologico solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, ed oggi è in rapida evoluzione. Con l’introduzione in anni recenti di metodi d’indagine legati alle scienze dure (analisi chimiche, studio del DNA antico, ecc.) che permettono di ricostruire moltissime informazioni soprattutto legate ai resti umani, capita che studi effettuati 20-30 anni fa, siano ormai obsoleti. Compaiono così indagini che riprendono vecchi ritrovamenti, anche famosi, e li riesaminano sia con l’aiuto di nuove tecnologie e nuovi metodi di analisi, sia aggiornandoli con le nuove informazioni che nel frattempo si sono venute ad aggiungere grazie anche all’aumento delle nostre conoscenze riguardo al loro ambito specifico.

Data l’attuale sensibilità per le tematiche legate al genere e in particolare al mondo LGBTQ+, si assiste anche in ambito archeologico ad un aumento di lavori che vanno in questa direzione. Famoso è stato, qualche anno fa, lo studio che esaminava la sepoltura del guerriero di Birka, in Svezia, che ha condotto alla scoperta che il defunto, sepolto con le tipiche armi del guerriero, era in realtà di sesso femminile. Sesso, non genere, perché quello non lo sappiamo. Il sesso maschile o femminile (o intersessuale) si attribuisce, da un punto di vista medico, sulla base dei caratteri anatomici e fisiologici presenti alla nascita. Archeologicamente lo si definisce tramite l’analisi paleoantropologica dello scheletro. Talvolta, a causa della cattiva conservazione dei resti ossei, questa definizione non è possibile: negli anni passati, tuttavia, sono stati identificati alcuni elementi di corredo tipici delle sepolture maschili (di solito armi) o femminili (gioielli particolari o oggetti legati alla sfera domestica). Qui però il terreno si fa più scivoloso, perché entra in gioco il genere, dettato dalla sensibilità stessa dell’individuo verso di sé e dalla concezione che ne ha la cultura nella quale vive. 

In questa rubrica ho già esaminato altri due casi di studi di genere su ritrovamenti recenti: quello della cacciatrice preistorica sudamericana e quello della donna con corona dell’età del bronzo spagnola. In quegli articoli avevo evidenziato le perplessità e i dubbi che sorgevano alla lettura degli studi pubblicati proprio riguardo all’attribuzione di un ruolo di genere definito.

Da questo punto di vista ho trovato molto interessante un nuovo studio di cui si è parlato poco in Italia. Riguarda il riesame di una sepoltura con spada della Finlandia Vichinga. Lo studio analizza a fondo le problematiche di genere legate a questo ritrovamento molto particolare e le pone in dialogo con le nostre conoscenze sulla cultura del periodo. 

Nel 1968, nella località di Suontaka Vesitorninmäki, nel comune di Hattula, un operaio che stava lavorando sulle condutture idriche notò l’elsa in bronzo di una spada fuoriuscire dal terreno. Gli archeologi accorsero sul posto e nel tardo ottobre dello stesso anno cominciarono gli scavi, che portarono alla luce una sepoltura con un ricco corredo. Era presente uno scheletro, non ben conservato, che aveva sopra e attorno al corpo alcuni oggetti: la lama di una spada senza elsa, intarsiata in argento, un coltello nel suo fodero, due borchie ovali decorate (che conservano resti di tessuto fissato dell’ardiglione), un pendaglio ferma-catena a doppia spirale, una fibula e un falcetto. Ai margini della sepoltura, forse in un momento successivo, fu deposta anche la ricca spada con elsa in bronzo. Data la cattiva conservazione dello scheletro, si procedette all’identificazione del sesso del defunto esaminando gli oggetti di corredo. Questi, oltre ad indicare una datazione tra il 1025 e il 1150, sono tipici di un vestiario femminile. Questo non vale però per la spada, che invece è tipica di una sepoltura maschile di guerriero.

Chi era, dunque, questə defuntə con vestiti femminili e con ben due spade?

Alcuni studiosi ipotizzarono la presenza di altre tombe, non rinvenute dagli scavi, o di una sepoltura multipla che vedeva una donna inumata per prima e un uomo in una fase successiva. Il problema però rimase aperto, poiché le evidenze stratigrafiche non giustificavano questa ipotesi. 

