La suggestionatrice di Alessandria
Giandujotto scettico n° 102 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (02/12/2021)
Quella che leggerete fra poco è la prima testimonianza che conosciamo circa una storia davvero curiosa, anche per i nostri standard. Si tratta di una potente testimonianza dell’incrocio che, alla fine del Diciannovesimo secolo, potevano produrre le credenze nelle capacità “magnetiche” dei presunti medium (e in generale nell’ipnotismo), unite alle idee che dominavano la psichiatria.
Si tratta del Corriere della Sera del 20 aprile 1892:
Alessandria – Ci scrivono in data 19 aprile e riportiamo con riserva:
Un curioso caso di suggestione reciproca – Uno strano fenomeno di suggestione è l’argomento di discussione della cittadinanza. Ecco di che cosa si tratta: ieri, certa signora Lina M., in un accesso di isterismo, cadeva al suolo dinanzi al quartiere di S. Maria di Castello: l’ufficiale di picchetto, per sottrarre la povera signora alla curiosità della folla radunatasi d’un subito, la faceva trasportare in un camera del quartiere. Ivi, sopraggiunti altri due ufficiali, si verificò uno strano fatto: la reciproca suggestione. Infatti, né la signora voleva che gli ufficiali si allontanassero, né essi potevano decidersi ad andarsene: cosicché passarono l’intera notte colla ammalata che non appena uno di loro tentava uscire dava in smanie urlando, piangendo, supplicando in qualche modo compassionevole. Stamane si riuscì non senza violenza a mandar via i tre tenenti e chiamato urgentemente il dott. Frigerio, direttore del locale Manicomio, ipnotizzava la povera signora ed impostogli di dimenticare ogni ricordo dei tre tenenti, l’accompagnava al suo domicilio.
Questo spettacolo ebbe per scenario uno dei punti più in vista della città di Alessandria: la zona di Santa Maria di Castello, nel cuore del centro storico, quello occupato da Borgo Rovereto. In quegli anni, all’interno di alcuni edifici appartenenti al complesso religioso avevano sede la prigione, il corpo di guardia e i magazzini militari. La donna, dunque, a quanto pare cadde a terra nel luogo adatto, davanti ai militari. E lì sarebbe accaduto il fenomeno di “suggestione”: i militari non potevano più allontanarsi, contro la loro volontà. Solo gli interventi violenti delle autorità (militare e medica), dopo mezza giornata, riuscirono a rompere l’incantesimo.
Il giorno dopo, La Gazzetta Piemontese (che nel 1895 sarebbe diventata La Stampa) forniva una cronaca più dettagliata. “Lina B.” era la “bella e virtuosa moglie d’un impiegato governativo” che “andava già da qualche tempo soggetta a quegli accessi nervosi e convulsivi che caratterizzano la triste malattia dell’isterismo”.
Lunedì mattina, il 19 aprile, si era recata a messa nella chiesa, vicinissima a casa sua. Mentre pregava, fu assalita “dalle convulsioni, rimanendo poscia in uno strato di prostrazione che presentava tutti i sintomi della catalessi”.
Il sagrestano la portò fuori; se ne accorse un tenente che era con altri davanti alla porta della caserma, e quello la fece portare all’interno dell’edificio da alcuni soldati. Poi arrivarono altri ufficiali. Nuovamente assalita dalle convulsioni, la donna
visti gli ufficiali, si mise a fissarli così stranamente che quei tre bravi giovanotti ne rimasero fortemente impressionati.
Accorse anche il marito, ma la donna urlava ogni volta che un ufficiale tentava di allontanarsi. Spiegava La Gazzetta Piemontese:
[…] avendo uno di questi tentato d’uscire in un momento in cui essa pareva più calma o quasi addormentata, essa, senza pur vederlo, ne conobbe il passo e si mise ad urlare chiamandolo in modo tale che quello fu costretto a ritornare. Lo strano è che il medesimo fenomeno si produsse in tutti e tre gli ufficiali, che alla loro volta non potevano né volevano più uscire dalla camera, malgrado le cortesi insistenze dei medici e di altre persone.
Al mattino dopo, lo psichiatra Luigi Frigerio, dopo averle somministrato “un potente calmante a base di cloralio” (idrato di cloralio, uno dei primi sonniferi, molto usato prima dell’introduzione dei barbiturici) sarebbe riuscito
ad ipnotizzarla, comandandole poscia di dimenticare gli ufficiali e di ritornarsene a casa col proprio marito.
