I segreti dei Serial Killer

I segreti dei Serial Killer: Donato Bilancia

I più noti telefilm a tema serial killer, di solito ben scritti ed appassionanti, non rincorrono il più delle volte il realismo assoluto, sacrificato in nome del pathos, richiedendo una sospensione dell’incredulità. A volte vengono messe in pratica le classiche unità aristoteliche di tempo, luogo e azione: in particolare, la vicenda si sviluppa in breve tempo: pochi giorni tra il momento in cui il seriale inizia a colpire e quello in cui viene catturato, di solito nel bel mezzo del rapimento o dell’aggressione nei confronti dell’ultima vittima.

L’Italia ha visto un caso di omicida seriale degno delle migliori serie tv: un killer che uccide 17 persone nell’ arco di pochi mesi, con una vittimologia e movente misti, un modus operandi che cambia a seconda delle occasioni, una motivazione talvolta del tutto incomprensibile, se non si pensa alla mera voglia di uccidere. Una storia quindi davvero complessa da decifrare, anomala anche nella ricca e variegata casistica criminale italiana, quella di Donato Bilancia.

Una vita difficile

Donato nasce a Potenza nel 1951, da una famiglia piccoloborghese composta dai genitori Rocco e Anna ed un fratello maggiore, Michele. I Bilancia si trasferiscono più volte, vivendo ad Asti, a Salerno e infine stabilendosi a Genova. Il contesto familiare è profondamente disfunzionale e freddo dal punto di vista umano. La madre, in particolare, è una donna anaffettiva che non esita a deridere e insultare il figlio. Anche il padre sottopone il figlio a umiliazioni molto pesanti. Donato soffre di enuresi notturna fino all’adolescenza, un classico sintomo di profondo disagio infantile, elemento che non solo non mette in allarme i genitori, ma che diventa ulteriore motivo per la madre per metterlo in ridicolo, esponendo pubblicamente le lenzuola macchiate di urina. In un episodio, quando il figlio ha appena 12 anni, Rocco lo costringe a mostrare i genitali di fronte a delle cugine, prendendolo in giro per essere sessualmente ipodotato.

Bilancia cresce in fretta, è un ragazzo cinico e disilluso. Il fratello Michele si rivela pieno di problemi, tende a profonde crisi depressive.

In adolescenza, Donato si rende conto di avere una forma di impotenza, che gli rende quasi impossibili i rapporti sessuali completi con le donne. Donato attribuisce questa difficoltà al fatto di essere ipodotato, mentre essa è probabilmente legata maggiormente a un odio profondo e latente nei confronti dell’intero genere femminile. Subisce alcuni incidenti stradali, due addirittura lo mandano in coma. Come tanti futuri seriali, riporta quindi traumi cranici che potrebbero aver compromesso le funzioni cerebrali deputate al controllo delle pulsioni; traumi che non causano né giustificano un comportamento violento, ma possono far scemare i freni inibitori della persona con tendenze aggressive.

Fin da ragazzino inizia a vivere di espedienti, commettendo piccoli furti, anche di minima entità come quello di un carico di panettoni da un furgoncino, o di modeste somme di denaro rubate ai compagni di scuola. Crescendo, passa alle rapine a mano armata e frequenta in modo assiduo l’ambiente delle bische clandestine, diventando fortemente dipendente dal gioco d’azzardo. [1] Dopo un’infanzia di abusi, inizia quindi quello che lo studioso Ruben De Luca chiama il “percorso di violentizzazione”: questo avviene quando un soggetto con tendenze criminali è portato a considerare sempre più normale la condotta da fuorilegge o ai margini della legalità, arrivando ad accettare di essere visto come un delinquente dalla società in cui vive e a considerarsi parte di un mondo di devianza, senza nemmeno più riuscire a immaginarsi in una esistenza regolare. [2]

Fin dalla giovinezza la vita di Donato sembra quella di un futuro serial killer, quasi da manuale. Tra gli anni ’70 e ’80 entra ed esce dal carcere per rapina, furti, detenzione illegale di armi. Il suo rapporto con le donne è sempre problematico: ha alcune amiche, con cui ha sporadici rapporti orali, che preferisce decisamente al rapporto completo. Frequenta soprattutto prostitute, ed è sempre verbalmente aggressivo con le donne, definendole “tutte uguali, tutte troie”; se deve insultare un uomo lo chiama spesso “finocchio”.

