Val Susa, 1989: il “vero” paracadute dei lanci di vipere
Giandujotto scettico n° 109 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (10/03/2022)
Tutti conosciamo la storia delle vipere lanciate dagli elicotteri: è una delle più classiche leggende metropolitane a tema ambientale. A seconda della versione, i serpenti sarebbero paracadutati su boschi e montagne da animalisti, Guardia forestale o case farmaceutiche; anche le loro motivazioni variano: si tratterebbe di un’operazione di ripopolamento di routine, oppure di un modo per tenere alla larga i cacciatori, o ancora di un mezzo per aumentare la disponibilità di vipere in vista della creazione di sieri anti-veleno (quest’ultima spiegazione è ormai quasi scomparsa, di pari passo con la caduta in disuso dei sieri).
Ricostruire la nascita di questa leggenda non è affatto semplice. Sappiamo che storie di questo tipo furono raccolte da un’esperta sociologa francese, Véronique Campion-Vincent, già negli anni Settanta. Il CeRaVoLC (Centro per la Raccolta di Voci e Leggende Contemporanee) ha recentemente ricostruito una serie di dicerie su vipere lanciate da elicotteri in Canton Ticino, che il 7 settembre 1970 provocarono anche un’interrogazione al Gran Consiglio svizzero: una delle prime apparizioni – la prima, a nostra conoscenza – di questa storia sulle pagine dei quotidiani. La leggenda metropolitana passò poi rapidamente a colonizzare l’Italia.
Più in generale, questi racconti si inseriscono in una lunga tradizione di voci che hanno per oggetto animali feroci o dannosi introdotti abusivamente: durante la Guerra Fredda, ad esempio, si diceva che aerei statunitensi lanciassero sulla Germania dell’Est e sugli altri Paesi del blocco sovietico le infestanti dorifore delle patate, per danneggiarne la produzione agricola. Nell’antichità, l’imperatore Decio fu accusato di far arrivare dall’Africa leoni e rettili velenosi e di liberarli lungo i confini orientali per contrastare i barbari che incombevano sui territori dell’Arabia, della Siria e della Palestina. Il Giandujotto scettico vi ha poi raccontato delle paure e delle dicerie che circolavano negli anni Novanta in merito alle “deportazioni” dei piccioni, spostati nottetempo dalle grandi città ai paesini di provincia piemontesi con camion privi di targa o con piccoli aerei. Ma le leggende metropolitane sulle introduzioni abusive di animali hanno riguardato, negli anni, specie diversissime tra loro: lupi, cinghiali, gabbiani, lucertole, ragni velenosi…
Si tratta ovviamente di voci, racconti, dicerie che servono a giustificare un improvviso aumento di animali o una proliferazione di specie che prima non si erano mai viste. Difficile, per contro, che queste leggende producano “prove” concrete e inequivocabili di introduzioni abusive. Il Piemonte, però, ha un piccolo primato: nel 1989, in Val Susa, qualcuno trovò davvero le scatoline usate per i lanci di vipere…
Il 13 ottobre di quell’anno, La Stampa titolava infatti nelle sue pagine di cronaca torinese: “Trovate in montagna scatole con etichette allarmanti, appositamente confezionate per essere lanciate da un aereo”. E spiegava:
In Val Susa le vipere arrivano dal cielo. Un tabaccaio di Bussoleno, Bruno Baiocchi, ha recuperato in un suo terreno, alla frazione «Città» di San Giorio, una scatola confezionata per il lancio aereo dei rettili. Un’altra era stata rinvenuta 20 giorni fa presso il rifugio «Onelio Amprimo» a Pian Cervetto, nel parco dell’Orsiera-Rocciavrè. Del ritrovamento ora si stanno occupando, seppure con qualche scetticismo, anche i carabinieri.
«Un contadino stava tagliando l’erba – afferma il tabaccaio Baiocchi – quando la sua falce ha inforcato un involucro. Era una scatola con dei fori e con un piccolo paracadute. Sul contenitore era scritto: “Maneggiare con i guanti” e, in un punto dov’era stato applicato un adesivo di materiale meno resistente, “Perforare prima del lancio”». Inoltre la scatola portava stampate tre diciture per altrettanti tipi di rettili: la «Aspis», diffusa in queste zone, che ha un corpo tozzo, coda breve, una lunghezza di 50 centimetri, ha un muso aguzzo ed è di colore nocciola con macchie più scure; la «Berus», presente in tutta Europa e, infine, la «Ammodytes», che è molto pericolosa e vive nel Friuli e nel Trentino.
Oltre alle due scatoline ritrovate a San Giorio e presso il rifugio di Pian Cervetto, il giornale menzionava una terza scoperta in Val Clarea e una quarta a Venaus. Quest’ultima, secondo La Stampa, era stata trovata chiusa. Il quotidiano precisava:
C’è chi racconta che dentro vi erano ben venti rettili.
Al di là delle voci, però, l’esistenza della scatolina di San Giorio era incontestabile: il quotidiano ne pubblicava anche una foto, nella quale l’oggettino faceva mostra di sé tra le mani di un carabiniere. La compagnia di Susa stava indagando sul caso… C’era davvero qualcuno che lanciava vipere dagli aerei?
