Il sonno e i suoi cicli, un mistero complesso e ancora da chiarire
Antonio Crisafulli è medico, professore associato di Fisiologia Umana
Uno dei misteri ancora insoluti riguardo il normale funzionamento del nostro organismo è il sonno che, al pari del bere e del mangiare, è uno degli atti irrinunciabili per la nostra esistenza. La deprivazione prolungata del sonno, infatti, non è compatibile con la vita poiché comporta conseguenze sia per la salute fisica che mentale. La necessità di dormire è comune a molte specie animali in un range che va dai vermi ai mammiferi, tra i quali c’è ovviamente Homo sapiens. A questo proposito, è interessante notare come ci sia una grande variabilità tra specie di mammiferi nella durata del sonno, con le giraffe che dormono in media solo due ore mentre i pipistrelli fino a venti ore, con gli esseri umani che stanno più o meno nel mezzo, con le loro otto ore di sonno giornaliere in media per gli individui adulti [1, 2]
Questa esigenza di dormire apparentemente si scontra con i meccanismi dell’evoluzione per selezione naturale. Infatti, i vantaggi evolutivi di rimanere permanentemente svegli sembrerebbero ovvi poiché quando si dorme si è in una situazione di vulnerabilità nei confronti di eventuali nemici o predatori; da ciò si intuisce come, dal punto di vista evolutivo, i meccanismi biologici che sottendono la nostra irrinunciabile esigenza di dormire debbano essere di estrema importanza. Nonostante le intense attività di ricerca in questo campo, il motivo per cui dormiamo rimane ancora una delle domande a cui le neuroscienze non sanno dare una risposta univoca. Secondo alcuni, è come se durante il sonno il sistema nervoso esegua una sorta di “pulizia” e di risistemazione delle sue funzioni metaboliche e di connessione neurale [3,4]; in pratica, è come se durante il sonno il sistema nervoso subisca una “manutenzione” programmata. Tuttavia, una piena comprensione della funzione del sonno non è stata ancora raggiunta e probabilmente non è neppure imminente. A tal proposito, basti pensare al mistero del significato e della funzione dei sogni, che rimangono un enigma.
Ma quanto dobbiamo dormire per stare bene?
Si sente spesso dire che “bisogna dormire almeno otto ore al giorno”, tuttavia, questa affermazione è valida solo dal punto di vista della media generale della popolazione, essendoci una grande variabilità interindividuale nel numero di ore che ciascuno dorme. Bisogna poi considerare anche che esiste una progressiva riduzione del numero di ore di sonno dall’età infantile fino alla vecchiaia. Il ritmo sonno veglia è determinato dall’orologio circadiano, che è governato principalmente dall’esposizione alla luce. Per quanto il meccanismo sia estremamente complesso e mal si presti alle semplificazioni, ai fini divulgativi è sufficiente sapere che vi sono alcuni geni che regolano il sonno attraverso la produzione di proteine che sono simili e altamente conservate tra i vertebrati. È importante sottolineare come alcuni individui portatori di particolari varianti genetiche dormano fisiologicamente meno della media del resto della popolazione (circa 6 contro le 8 di media), il tutto senza apparenti conseguenze dannose, mentre, invece, non è così per chi soffre di disturbi del sonno dovuti ad altre patologie o a periodi particolari della propria vita [5]. Sembra infatti che per ottenere gran parte degli effetti ristoratori del sonno siano sufficienti 4-5 ore di sonno per notte. In sintesi, esiste una discreta variabilità nelle ore di sonno necessarie ai singoli soggetti, ed inoltre esiste una certa variabilità anche nell’arco della vita di ogni individuo.
C’è poi anche da considerare che le ore di sonno non sono tutte uguali ed uniformi e che il sonno è composto da diverse fasi, dette “cicli” caratterizzabili con alcuni pattern caratteristici dell’elettroencefalogramma (EEG) che rispecchiamo l’attività cerebrale. Molto schematicamente, questi cicli sono caratterizzati da periodi di sonno “profondo” (sonno non-REM, con REM che sta a significare “rapide yes movements”, movimenti rapidi degli occhi), intervallati da cicli in cui il sonno è più leggero (sonno REM, caratterizzato dai tipici movimenti oculari rapidi), durante i quali si sogna e ci si risveglia più facilmente. Sono i periodi di sonno profondo – quelli non-REM – che sembrano i più importanti per i meccanismi di “ristoro” delle funzioni cerebrali, mentre le fasi di sonno più leggero – quelle REM, durante le quali si sogna – appaiono meno importanti. Per cui non è fondamentale dormire “almeno otto ore”, piuttosto, è la quantità di ore di sonno profondo non-REM ad essere il fattore principale da cui dipende la sensazione di ristoro che abbiamo dopo aver dormito, e questa quantità è a sua volta molto variabile da individuo a individuo.