Se gli anni ’70 Donato li passa quasi esclusivamente in carcere, anche gli anni ’80 non si rivelano semplici: nel 1982 subisce l’ennesimo incidente stradale, che lo costringe in ospedale per molto tempo e gli lascia una parziale invalidità. Nel 1987 avviene forse l’evento più drammatico nella vita già complicata di Bilancia: il fratello Michele si suicida gettandosi sotto un treno, stringendo tra le braccia il figlio di quattro anni che muore con lui. L’evento sconvolge profondamente Donato, che cade nella disperazione e sviluppa un’ossessione per la morte e per i treni.

Bilancia continua con la sua vita nelle bische, cerca di costruirsi una nuova identità, almeno di facciata: ha un lavoro come commerciante, si definisce “business man”, usa diversi nomi, solitamente si fa chiamare Walter. Fuma compulsivamente, riesce ad avere l’apparenza di un uomo affascinante, carismatico e ben curato. Chi lo conosce ha l’impressione di una persona sicura di sé e disinvolta, anche se ne intuisce il vuoto interiore.

Ogni tanto emerge la sua natura violenta: nel 1990 viene condannato per l’aggressione ad una prostituta. In questi anni, quella che oggi si chiamerebbe ludopatia, ovvero la dipendenza patologica dal gioco d’azzardo, diventa la sua ragione di vita. Maneggia spesso molto denaro, anche decine di milioni di lire, ma si fa vanto di riuscire sempre a pagare i suoi debiti di gioco, anche quando chiede grossi prestiti. [3]

Un’offesa intollerabile

Nel 1997 Bilancia ha 46 anni. Mentre è in una delle bische che frequenta più spesso, origlia casualmente una conversazione tra i due gestori: Maurizio Parenti e Giorgio Centanaro, che parlano di un inganno ai danni di “Walter”, dicono di averlo raggirato. Udita questa conversazione, nella mente di Bilancia c’è una specie di deflagrazione. Collega la frase a una perdita di molti milioni appena subita e sente una rabbia immensa scoppiargli dentro:

“Sono stato pugnalato per l’ennesima volta dal solito amico del cavolo […] questo è stato il motivo che ha fatto esplodere in me una cosa di incredibile violenza”. [4]

Bilancia trova la abitazione di Centanaro a partire dalla targa della Fiat Punto dell’uomo. Conosce i suoi orari notturni, per cui si apposta sotto casa sua la sera del 16 ottobre e si presenta al suo portone. L’uomo lo fa entrare, sente che qualcosa non va, ma non capisce subito che “Walter” è armato e furioso.

Con grande lucidità, Bilancia decide di non utilizzare la pistola che ha in tasca, una Smith & Wesson calibro 38 comprata illegalmente, se non per minacciare Giorgio. Uno sparo farebbe troppo rumore, per cui Donato ordina a Centanaro di spogliarsi e lo soffoca con del nastro adesivo che si era portato da casa e che usa anche per legarlo. In seguito, ripulisce la scena e toglie il nastro adesivo, sta attento a non lasciare impronte. Ci sono 500.000 lire in contanti e orologi in giro per casa, ma Bilancia non ha ucciso per soldi, e non tocca nulla prima di andare via.

La morte viene classificata come naturale, per arresto cardiaco, per cui non viene aperta un’indagine. Tempo dopo, Bilancia effettua una telefonata anonima da una cabina, rivendicando il delitto di Centanaro, perché vuole che tutti sappiano che non si è trattato di morte naturale, ma di un delitto praticamente perfetto.

L’omicidio di Centanaro ha un effetto dirompente nella vita di “Walter”, è come se portasse alla luce una sete di vendetta sopita per anni. È infatti raro che un seriale inizi a uccidere a quasi cinquant’anni, l’età media è intorno ai 25, ma Bilancia ha passato molti anni in galera e ciò può aver ritardato l’emergere delle pulsioni omicide, che lui in seguito negherà di aver mai provato prima del ’97.