Un nuovo studio, condotto da un team multidisciplinare, ha ora permesso di chiarire alcuni aspetti. I ricercatori si sono concentrati su tre aree: l’analisi della documentazione originaria dello scavo, il reperimento e lo studio delle fibre microscopiche presenti nel suolo della sepoltura e l’analisi del DNA del defunto per individuarne il sesso cromosomico.

La documentazione relativa allo scavo, tenuta nel 1968 dall’archeologo Oiva Keskitalo, descrive nei dettagli la sepoltura e gli strati di terra che la ricoprivano. Il riesame sistematico effettuato ai fini del nuovo studio ha permesso di appurare che tutti gli oggetti di corredo, ad eccezione della spada con elsa in bronzo, erano stati deposti in relazione al corpo dell’individuo e a lui pertinenti e che non vi erano evidenze che giustificassero una seconda sepoltura, maschile, nella stessa fossa. La spada con elsa in bronzo era invece stata deposta probabilmente nei decenni successivi, forse a testimonianza del valore che il luogo rappresentava per la comunità. Un’altra ipotesi è che il tumulo funerario fosse stato utilizzato, successivamente, come nascondiglio per il prezioso bene, magari in un momento particolarmente turbolento per la comunità, secondo una pratica testimoniata dalle fonti. 

Durante lo scavo non erano stati conservati campioni di terreno della sepoltura, ma grazie ai residui penetrati all’interno di un femore è stato comunque possibile effettuare analisi microscopiche. Sono stati così trovati microframmenti di pelo animale, 23 afferibili a mammiferi e tre ad uccelli. La maggioranza di essi sono stati identificati come ovini, appartenenti probabilmente ad abiti di lana, di un colore naturale bianco o marrone. Un singolo frammento era colorato di blu o verde bluastro. È stato poi identificato il pelo di un animale con pelliccia, probabilmente una volpe, e la presenza di peli di coniglio o lepre, colorati di viola. Erano presenti anche frammenti di piume d’uccello, forse indicanti la presenza di biancheria da letto imbottita o di un cuscino.

Abbiamo così un individuo sepolto singolarmente con vestiti e oggetti d’ornamento femminili, una spada senza elsa, un’altra spada molto pregiata deposta in un secondo momento, che vestiva in modo ricercato con vestiti di lana e pellicce. Se la presenza contemporanea di attributi maschili e femminili ha fatto discutere per anni gli studiosi, sono state le analisi del DNA a riservare le maggiori sorprese (e una possibile spiegazione).

L’individuo sepolto nella tomba di Suontaka Vesitorninmäki aveva un cariotipo XXY, una condizione che indica la sindrome di Klinefelter. Questa condizione, ben nota e presente nel mondo contemporaneo, implica la nascita di un individuo maschile con un cromosoma X aggiuntivo. Clinicamente le conseguenze sono varie e non tutte visibili esternamente, tanto che, essendo l’apparenza anatomica maschile, non tutti gli individui affetti sono coscienti di averla. In alcuni casi si può avere fin dalla nascita ipospadia (l’apertura dell’uretra sulla parte inferiore del pene); in altri casi, invece, durante l’adolescenza insorgono modificazioni corporee evidenti come ginecomastia (crescita del seno), infertilità, testicoli e pene piccoli. Gli individui moderni affetti dalla sindrome di Klinefelter affermano sovente di non riconoscersi nella distinzione binaria dei sessi, maschile e femminile.

Chi era quindi l’individuo di Suontaka Vesitorninmäki? Come intendeva il proprio genere? Come lo giudicavano i suoi contemporanei? 

Tornano utili alcune considerazioni riguardo al rapporto tra genere e sesso fatte proprie dagli autori dello studio (che si rifanno ad un articolo precedente di Marianne Moen). 

Assodato che genere e sesso possono non coincidere, chiediamoci quanto la nostra concezione attuale influisca sull’interpretazione del passato. L’aumento recente dei gender studies dimostra l’interesse crescente verso la questione. Anche se la nostra fantasia corre ed è facile provare ad immaginare chi fosse il nostrə anticə finlandese, dobbiamo stare attenti a non fantasticare troppo e ad attenerci il più possibile a quanto sappiamo di lui/lei e della sua cultura. L’idea fino a poco tempo fa prevalente di genere ci spinge a ricercare nella storia giustificazioni dello stato attuale delle cose, per esempio immaginando che il binarismo maschio/femmina fosse una condizione rigida per tutte le culture del passato (e del presente, ma qui lascio la parola agli antropologi), e che quindi si tratti una condizione “naturale” per l’uomo, scontata fin dalla preistoria. Molti ritrovamenti recenti stanno portando gli archeologi a cambiare questa narrazione: in passato era presente una scala di grigi legata al genere, spesso accettata socialmente. 