Come già detto, in media nell’adulto la durata complessiva del sonno è intorno alle 8 ore e il sonno REM rappresenta circa il 20–25% del totale del sonno. La quantità giornaliera di sonno e la quantità di sonno non-REM decrementano progressivamente dall’infanzia alla vecchiaia, mentre la quantità di sonno REM (che a quanto pare è
quasi doppia nel neonato rispetto al bambino) viene invece mantenuta a un livello stabile per tutta la durata della vita [6].
Inoltre, c’è da considerare che nell’uomo la struttura del sonno non-REM è ulteriormente suddivisa in quattro stadi successivi chiamati S1–S4, sulla base delle caratteristiche delle onde EEG: la fase S1 rappresenta la transizione dalla veglia al sonno, che può essere anche abbastanza rapida e durante la quale è abbastanza facile essere svegliati. Seguono le fasi di sonno più profondo che vanno da S2 a S4, che sono caratterizzate dalla progressiva comparsa di particolari onde dell’EEG, chiamate “onde lente”, che rappresentano il risultato elettrico dell’attività dei neuroni corticali che generano una sorta di oscillazione sincrona in tutte le aree della corteccia cerebrale. Dopo la fase S4, c’è un graduale ritorno verso la fase S1, passando per S2-S3, a cui segue una fase di sonno REM, durante la quale si sogna. La fase REM può essere seguita da una nuova fase S1-S4, oppure dal risveglio. Tipicamente, negli esseri umani, questo processo ciclico dura circa 90–100 min e, durante un normale periodo di sonno notturno, si completano in totale 4–5 cicli in totale [6]. Ma anche questi cicli non sono tutti uguali. Infatti, il sonno non-REM più profondo (cioè, lo stadio S4) viene solitamente raggiunto solo durante la prima parte della notte e i cicli tardivi sono generalmente caratterizzati da fasi REM più lunghe che possono durare fino a 20-25 min negli ultimi cicli prima del risveglio. In sintesi, la durata delle varie fasi del sonno è variabile tra i singoli individui, ed inoltre varia all’interno di uno stesso individuo nell’arco di una notte.
Abbiamo dunque stabilito che il sonno è un comportamento fondamentale per il benessere sia fisico che mentale, che è una funzione complessa e solo parzialmente conosciuta, ed infine che è caratterizzato da fasi che si alternano in maniera variabile tra individuo e individuo e anche all’interno del singolo individuo durante una singola notte.
Ma come si fa a capire quale sia la “qualità” del sonno di una persona?
A tal proposito, c’è da dire che non esistono esami abbastanza specifici per stabilire se il sonno è sufficiente e di buona qualità e ognuno di noi ha una sua personale percezione delle capacità ristorative del proprio sonno. Alcune tecniche, come la polisonnografia, che misura parametri come l’EEG, l’andamento della saturazione di ossigeno, la frequenza cardiaca etc. durante il sonno, permettono di capire se una persona ha un sonno normale o se soffre di un qualche disturbo legato al sonno; tuttavia, la sensazione di ristoro che si ha dopo aver dormito è una sensazione, e come tale è soggettiva.
Negli ultimi anni i disturbi legati al sonno sono in aumento. Secondo dati recenti, circa il 10% della popolazione adulta soffre di un qualche disturbo del sonno (difficoltà ad addormentarsi, risvegli continui, quantità del sonno insufficiente) e un altro 20% manifesti sintomi occasionali di insonnia, con il sesso femminile, gli anziani e le persone con difficoltà socioeconomiche che appaiono più vulnerabili a questo tipo di problematiche [7]. I motivi per cui si assiste a questo incremento di problematiche legate al sonno sono molteplici ed entra in gioco sicuramente il progressivo distacco della nostra specie dal normale ritmo luce-buio che ha governato la nostra attività per millenni. Non è quindi strano che per le problematiche legate ai disturbi del sonno si sia sviluppata un’offerta di rimedi che vanno dalla farmacologia classica, alla somministrazione di sostanze considerate come semplici “integratori” alimentari, fino a metodiche non farmacologiche basate sulla meditazione e il rilassamento. Esistono infine anche metodi basati su calcoli matematici che prendono in considerazione la durata presunta dei cicli del sonno.