Il primo omicidio è stato lucido, organizzato, meticoloso. Bilancia si sente una macchina da guerra, e la sua vendetta continua.

Anche Maurizio Parenti deve pagare per “averlo derubato”. E Parenti sarà la sua prossima vittima, ucciso insieme alla moglie Carla Scotto. Anche in questo caso, “Walter” lo aspetta sotto casa, il 24 ottobre, stando attento a non essere visto da nessuno. Finge di volergli rivendere degli orologi e poi lo ammanetta, minacciandolo con la pistola. In casa svuota la cassaforte, ma in seguito preciserà che non era interessato ai soldi, ma lo aveva fatto solo per sviare le indagini. Uccide sia il Parenti che la moglie, mantenendo sempre un totale controllo della situazione, immobilizzando i coniugi col nastro adesivo e facendoli stendere a letto. Li copre con un lenzuolo e spara ad entrambi. In questo caso, l’assassino porta via soldi e orologi per simulare una rapina, ma getta via gli orologi, poiché sa che non sarebbe prudente cercare di rivenderli.

Bilancia è passato in pochi giorni dalla vita di un piccolo criminale ad essere un freddo e determinato assassino vendicatore. In seguito affermerà di essere molto dispiaciuto della morte di Carla Scotto, che ha rappresentato una mera vittima situazionale.

L’inizio della strage

Bilancia, dopo i primi tre delitti, non smette più di uccidere: commette altri omicidi in cui è più evidente lo scopo della rapina: il 27 ottobre uccide una coppia di orefici, Bruno Solari e Maria Luigia Pitto. Il 13 novembre, il cambiavalute Luciano Marro, a cui sottrae decine di milioni. In entrambi i casi, non ha mai avuto alcun rapporto con le vittime prima dei delitti, ma sarebbero omicidi dettati dal bisogno di ripagare dei debiti di gioco. [5]

Il 25 gennaio 1998 Bilancia uccide Giangiorgio Canu, metronotte, durante il suo turno di lavoro, sempre a colpi di pistola. In questo caso è davvero difficile trovare un movente razionale: ci sarà chi vedrà in questo crimine un odio contro i metronotte, ma Bilancia smentisce questa ipotesi:

“Mi pare trenta anni fa o venticinque che siano, un metronotte mi ha sparato alla gamba. […]

Non è che sicuramente è stato per questo. Poi la scelta dell’individuo è stata solamente voluta dal caso.”

Nel marzo del ’98 “Walter” aggiunge alla sue vittime le prostitute, con cui sfoga il suo odio misogino: uccide Stela Truja, albanese, e Lyudmiyla Zubkova, ucraina. Il 20 del mese spara al cambiavalute Enzo Gorni, a Ventimiglia, per rapinarlo di oltre 14 milioni di lire.

Il 24 marzo cerca di uccidere una ragazza sudamericana transessuale, Lorena Castro, che fa la prostituta. La donna si finge morta e riesce a salvarsi, ma sul luogo intervengono due metronotte, Candido Randò e Massimo Gualillo, che cadono entrambi sotto i colpi dell’arma di Bilancia. La testimonianza di Lorena, in seguito, sarà fondamentale al processo a carico di “Walter”.

Tra marzo e aprile uccide altre due prostitute, Tessy Adodo, nigeriana, e Kristina Valla, albanese. Le ragazze conducevano una vita difficile e disagiata, lontano dalla famiglia. Come è avvenuto in molti casi analoghi, ad esempio quello di Gianfranco Stevanin, le donne straniere che fanno le prostitute difficilmente attirano l’attenzione degli inquirenti e della stampa, non hanno alle spalle genitori che possano fare pressioni per avere giustizia e le indagini non portano a nulla di concreto.

Nello stesso periodo massacra due donne a bordo di treni, scelte in modo casuale, purché fossero donne. Aspetta che si rechino in bagno durante il viaggio, le segue, entra nella toilette con un passepartout, come ha fatto in altri delitti. Una volta con la vittima, le butta una giacca sulla testa e spara. Muoiono così Elisabetta Zoppetti, infermiera, sul treno La Spezia-Milano, e Maria Angela Rubino, sulla tratta Genova-Ventimiglia. Entrambe vengono trovate coperte dal loro cappotto, sulla Rubino vengono trovate tracce di sperma: l’assassino si è masturbato sul cadavere. Al processo, Donato spiegherà che il cappotto serviva per non vedere cosa stesse succedendo, racconterà di temere il loro sguardo.