“Gianmaria”, il corrispondente Alessandrino de La Stampa, non resisteva a farci conoscere i suoi fantasmi:
In quanto agli ufficiali, ci volle tutta la autorità dei medici e specialmente dei superiori per persuaderli ad andarsene, tanto fu il fascino che su di essi avevano esercitato gli occhi della disgraziata signora. In ogni modo essi meritano lode per la pietà dimostrata nel prestare le prime cuore all’infelice, e se in un fatto così tristamente singolare è permessa la nota comica, io mi domando cosa ne ne sarebbe stato del parroco e del curato se la signora B. fosse stata ricoverata nella canonica anziché nella caserma. Anch’essi, i poveri preti, avrebbero dovuto subire il fascino fenomenale!
E chissà cosa avrebbe pensato la gente, a quel punto…
Come prevedibile, la portata di quel “fascino fenomenale” era stata un po’ esagerata dalle voci popolari e dalle cronache giornalistiche. Il 29 aprile la Gazzetta del Popolo intervistava il medico di famiglia della donna, il dottor E. Beretta; la sua paziente, sosteneva, soffriva di “una forma comune di istero-epilessia”:
Non essere quindi vero che i tre ufficiali fossero da lei suggestionati, perché uno di essi poté, in un dato momento, uscire dalla camera con una semplice esortazione fatta dal medico all’inferma, e gli altri due rimasero colà in attesa del medico specialista dottor cav. Luigi Frigerio… Se poi l’ufficiale uscito ritornò nella camera lo fece per rispetto verso la sventurata signora, la quale, nel suo accesso di isterismo, non voleva che alcuno dei tre suoi liberatori si assentasse.
Nessuno dei tre, inoltre – e questa gli sembrava un’ulteriore conferma al modello interpretativo – aveva “predisposizioni nevropatiche tali da trovarsi in condizioni identiche della povera signora Lina”.
Anche il Corriere della Sera, a questo punto, tornava sui suoi passi, pubblicando il 14 maggio una lettera del dottor Beretta. Lui, come medico curante, spiegava di aver visitato più volte la donna, e di aver anche conversato con gli ufficiali coinvolti. Nessuna strana “suggestione”, come invece sembrava ritenere Luigi Frigerio, “nessun fenomeno anormale nervoso”
a meno che per anormale fenomeno nervoso non si voglia considerare quel naturale ed istintivo sentimento di commiserazione e stupore da cui viene compreso ogni animo bennato allo spettacolo di sofferenze terribili e non mai più vedute…
Frigerio, invece, la pensava diversamente: tre giorni prima aveva fatto pubblicare una brevissima, secca missiva in cui scriveva – senza far nomi – erano stati fatti “apprezzamenti non conformi al vero” e che invece si trattava di “vera suggestione”.
Avevamo già incontrato Luigi Frigerio (1847-1918) in un Giandujotto scettico: era stato coinvolto in un caso di visioni religiose, che nella primavera del 1900 esplosero in una mania collettiva ad Alice Bel Colle (sempre nell’Alessandrino). Insieme a Lombroso, Frigerio condurrà la quattordicenne Giuseppina Piana, la “veggente” di Alice, ad esser reclusa in un istituto genovese di assistenza a gestione religiosa, per essere “educata ed istruita”.
Ma torniamo alla nostra “suggestionatrice”: la sua breve carriera era ancora agli inizi. Un anno dopo i fatti di Alessandria, il 24 luglio 1893, la Gazzetta Piemontese si dilungò su uno spettacolo che si era prodotto la sera prima in via Roma, nel cuore di Torino.
La signora Lina B, nata M. ventisettenne, ormai separata dal marito, mentre camminava con la sorella “veniva assalita da un accesso d’isterismo, pel quale cadeva ipnotizzata”. Alcuni ufficiali che passavano di là l’accompagnarono nella vicina farmacia Torta, ma senza che quella si riprendesse.
La B. nel suo sonno magnetico era attratta da forza misteriosa verso uno degli ufficiali che l’avevano soccorsa pei primi, che è un tenente del 61° Reggimento fanteria. Da questi non fu possibile staccare la signora.