Se non sempre la concezione patriarcale e binaria del passato risponde all’evidenza archeologica contemporanea, bisogna anche ricordare che, almeno per i periodi più antichi, non sappiamo come le persone percepissero il loro ruolo di genere in relazione a loro stessi e alla società. Non sappiamo se si percepissero come diversi, se fossero accettati o meno, se ricoprissero qualche funzione particolare proprio in virtù della loro condizione .

Per la sepoltura di Suontaka Vesitorninmäki, possiamo affermare che l’individuo indossava abiti femminili, ma pregiati e che possedeva una bella spada intarsiata, ma senza elsa e quindi inutilizzabile. Si tratta di una grande differenza rispetto ad altre tombe definite cross-dressers (cioè, con abiti che non corrispondono al sesso). In altri casi, come nella sepoltura di Birka, le donne con spada indossavano anche abiti maschili. 

Insomma, probabilmente i ruoli di genere in epoca vichinga si distribuivano più su uno spettro che dentro contenitori rigidi, come suggerisce la presenza di donne guerriere, ma anche i sacerdoti maschi di Odino (che, del resto, secondo le fonti utilizzava una magia femminile), che potevano vestire abiti femminili. Possiamo dunque ipotizzare che non fosse vergognoso mescolare i ruoli di genere, e che gli stessi fossero fluidi.

Queste riflessioni vanno però prese come ipotesi probabili, ma che non sono e forse non saranno mai verificate oltre ogni dubbio. Il caso di Suontaka Vesitorninmäki per ora è isolato e proviene da scavi effettuati ormai diversi anni fa. Per poter dare un parere più ponderato bisognerà aspettare il progredire della ricerca e magari il ritrovamento di contesti paragonabili meglio conservati.

Immagine in evidenza: la spada di Suontaka Vesitorninmäki (al centro), conservata al Museo Nazionale di Helsinki. Foto di Velivieras, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons.

9 pensieri riguardo “Sesso e genere: una sepoltura femminile con spada in Finlandia

  • Tra le altre cose è stato ipotizzato che il/la defunto/a ricoprisse un ruolo sociale elevato, e che provenisse da una famiglia di spicco: vien da chiedersi quindi se della tolleranza verso la fluidità di genere beneficiassero tutti i componenti del gruppo sociale o prevalentemente determinate categorie.

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    • Grazie per il commento! Questo è assolutamente un aspetto da considerare ed è stato ipotizzato visti gli abiti pregiati che indossava. Però bisogna anche chiedersi se sono indicatori di un ceto elevato alla nascita o magari di una posizione acquisita proprio in virtù delle caratteristiche particolari che presentava. La risposta per ora non la possiamo dare, aspettiamo ulteriori dati!

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      • È vero, sembra uno di quei casi in cui è difficile distinguere causa ed effetto senza avere dati sufficienti.

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  • Interessante, e aggiungo qualche appunto metalinguistico: interessante è l’uso che fa l’autrice in alcuni passaggi del carattere sperimentale ə (non riconducibile ad alcun genere grammaticale noto, a sua volta normalmente assegnato, nel caso della referenza umana, sulla base del sesso del denotatum, e non del genere) trattandosi di un individuo il cui esame del Dna ha rivelato il tratto intersex. Ho capito bene?
    Interessante l’uso alternato del maschile generico e di entrambe le forme marcate (m/f) a livello nominale o pronominale (“defunto”, lui/lei) tutte funzionali nel dare espressione all’impossibilità di attribuirvi un sesso (cromosomico e forse anche anatomico) univoco.

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    • Grazie! Il senso era proprio quello di far capire come spesso sia difficile se non impossibile attribuire un genere, soprattutto quando abbandoniamo i nostri pregiudizi moderni!