Il 10 aprile Bilancia ha un moto di pietà: rinuncia all’omicidio della prostituta Luisa Ciminiello, poiché si impietosisce quando lei gli mostra la foto del suo bambino e perché Luisa, con calma e abilità, gli dice che una sua amica sta arrivando, che presto sarebbe entrato qualcuno. Lui la deruba di 300.000 lire, promettendo di restituirle, e scappa. [6]

L’ultima vittima a cadere sotto i colpi della Smith & Wesson di Bilancia è un benzinaio che rifiuta di fargli credito, Giuseppe Mileto, ucciso il 21 aprile 1998.

La fine della corsa

I giornali parlano di lui come il “killer delle prostitute” e il “killer dei treni”, gli inquirenti pensano che siano due persone diverse ad insanguinare la Liguria. In più, Donato colpisce in diverse città, come Genova, Ventimiglia, Albenga, quindi per le forze dell’ordine è più complesso coordinare le indagini. La scia di delitti viene finalmente interrotta perché a un conoscente di Donato, intestatario della Mercedes che Bilancia usa per i suoi spostamenti, vengono recapitate decine di multe per uso di una Viacard scaduta. Il suo amico riconosce inoltre, nell’identikit fornito da Lorena Castro, le fattezze di “Walter” e decide di denunciarlo. Le tracce fisiche trovate su diversi corpi e il tipo di proiettili usati lo incastrano, la sua apparente organizzazione rivela in realtà molte falle. Otto giorni dopo l’arresto Bilancia confessa ogni suo crimine, iniziando a raccontare quella che lui chiama la “consecutio temporum”, fornendo anche i minimi dettagli riguardanti i delitti. Lui si definisce un folle lucido, non sa spiegare il perché delle sue azioni: “Do informazioni di tipo tecnico, ma motivazionale no”, afferma al processo.

Bilancia sfugge alle spiegazioni facili, uccide con vittimologia, armi e movente misti, come ad esempio ha fatto lo statunitense Pee Wee Gaskins. Le sue vittime sono scelte per soldi, sete di vendetta o potere; vi sono vittime situazionali come Carla Scotto o che rappresentano una vendetta simbolica come Elisabetta Zoppetti e Maria Angela Rubino. È interessante notare che le prime vittime di Bilancia non hanno riscosso grande attenzione mediatica: la Liguria è sprofondata nel panico solo dopo il delitto della Zoppetti sul treno, una donna ben inserita nella società e con una vita regolare, a differenza delle precedenti vittime di “Walter”.

Bilancia, dichiarato da ben due perizie capace di intendere e di volere, anche se probabilmente affetto da disturbi di personalità, viene condannato 13 volte al carcere a vita. Ha commesso 17 omicidi in soli sei mesi, cosa che lo rende tra i più prolifici seriali italiani, peggio del Mostro di Firenze. In galera Bilancia è sempre sbruffone e istrionico, ma cerca di “ripulire” la sua immagine aiutando a distanza una famiglia indigente e un ragazzo disabile.

Il più terribile seriale italiano non riesce a sconfiggere il Covid, che lo uccide il 17 dicembre del 2020.

Pare che le sue ultime parole siano state:

“Andrò all’inferno, ma chiederò a Dio un attimo per chiedere scusa alle vittime.”[7]

Note

[1] P. De Paoli, Serial killer in Italia, Franco Angeli, Milano, 2002, pp. 203-205.

[2] R. De Luca, Serial killer, Newton Compton, Roma 2021.

[3] M. Newton, Dizionario dei serial killer, Newton Compton, Roma 2005, pp. 37-38.

[4] F. Iadeluca, Fenomenologia dei serial killer, Europolis, Roma 2002, pp. 150-153.

[5] Ibidem, pp. 172-173.

[6] P. De Pasquali, Serial killer in Italia, Franco Angeli, Milano 2002, pp. 200-203.

[7] R. De Luca, Serial killer, Newton Compton, Roma 2021, pp. 116-118.