Il militare fu costretto a salire in carrozza e recarsi fino all’abitazione di lei, in via Moncalieri, in campagna, mentre
l’infelice rifaceva e ripeteva macchinalmente ad occhi chiusi ogni movimento ed ogni parola del tenente.
Non era tutto: secondo il giornale, un caso molto simile era già accaduto alcuni giorni prima. Proprio in via Moncalieri erano passati tre ciclisti che, stanchi, si erano fermati presso quella casa, dove c’era un’osteria.
La signora, appena li vide, cadde ipnota; ma lo strano è che anche i tre biciclisti furono presi da ipnotismo e non c’era verso di farli togliere da quella casa.
Nel suo “sonno morboso” la donna diceva tutto quello che accadeva in altre stanze, ad esempio che suo padre era andato a chiamare al telefono il medico di guardia al Municipio, dottor Marrone (che arrivò, nonostante fosse notte fonda). Quando, dopo parecchi sforzi del medico, la signora tornò in sé, non ricordava niente.
Il 13 agosto, un altro intervento de La Gazzetta Piemontese. A cadere nella trappola della suggestionatrice, di nuovo, erano stati due uomini in divisa: due Carabinieri, che cercavano di soccorrere la donna in preda a convulsioni “e restarono vittime del misterioso fenomeno; dovettero accorrere altri due carabinieri e un medico”. Anche stavolta, rinvenuta, la donna non aveva memoria di quanto fosse accaduto.
Come si vede, si direbbe che la scienza medica positivista fosse in netto vantaggio sulla forza ordinatrice dello Stato: ciclisti aitanti, ufficiali dell’esercito, Carabinieri… fallivano laddove l’alienista riportava la calma, facendo cessare la condizione morbosa dell’inconsapevole magnetizzatrice e rompendo il nodo che la legava ai premurosi maschi soccorritori.
In realtà la donna doveva trovarsi a Torino da poco tempo, perché a inizio estate 1893 era ancora ricoverata al Manicomio di Alessandria. Il 2 settembre di quell’anno, sulla Gazzetta Piemontese fu invece pubblicata una lunga lettera del giornalista milanese Augusto Guido Bianchi (1868-1951), che fu anche un appassionato di spiritismo e collaborò con Cesare Lombroso.
La cosa interessante è che, al contrario del dottor Beretta (il medico di famiglia alessandrino che aveva in cura la donna), Bianchi era un sostenitore della natura anomala delle sue manifestazioni. Essendo amico di Frigerio, che dirigeva il manicomio, vi si recò in giugno e si fece presentare alla ricoverata, spacciandosi per un medico.
Frigerio la ipnotizzò, dandole ordini di ogni tipo; lei intanto pregava, bestemmiava, presentava anestesia se punta… Il resoconto di Bianchi è lungo e interessante:
[…] col magnete si ebbero le polarizzazioni più belle. Il Frigerio si serviva della calamita senza ch’ella potesse avvedersene, per non rimaner vittima di qualcuna di quelle abili simulazioni di cui le isteriche sono maestre e che non hanno risparmiato neppure Charcot. La calamita venne tolta di tasca ed appressata – non posata – sulla nuca. Ecco gli effetti che se ne avevano.
Si versò alla M. dell’acqua dicendo che era dolcissima : mentr’ella la beveva col viso esprimente una piacevole sensazione, la calamita appressata – senza che parola venisse pronunciata – le faceva quasi gettare il bicchiere e sputare, per la grande amarezza di quell’acqua.
Le si disse che aveva sulla spalla un canarino: lo venne a prendere con tutta delicatezza, baciucchiandolo. La calamita le faceva gettare un altissimo strido: il canarino si era mutato sotto l’influsso del magnete in un serpe, che la faceva tremare tutta. Un pezzo di carta bianca le fu dato come se fosse una bellissima immagine sacra. Ella la trovò così bella che volle inginocchiare e pregarla perché il cielo le facesse lasciare presto il Manicomio. La calamita fece diventare quella Madonna il diavolo.
La psichiatria del tempo purtroppo era quella; troppo ne è stato scritto, perché anche noi la si fustighi. La fiducia nell’ipnosi, nelle magnetizzazioni con tanto di calamite e nell’esistenza di malattie come l’isterismo era totale. Difficile, a distanza di tempo, capire cosa davvero accadesse in quelle sedute.