La Stampa sospettava di sì: prova ne era l’aumento di vipere nella zona. Da settimane contadini, cercatori di funghi e cacciatori si lamentavano, e le voci sui lanci con gli elicotteri si moltiplicavano… Il dentista Giovanni Amprimo, ad esempio, raccontava di aver trovato diversi esemplari in varie località della val Susa; a Martinetti di San Giorio, in particolare, un contadino ne aveva uccisa una molto grossa, di un tipo mai visto lì. Si erano forse verificati incroci tra specie diverse? Un pediatra di Bussoleno, dal canto suo, annunciava un esposto all’Usl: quelle immissioni di vipere erano avvenute vicino ai posti dove giocavano i bambini…
Molto più prudenti erano l’assessore alla caccia per la Provincia di Torino, Emilio Trovati, e il direttore del Parco naturale dell’Orsiera-Rocciavrè, Walter Casale: per loro si trattava di una “provocazione”, di un modo per prendere di mira il parco, oppure, al limite, di uno scherzo.
«Secondo me è una provocazione contro il parco dell’Orsiera – commenta Emilio Trovati, assessore provinciale alla caccia -. Voci di lanci di vipere sulle montagne erano state diffuse già l’anno scorso in Val di Lanzo». «Vipere? – si domanda, scettico, il direttore del parco dell’Orsiera, Walter Casale – l’anno scorso si raccontava di linci, poi di lupi. Ora siamo ai rettili. Forse qualcuno ce l’ha con noi. Anche in Val Pellice corrono queste voci». E le scatole recuperate? «Io ne ho vista una – racconta Carlo Scarpa, guardia ecologica – ed ho sorriso. O è qualche burlone che ha voluto prendere in giro la gente, oppure si tratta del gesto di un provocatore con chissà quali obiettivi».
Le autorità non individuarono mai il “creatore” delle scatoline, dunque non si può dire granché sulle sue possibili motivazioni. Da parte nostra, possiamo dire che quei paracadutini in miniatura sono troppo piccoli per poter funzionare. Il tutto, probabilmente, è catalogabile come un caso un po’ particolare di “ostensione”, cioè di messa in scena di una leggenda metropolitana. Insomma, uno scherzo per prendersi gioco di chi credeva davvero a quelle voci improbabili sui lanci dagli elicotteri.
Non è tuttavia l’unico episodio del genere riguardante questa leggenda. Nell’anno seguente, il 1990, sulle colline intorno a Genova apparvero inquietanti cartelli attaccati agli alberi. Raffiguravano una vipera e portavano impressa la scritta: “Attenzione Ripopolazione – Lancio rettili per rapaci”. A parlarne il 18 maggio fu Il Secolo XIX, che elencava una serie di località in cui erano stati rinvenuti i volantini: Montessoro (frazione di Isola del Cantone), Serra Riccò, Sant’Olcese, Crocefieschi… I cartelli erano firmati da una misteriosa organizzazione, l’Arrgi (una sigla che nessuno, però, sapeva cosa indicasse); si diceva che fossero comparsi in seguito al sorvolo di uno strano elicottero bianco e azzurro, avvistato sopra Montessoro. Altri parlavano di un’automobile vista allontanarsi in seguito al “fattaccio”. Anche in quel caso, lo scherzo si tramutò in una denuncia contro ignoti a firma di Ario Gai, segretario di un effimero “Partito democratico cacciatori, agricoltori e pescatori”. Reati ipotizzati: omessa custodia e malgoverno di animali. Emblematico il commento del quotidiano ligure:
«Sono voci che circolavano già da tempo – spiega Ario Gai, l’accusatore – ma non avevo mai creduto che potessero essere vere. Adesso quei cartelli sono una conferma a tanti sospetti». E se invece fossero solo lo scherzo di un buontempone? Gai tende ad escluderlo: perché, dice, in effetti i sospetti ci sono sempre stati, e mancavano solo le prove.
La leggenda delle vipere lanciate dagli elicotteri ha questa curiosa caratteristica: è capace di apparire perfettamente plausibile ad alcune persone, e assurda oltre ogni limite ad altre. Per questo, forse, si presta particolarmente a scherzi di questo tipo, che per i “credenti” diventano, in modo paradossale ma non troppo, la prova inequivocabile dei loro sospetti.
Chi ha cercato di rappresentare in forma grafica i fantomatici lanci ha dato corpo a differenti versioni della leggenda: alcuni, come l’illustratore del mensile Focus (aprile, 2000) hanno immaginato ogni singola vipera legata a un paracadutino personale, con tanto di elmetto a garantirne l’incolumità. Altri hanno collocato i rettili in scatole o casse, come i più classici rifornimenti aerei militari. Altri ancora hanno rappresentato lanci senza alcun paracadute: la versione più cruenta, per le nostre povere bestiole (che sono pur sempre vertebrati, e quindi soggetti a fratture).
Le scatoline fatte trovare in Val Susa nel 1989, però, rimangono l’esempio più curioso ed elaborato di rappresentazione concreta della leggenda. Ci vuol fantasia a immaginare i serpenti accuratamente impacchettati, spediti in elicottero grazie alle scatole di cartone, con quegli inviti a “maneggiare con i guanti” e a “perforare prima del lancio”. Una logistica estremamente avanzata, per le nostre vipere provenienti da chissà quale luogo immaginario.
Foto di apertura di Jan Kopřiva da Pexels