In particolare, viene proposto un metodo che consiste in questo: bisognerebbe provare a svegliarsi alla fine di un intero ciclo del sonno, che dura 90 minuti. Per farlo, basterebbe calcolare l’orario di risveglio e poi decidere quanti cicli da 90 minuti si vogliono dormire. Ad esempio, se si decide che ci si deve svegliare alle 7 di mattina, bisognerebbe scegliere di addormentarti alle 23.30 oppure all’una di notte. In questo modo si completerebbe un numero unitario di cicli (4 o 5) e ci si sveglierebbe avendoli completati tutti. Questo sistema favorirebbe un risveglio con l’organismo più riposato ed attivo. Un altro sistema sarebbe quello del “sonno polifasico”, che consiste nel fare 2-3 pisolini della durata di 1.5-2 ore durante tutto l’arco della giornata. In questo modo, si dormirebbe quantitativamente di meno, ma sarebbe ugualmente riposati e rigenerati. In pratica, non ci sarebbe bisogno delle canoniche 8 ore di sonno, ma molto meno, con più tempo a disposizione per dedicarsi ad altro. Per quanto sia di conoscenza dell’autore di questo articolo, nessuno di questi metodi è mai stato sufficientemente studiato per verificarne la reale efficacia. Al contrario, esistono evidenze che suggeriscono come il sonno polifasico sia addirittura pericoloso [8].
Per concludere, il sonno è una delle nostre attività irrinunciabili caratterizzata da una grande variabilità nella durata dei suoi cicli tra diversi individui e anche nello stesso individuo nell’arco della vita. Per cui, non esistono regole ottimali valide per tutti per stabilire quanto e come si deve dormire. È la nostra sensazione soggettiva di riposo e ristoro che dovrebbe guidare la scelta di intervenire o meno per risolvere eventuali problemi del sonno. Tra i metodi proposti, il calcolo a priori dei cicli del sonno e il sonno polifasico non sembrano conferire effetti benefici sostanziali.
Per approfondire
- [1] Roehrs T. Sleep physiology and pathophysiology. Clin Cornerstone. 2000;2(5):1-15.
- [2] Rattenborg NC et al. Sleep research goes wild: new methods and approaches to investigate the ecology, evolution and functions of sleep. Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci 2017; 372(1734): 20160251.
- [3] https://www.universal-sci.com/article/you-do-not-need-8-hours-of-sleep
- [4] https://www.science.org/doi/10.1126/science.abi8372
- [5] Shi G. et al. Human genetics and sleep behavior. Current Opinion in Neurobiology 2017, 44:43–49.
- [6] Berteotti C, Cerri M, Luppi M, Silvani A, Amici R. An Overview of Sleep Physiology and Sleep Regulation. In: Drug Treatment of Sleep Disorders pp 3–23, 2014. https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-319-11514-6_1
- [7] Morin CM, Jarrin DC. Epidemiology of Insomnia: Prevalence, Course, Risk Factors, and Public Health Burden. Sleep Med Clin 2022; 17(2): 173-191.
- [8] Weaver MD, et al. Adverse impact of polyphasic sleep patterns in humans: Report of the National Sleep Foundation sleep timing and variability consensus panel. Sleep Health 2021; 7(3): 293-302.
Personalmente ho compreso qualcosa in più del sonno e del mondo onirico solo dopo aver iniziato a fare meditazione in modo intensivo (non che meditare equivalga a dormire, ma si sviluppa una lucidità che può giungere fino a stati di cui di norma non si è coscienti). Alcune scoperte le ho poi viste confermate dopo anni da studi scientifici (tipo quella che non sognamo solo durante la fase REM), ma resta la sensazione che siamo ancora molto ignoranti in materia, come sulla dimensione interiore in genere.