Sottoposta ad altri comandi ipnotici, Lina si ricordava alla perfezione del suo incidente di un anno prima con gli ufficiali, nel centro di Alessandria, e ripeteva gesti e parole di quelli. Ma non è tutto; nella foga degli esperimenti, si arrivava senza troppe difficoltà ad ingenuità come questa:
[…] i fenomeni più curiosi […] furono questi. Io avevo portato quel giorno un libro mio che era ancora intonso sullo scrittoio. Il Frigerio pose le dita sulle palpebre della M. affinché non potesse aprire gli occhi, né vedere dal disotto. Il libro fu aperto ed essa lesse correntemente alcune frasi, quasi fosse in pieno possesso della vista. Come il Frigerio aveva avuto campo di stabilire e come mi disse, non doveva trattarsi di trasposizione del senso visivo, ma di una tale sua acutizzazione da poter oltrepassare la palpebra. Difatti la M. leggeva meglio tenendo il libro alto, in direzione del lobulo coperto della palpebra, che non tenendolo basso. Potemmo anche valutare il grado di acutizzazione della vista, ponendo alcuni numeri in una busta. Eravi una lieve trasparenza, la quale bastava alla M. di poterli leggere.
Bianchi confermò che per Frigerio la signora aveva “sviluppato realmente, allorché si trova[va] in stato di crisi, una suggestione invincibile su ufficiali, Carabinieri e velocipedisti”. Annunciò pure che il caso sarebbe stato oggetto di trattazione nell’Archivio di psichiatria, la rivista che Lombroso dirigeva da Torino.
L’articolo di Frigerio uscì alle pagine 96-107 del volume del 1894 dell’Archivio, sotto il titolo “Rari fenomeni osservati in una ipnotizzata”. È datato “dal Manicomio di Alessandria, novembre 1893”. Si tratta, ahinoi, di un non raro esempio di pseudoscienza e di totale immersione nelle ideologie del tempo, oltre che della milionesima conferma del fatto che la metapsichica “scientifica” intendeva sovente offrirsi come alternativa razionale allo spiritismo hardcore, ma che in realtà ne mimava in tutto logica e credenze.
Il linguaggio è, anche più che nel caso di Alice Bel Colle, sessista, da tavolo settorio.
La ragazza – racconta Frigerio – aveva cominciato a soffrire di disturbi nervosi a ventun anni, “in seguito a trauma al ventre che le fu causa di aborto”. Guai domestici “e la solita incompatibilità coniugale” fanno esplodere “la grave malattia” dalla quale, c’era da giurarlo, “è assalita al ricorrere della menstruazione”.
Assai suggestionabile, in manicomio preferisce la compagnia “delle isteriche”. Nel periodo del ciclo “diveniva dapprima morbosamente erotica e cadeva poscia in accessi di grande ipnotismo”, analoghi a quelli che manifesterà per strada e che la esporranno all’attenzione pubblica.
Frigerio crede in tutto e per tutto alla capacità ipnotica attrattiva della donna. Dei tre tenenti di Alessandria scrive:
[…] rimanevano per circa 24 ore in una camera del quartiere stesso, ivi mangiando ed anche mingendo e perfino assistendo all’applicazione di un enteroclisma, quantunque, notisi bene, assistessero già la paziente, da parecchie ore, il marito e le amiche […] escluderò anzitutto ogni meno che disinteressata mira da parte dei tre ufficiali e constaterò che i medesimi erano sfavorevolmente predisposti sia dalla loro costituzione, sia dallo spossamento delle forze causato dalle manovre sopportate nel giorno prima […] cui si aggiunsero […] la tensione nervosa e la veglia protratta e il disagio morale e materiale patite in tante ore di convivenza con una isterica che offriva di sé spettacolo penosissimo e dirò anche ributtante perché in corso di menstruazione.
Tutto però, per Frigerio, dipendeva dalla presenza, nel gruppo dei “suggestionati di riflesso”, di un elemento più fragile quanto a equilibrio.Tra i tre ufficiali di Alessandria, secondo lo psichiatra, ce n’era infatti uno che era “impressionabile e nevrastenico”. Era stato lui a trasmettere “la suggestione […] per imitazione agli altri due”.
