E leggiti 'sto paper

Nuova Atlantide o nuova Pompei nello Yorskhire?

“Scoperta la mitica città di Atlantide”, “Ecco l’Atlantide polinesiana”, “Una nuova Pompei”, “La Pompei africana”.

Quante volte abbiamo letto titoli del genere? Ogni scoperta archeologia subacquea diventa Atlantide. e ogni sito ben conservato o distrutto da una catastrofe diventa una nuova Pompei. Per non parlare di ogni costruzione vagamente circolare, che viene subito accostata a Stonehenge.

Dai tempi della saga di Indiana Jones, ogni scoperta archeologica deve essere presentata come quella che cambierà i libri di storia, come la scoperta più importante dell’anno o come l’oggetto più antico, più grande, più particolare mai trovato. Altrimenti sembra quasi non valga neanche la pena parlarne. Invece. l’archeologia è interessante proprio perché è un puzzle che si costruisce scoperta dopo scoperta, e a volte proprio quelle che sembrano più insignificanti, sono le più interessanti e decisive.

Tra marzo e giugno molti giornali inglesi e italiani hanno presentato titoli come “Yorkshire’s lost Atlantis nearly found”,“Yorkshire’s Atlantis found”, oppure “Scoperta l’Atlantide dello Yorkshire”. Il professor Daniel Parsons, lo scopritore e professore di sedimentologia alla University of Hull, in Inghilterra, ha anche dichiarato: This could be on a par with Pompeii. This is Yorkshire’s Atlantis (“Potrebbe essere paragonata a Pompei. È l’Atlantide dello Yorkshire”), mettendo dunque insieme i due luoghi comuni.

Ma, dunque, che cosa è stato trovato?

Ravenser Odd era una ridente e prosperosa cittadina portuale altomedievale dello Yorkshire, alla foce del fiume Humber. Era stata fondata nel 1235 e il suo nome derivava dal norvegese hrafn’s eyr, “lingua di corvo”. Grazie alla sua posizione favorevole divenne un centro di importanza nazionale, tanto da avere due rappresentanti in parlamento. La città è addirittura menzionata in tragedie di Shakespeare come Riccardo II ed Enrico VI. Nel 1362, dopo essere già stata abbandonata in seguito ad una forte erosione della costa, la città fu sommersa da una tempesta e sparì nella baia.

Ravenser Odd però, oltre a banchine, magazzini, il tribunale e una prigione, aveva anche una diga e un porto. Avendo studiato esempi simili in altre parti del mondo – per esempio il golfo di Napoli – Parsons ritiene che “quelle cose non si cancellavano facilmente”, e che quindi doveva esserne rimasta traccia sul fondale marino dell’estuario dello Humber.

Utilizzando un sistema di sonar ad alta risoluzione, che i geoscienziati impiegano nello studio degli spostamenti dei sedimenti marini, proprio nel mese di giugno sono state ritrovate le tracce delle mura del porto, pochi metri sotto la superficie marina.

L’intento di Parsons, che è anche direttore dell’Energy and Environment Institute della sua università, è ora di utilizzare la storia di Ravenser Odd per raccontare e per suscitare l’interesse del pubblico i rischi del cambiamento climatico, che, fra i tanti guai, ha accentuato l’erosione delle coste.

“Capire il passato ci aiuta a prepararci meglio in futuro”, ha detto Parsons. “Ravenser Odd è una storia incredibilmente evocativa riguardo all’impatto del cambiamento costiero su intere comunità. Io penso sia un modo fantastico per iniziare un dialogo con la gente sull’impatto del cambiamento climatico nel futuro attraverso queste storie dal passato”.

Immagine in evidenza: da J. R. Boyle, The lost towns of the Humber, Hull, 1889, p. 6. The British Library – Flickr Commons.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *