Un rapporto Ufo dell’Intelligence Usa è un po’ meno censurato: e quindi?
Nasce una nuova rubrica di Query Online. Si chiama “Alieni ma non troppo”, la curerà Giuseppe Stilo e si occuperà scetticamente di Ufo. Avrà periodicità irregolare e cercherà di commentare in maniera sintetica gli sviluppi principali dell’ufologia, una delle grandi credenze pseudoscientifiche del nostro tempo. Alieni ma non troppo è anche il titolo del volume sull’ufologia che Giuseppe ha realizzato per la collana “Quaderni del CICAP” e che dovrebbe vedere la luce a breve. Buona lettura!
Tutti gli ufologi, in qualsiasi punto si collochino lungo lo spettro della loro fiducia nell’esistenza degli Ufo come fenomeno sconosciuto e oggettivo – fiducia che può variare molto – amano i rilasci dei documenti d’archivio sul loro tema del cuore. Molte volte, soprattutto negli Stati Uniti, quei documenti, oggi rilasciati a bizzeffe, sono in parte censurati per ragioni di sicurezza. Una cosa così è accaduta anche nel giugno 2021, quando è stato pubblicato un atteso rapporto sugli Unidentified Aerial Phenomena sollecitato dal Congresso Usa. Di quel rapporto, che si deve all’Ufficio del Direttore della National Intelligence (in sigla, ODNI) e del suo modesto contenuto mi sono occupato qui con Sofia Lincos.
Il punto è che quel rapporto del giugno 2021 era stato pubblicato in una versione ridotta, per il pubblico. Ne esisteva un’altra più lunga, riservata. Che cosa avrà detto il documento completo?
Molti ufologi sono in sostanza dei cospirazionisti, e quindi, in questa e in altre occasioni, sognano l’arrivo del documento che provi ciò in cui di norma credono: l’esistenza degli Ufo alieni. Altri (pochi) sono più razionali e, semplicemente, vorrebbero saperne di più. Tutti, però, sono accomunati da una ricerca affannosa di ogni dettaglio, punto oscuro o ambiguo del linguaggio dei documenti. Non traggono le somme da ciò che i documenti rilasciati dicono, e preferiscono soffermarsi sulle minuzie di ogni singolo foglio, nell’intento di conservare un alone di fascino alla loro disciplina.
Oggi l’esempio migliore di appassionato Ufo in caccia del rilascio di documenti “ufficiali” è rappresentato da John Greenewald Jr., che è a capo del sito theblackvault.com, in cui si possono trovare grandi quantità di fonti archivistiche governative americane su una miriade di questioni. Greenewald però ha un notevole interesse per le fonti sugli Ufo, e quindi, quando nel giugno 2021 uscì la versione non classificata del rapporto dell’Ufficio del Direttore della National Intelligence, promosse una richiesta di accesso alla versione completa (che in quel momento era riservata a pochi funzionari militari dei servizi di intelligence e ai responsabili politici).
Il 21 marzo 2022 la sua richiesta ha avuto risposta parzialmente positiva. Diverse parti del documento rimangono oscurate per proteggere fonti, metodi e informazioni di rilievo strategico; ma ora, grazie a Greenewald, di quel rapporto conosciamo buona parte. Potete accedervi andando qui.
Beh, che cosa dice la versione più ampia? Al riguardo sono già state pubblicate diverse valutazioni, come questa, questa e questa.
Per quel che scorgo dal mio punto di vista, e sempre tenendo presente che diverse sezioni non secondarie del documento sono ancora censurate, quello che adesso si può leggere in più conferma quanto si è visto molte volte con la declassificazione dei documenti Ufo di origine militare. Queste parti contengono dettagli ulteriori interessanti, particolari utili, soprattutto parlano delle modalità con le quali operano in alcune circostanze le varie articolazioni delle forze armate dei vari Paesi, in primo luogo quelle statunitensi, ma non hanno da rivelare nessuna “verità arcana” sugli Ufo.
Ad esempio, dalla versione ora parzialmente liberalizzata del rapporto dell’ODNI apprendiamo che una parte notevole dei 144 casi che nella prima versione erano stati definiti “non-identificati” erano incidenti del tipo Range Fouler, un’espressione in uso presso la Marina militare americana che potremmo tradurre come “area addestrativa sporca”. La rilevazione dei presunti UAP, gli Unidentified Aerial Phenomena, era stata ritenuta sufficiente da incidere sulle attività addestrative in corso in spazi aerei di competenza militare, o addirittura da interromperle. Questo fatto in se non dice niente sulla natura dei fenomeni osservati, ma conferma un certo grado di preoccupazione che gli avvistamenti sono senz’altro in grado di generare.
C’è però almeno un altro punto, che, in poche righe, dice un’altra cosa potenzialmente più importante. I sensori utilizzati per rilevare gli UAP (in specie “certi tipi di UAP”, ma i riferimenti specifici a questi “tipi” sono quelli ancora censurati) avrebbero presentato una serie di limitazioni proprio nella capacità di identificare quanto registrato. Come dice il testo, “ne risulta che, in generale, quei sensori non sono adatti per identificare gli UAP che possono essere… [censura]”.