Le cose più incredibili asserite da Frigerio arrivano subito dopo. I militari erano più facilmente suggestionabili dal punto di vista ipnotico, perché predisposti a sottostare all’autorità. La prova? Anche il celeberrimo mentalista belga Donato (Alfred-Edouard d’Hont, 1845-1900) li sceglieva nei suoi spettacoli sul palcoscenico!
Dopo un anno nel manicomio di Alessandria, proseguiva Frigerio, la donna si era trasferita a Torino, e lì poté applicare la sua suggestione involontaria su altri (quelli di cui vi abbiamo detto sopra). Nel caso dei tre ciclisti “stremati di forze” lungo la strada di Moncalieri la “suggestione reciproca” fu invocata anche da un altro medico del gruppo lombrosiano: il suo assistente Salvatore Ottolenghi (1861-1934), che era stato testimone dell’episodio.
Malgrado l’uso delle calamite, Frigerio aderiva al modello che lo stesso d’Hont promuoveva negli anni ‘80 del Diciannovesimo secolo (memorabili gli spettacoli di Donato nel 1886 al Teatro Scribe di Torino): quello secondo il quale nel “magnetismo ipnotico ” il ruolo dell’imitazione era fondamentale, senza alcun bisogno di bacchette, di metalli o di altro.
In mancanza di quello, nel manicomio di Alessandria, Frigerio applicava i suoi magneti alla donna, facendola rapidamente passare “alla catalessia suggestiva cadendo al suolo rigida come corpo morto”. La “celerità dello stato ipnotico” per lui era testimoniata dall’eloquio mutevole: i deliri disorganizzati della donna diventavano così un elemento dimostrativo di idee sulla psicoterapia e sulla malattia mentale che oggi, ovviamente, sono consegnate alla storia della medicina.
Il ritmo cardiaco, valutato con i modesti sfigmomanometri dell’epoca, per Frigerio si modificava per ipnosi, ricorrendo “all’azione di una potente calamita”. D’altro canto, con le calamite Frigerio faceva ancora di tutto, secondo il modello mesmerista tradizionale: la donna riferiva allucinazioni visive terrificanti o bellissime, all’avvicinarsi e all’allontanarsi del magnete…
Come anticipato da Augusto Guido Bianchi sulla Gazzetta Piemontese, anche nel nostro caso Frigerio giunse ad aderire con fiducia alle convinzioni dei metapsichisti dell’epoca. Nel suo articolo per l’Archivio di psichiatria, dettagliò l’“iperestesia visiva” della “suggestionatrice”, confermata anche con letture “impossibili” fatte in presenza del medico provinciale di Alessandria (il dottor Paolo Mascagni). Tutte cose “inesplicabili”, per Frigerio. Il fatto che quella donna potesse aggirare i suoi scarsi controlli non era nemmeno presa in considerazione.
Ah, c’era un altro motivo per la capacità auto-ipnotica della donna, che poi influenzava gli altri, in specie se militari: era facile indurre al sonno quegli individui predisposti, facendogli guardare oggetti brillanti:
E oggetti brillanti ornano la divisa degli ufficiali sotto forma di bottoni lucenti, ecc.
Oggi fa sorridere la fiducia degli scienziati positivisti nei fenomeni paranormali, ma forse ancor più lasciano perplessi alcune loro convinzioni. Si sentivano sul punto di risolvere ogni possibile problema posto dalle neuroscienze con quello che sapevano nell’ultimo quarto del Diciannovesimo secolo. I fenomeni “segreti” della psiche, pur non legati agli spiriti e ad altri mondi, erano comunque realtà, e presto sarebbe stato possibile misurarli, documentarli, spiegarne i meccanismi in termini di forze. Convinti sia dell’inviolabilità dei loro controlli sia della loro autorità sociale, riuscivano a far fare cose di ogni tipo avvicinando ed allontanando calamite dal corpo di una probabile, giovane psicotica.
La quale – inevitabilmente – rispondeva alle richieste e alle speranze dei medici, come meglio poteva ed era in grado di fare. Alla fine, si trattava di accontentarli e di allontanare da se il tormento della scienza.
Immagine: Jean-Martin Charcot illustra i sintomi dell’isteria in una paziente, 1887. Wellcome Collection. Licenza Creative Commons CC BY 4.0