Marianna Cuccuru

Laureata in scienze dell' Educazione, studia da molti anni il fenomeno dei serial killer. Ha tenuto lezioni sul tema presso l'università dell'Insubria e per l'associazione Fidapa di Varese.

4 pensieri riguardo “I segreti dei Serial Killer: Donato Bilancia

  • Cara Marianna, è un caso esemplare di un uomo che poteva essere normale ed è stato reso mostro dai genitori. Il fratello ha reagito alla “educazione familiare” colla autosvalutazione estrema, lui col delirio di onnipotenza. Unica consolazione: la frase finale che riporti indica che una ombra di bontà c’ era nel suo cuore, così come lo indicano i comportamenti mai troppo compiaciuti verso l’ uccisione delle vittime. Basta questo a salvarsi, considerate le enormi attenuanti che ha una vittima nata. La Misericordia è infinita.

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  • Caro Aldo, come stai?
    Quello che esponi è l’eterno dilemma della pedagogia e della psicologia criminale, ovvero il dibattito sul ruolo dell’educazione e dei traumi nell’emergere del comportamento deviante. Di sicuro Bilancia ha collezionato tutti i traumi tipici della vita di molti seriali, ma come sai alcuni di loro non hanno mai subito nessuno di questi traumi, come Dennis Rader.
    Sulla frase detta in punto di morte, non ci metterei la mano sul fuoco: spesso le ultime parole di grandi criminali o persone famose in generale vengono modificate, inventate o interpretate di chi le raccoglie in base a ciò che vuole sentire. Tuttavia spero che in questo caso siano vere e che un po’ di umanità la abbia avuta anche Bilancia.

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  • Cara Marianna, grazie, sto bene, compatibilmente con l’ età e l’ aumento delle spese condominiali e le bollette energetiche. Secondo me quando si studiano gli assassini ripetitivi bisogna partire dai comportamenti e raggrupparli, per poi passare alla loro crescita “ambientale” che non sempre è solo familiare. Alla fine non troveremo la formula magica che ci consenta, mettiamo al terzo omicidio ripetitivo (comunque prima di oggi) di indovinare la personalità del soggetto e di prevederne la prossima mossa. E magari di trovarlo indagando negli ambienti che lo hanno “partorito”. Magari potremmo sperare che lo Stato crei una unità di indagine di pronto intervento che risparmi qualche vittima. Io ho, ovviamente, una mia chiave di lettura della Persona, che conta poco. Approfitto però della Tua ospitalità per scrivere che Donato Bilancia non era un vero serial killer. Secondo le mie classificazioni questi soggetti commettono omicidi perché gli piace farlo, il loro è un vizio ed una dipendenza, come l’ alcool o il tabacco. Bilancia ha ucciso tanto ed in breve tempo perché era un vulcano tappato. La volontà di rivalsa verso le torture subite dai genitori e in particolare dalla madre è stata stappata da Centanaro e Parenti, che lo hanno privato di qualcosa di suo e lo hanno pure deriso (secondo le sue chiavi di lettura).E l’ immunità goduta ai primissimi colpi ha spezzato ogni timore. Si è messo ad ammazzare per sfogare la rabbia e per sentirsi una persona rispettata e temuta. Un po’ mi pare, lo hai scritto anche Tu.

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  • Caro Aldo,
    in realtà ci sono moltissimi approcci di studio e di classificazione in questo ambito, ma senza dubbio Bilancia rientra tra i seriali a pieno titolo nonostante le “anomalie” che presenta, come la tarda età al momento del primo delitto e la esplosione di violenza in pochi mesi, elementi che comunque non sono poi così rari nella casistica criminale mondiale. Ti consiglio, se vuoi approfondire, gli studi di De Luca ad esempio, che classifica i seriali in nove diverse categorie. Tutti i più importanti criminologi di diversi Paesi propongono una classificazione delle tipologie dei serial killer, in base ad esempio al modus operandi, alle modalità di aggressione delle vittime, al movente principale e via dicendo. Vi sono inoltre una moltitudine di teorie sull’eziologia del comportamento delittuoso in serie, se vorrai dedicarci del tempo scoprirai un mondo affascinante.

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