Dunque, qualsiasi fossero le cause di quegli incidenti, il guaio – serio e delicato – è la preoccupazione per le performance non ottimali che in certe circostanze hanno esibito le tecnologie impiegate da parte degli assetti della Marina. Ma, ancora una volta, nessuna evidenza chiara di qualche “fenomeno” nuovo, sconosciuto, lampante.
Altri riferimenti interessanti sono quelli in cui si fa cenno al fatto che durante alcune rilevazioni radar gli UAP avrebbero emesso radiofrequenze, e quelli dai quali si capisce che in certi casi è stata considerata seriamente l’ipotesi che alcuni UAP fossero dovuti a tecnologie militari straniere (ma questa parte del testo continua ad essere in gran parte inaccessibile), mentre risulta chiaro che i redattori del rapporto erano scettici sulla possibilità che gli episodi raccolti potessero esser dovuti a fenomeni atmosferici naturali.
In più, al contrario della prima versione in cui i dettagli relativi ai singoli episodi erano del tutto omessi, stavolta appaiono resoconti interessanti. Ad esempio, in un’occasione, un pilota della Marina avrebbe osservato otticamente un UAP in condizioni meteo cattive, tanto da faticare a mantenere l’assetto del velivolo a causa del vento forte. Ebbene, il corpo volante da lui visto in apparenza non avrebbe subito alcuna conseguenza aerodinamica per il tempo inclemente, tanto da sembrargli perfettamente immobile, in hovering, come un elicottero fisso sopra un punto del terreno sottostante.
Come si vede, diverse novità, né follemente aliene né ridicolmente banali, ma sempre largamente riassumibili entro logiche, preoccupazioni e prospettive di tipo militare. Difficile costruire un’evidenza scientifica sulla base di documenti di questo genere: non hanno quel fine precipuo. Purtroppo, nel caso del rapporto ODNI del giugno 2021, almeno per il momento le ambiguità sono destinate a proseguire, e dunque ad alimentare (anche) le speculazioni dei più propensi a credere che dietro questi episodi ci siano gli alieni o altre cause straordinarie. Pensate: una delle appendici tuttora quasi completamente sottoposte a censura mostra un paragrafo intitolato “Geospatial Intelligence (GEOINT)” in cui la breve parte leggibile fa menzione de “i video e le immagini ottenute”.
La supposizione di molti è che questo paragrafo contenga riferimenti delicati a immagini ottenute dai satelliti di una delle più importanti agenzie di rilevazione strategica degli Stati Uniti, la National Geospatial-Intelligence Agency (NGA), importantissimo organismo di supporto alle operazioni di combattimento delle forze armate americane. Le funzioni della NGA sono tali da rendere improbabile un accesso a breve scadenza a informazioni raccolte in quell’ambito.
E, in questo modo, la controversia sui segreti Ufo che il Pentagono non intende rivelare può perpetuarsi, tendenzialmente, in eterno. Dura, lo ricordo, dalla fine degli anni ’40 del secolo scorso.
Di un altro rilascio recente di documenti di origine governativa, stavolta avvenuto in Canada (comunque meno emozionante di quello che le capacità militari e d’intelligence degli Stati Uniti sono in grado di evocare) mi occuperò nel numero 49 di Query, la rivista di carta del CICAP. Se volete, seguite gli sviluppi delle complicate ma avvincenti questioni dei rilasci dei documenti Ufo anche attraverso quella via.
Magari fosse vero che i dischi volanti disattivano le testate nucleari dei missili.
Come ho già scritto in precedenza, trovo sbagliato il “fideismo pro-UFO”; ovviamente, a maggior ragione, quando vorrebbe trasformare in prove labilissimi indizi oppure quando (a mo’ di religione) inventa addirittura. Trovo altresì sbagliata la negazione aprioristica, alla luce di due fatti: A) avvistamenti da parte del pubblico che gremisce uno stadio o di persone (come piloti di aerei anche militari, interi equipaggi di navi militari) che possono anche sbagliarsi ma non cercano pubblicità o sfoghi alla propria mitomania, anzi rischiano provvedimenti; B) tracce radar.
Poi, come ho già scritto, il progresso scientifico e i sempre migliori strumenti di cui la Scienza può dotarsi chiariranno – un giorno – se siamo davanti ad un semplice fenomeno naturale (come le aurore boreali o i fulmini globulari), oppure… Nel frattempo: sospensione del giudizio.
Certo che se una tra le maggiori superpotenze arriva a dire ai propri cittadini: “c’è qualcosa che vola nei nostri cieli, non sappiamo da dove provenga, non sappiamo intercettarla, non capiamo come possa fare quelle manovre, non sappiamo difendervi”, significa che il segreto da coprire è grosso assai.