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      • Grazie della risposta. Il senso di imbarazzo è arrivato forte e chiaro.
        Tuttavia, riepilogando, nel caso dell’attribuzione del SESSO l’imbarazzo della scelta è in realtà risolto dal dato che ne definisce il cariotipo cromosomico, per cui la scelta del genere grammaticale specifico (codificato in italiano standard sulla base del sesso e NON del genere/gender) dovrebbe logicamente ricadere su entrambi, cioè sullo splitting, del tipo -o/a, lui/lei (perché in questo caso l’individuo è evidentemente “intersex”).
        Rispetto all’imbarazzo o addirittura impossibilità di assegnarvi un genere/gender (da cui il suo uso della “desinenza” sub-standard ə), essendo questo una categoria analitica inalienabile dal suo contesto spazio-temporale (storico-sociale) possiamo giusto accontentarci di fare ipotesi (più o meno libere da stereotipi): i dati che riguardano gli accessori tumulati propendono per una lettura che oggi, adottando una certa prospettiva odierna, definiremmo non binaria, ma se tra i Vichinghi la copresenza di attributi sessuali sia maschili che femminili (quanto evidente nella fattispecie non di sa), comportasse la classificazione dell’individuo che li possiede come un “ibrido” (con una sorta di terzo sesso), l’assegnazione di un corredo di genere misto potrebbe spiegarsi come perfettamente lineare nel senso che a un intersex può corrispondere facilmente, e in modo oserei dire “conforme” un genere che oggi diciamo “fluido” (non univoco ovvero non binario, in quanto non univoco risulta il suo sesso).
        Questo a prescindere dalla percezione e autodeterminazione individuale del defunto/a (che non sapremo mai) o a maggior ragione se accettiamo che la presenza di guerrieri e guerriere, di maghi dotati di poteri “femminili” ecc. fossero la norma.

        Agnese, chiedo: nell’uso che fai di -ə intravedi anche una possibile sintesi di -o/a (la sintesi di una referenza sessuale ambigua)?
        O è soltanto un modo di esprimere una neutralità di genere (non di sesso), non potendone stabilire obiettivamente e con sicurezza il grado di definitezza?

        Grazie infinite e in anticipo dell’attenzione e della pazienza nell’ascolto!

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        • La risposta è entrambi. Nel senso che OGGI gli individui con la sindrome di Klinefelter tendono a non riconoscersi in un genere binario, MA (come hai giustamente rilevato tu) non sappiamo se fosse così in passato o se esistesse lo stesso concetto di genere binario come lo pensiamo noi (e su questo la risposta degli ultimi studi pare essere no). Quindi lo ə è stato usato anche per intendere che non possiamo capire come ləi si identificasse in base al genere, intendendo quindi genericamente: persone di ogni genere.
          Non so se sono riuscita a spiegarmi bene. Sono argomenti complessi e non è facile esprimerli in un commento!

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  • Grazie. Mi sembra tutto chiaro.
    Mi chiedevo appunto quale significato attribuissi tu a -ə, consapevolmente, visto che altrove non ne rilevo un uso stabile (talvolta riprende sinteticamente forme m/f, a mò di scorciatoia o anafora, talaltra vi si oppone, quasi fosse una categoria a parte per cui ho trovato cose del tipo amico/a/ə).
    La questione è complessa considerato che il fondamento semantico dei generi grammaticali che ə “sostituisce” non è affatto il genere, ma il sesso. E che la (non) binarietà pertiene invece il legame tra i due.
    Oggi chi NON sceglie lui/lei non ci dice che è di un sesso diverso da M e/o F (anche trans e intersex si collocano in uno oppure in entrambi) ma ci dice che vuole evidenziare quanto non sia affatto scontata la sua idea di uomo e/o donna, dunque la sua identità di genere (che poi è pur sempre definita, conforme o difforme che sia, in relazione a una norma sociale di un dato momento storico).
    Il primo dato che l’archeologo oggi riesce a stabilire è il sesso, univoco o meno che sia, grazie a metodi analitici avanzati (mutuati dalle scienze “dure”). Il resto è ipotizzabile, ricostruibile anche con l’ausilio di esperti di altre discipline (dati antropologici ecc.).
    Sono necessarie narrazioni imparziali e questo articolo lo spiega molto bene.
    Grazie.

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  • Io tutta questa distinzione sesso/genere non la capisco. C’è un sesso che è un dato di fatto biologico, e poi c’è il genere che, se non capito male, dipende da come uno si percepisce, ma se i due sono in contrasto che succede? Non parlo di gusti sessuali o di ruoli di genere (ognuno può amare o fare sesso con chi vuole purché siano entrambi consenziente, e non ci sono ruoli da donna o da uomo), ma parlo proprio di una differenza tra percezione individuale e dato oggettivo. Perché la percezione individuale dovrebbe avere più valore del dato oggettivo? E se invece ce l’ha perché solo in questo caso?

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