Nuovi studi rivelano l’organizzazione sociale dei Neanderthal
Un gruppo di ricerca guidato dal biologo e genetista Svante Pääbo, premio Nobel per la medicina nel 2022, ha realizzato il più grande e approfondito studio genetico riguardante i Neanderthal. Lo scopo era di individuare la consistenza e l’organizzazione sociale delle comunità, sulle quali si sa ancora poco. La ricerca, che rappresenta un unicum, è stata pubblicata a ottobre sulla rivista Nature.
In precedenza, altri studi basati sulle impronte fossili (ad esempio quelle di Le Rozel in Francia) o sulle analisi di distribuzione spaziale dei paleosuoli (come quelle effettuate per il sito di Abric Romaní), avevano ipotizzato che i Neanderthal probabilmente vivevano in piccoli gruppi. Lo studio parziale del DNA mitocondriale di 6 adulti provenienti dal sito di El Sidrón (Spagna), inoltre, suggeriva che il gruppo fosse patrilocale, cioè che fossero le femmine a spostarsi fuori dalla comunità una volta adulte. Rimaneva, tuttavia, poco conosciuto l’effettivo rapporto di parentela tra gli individui e la consistenza dei gruppi.
Il gruppo di ricerca di Svante Pääbo ha studiato i genomi di 13 individui trovati in due grotte siberiane site sui Monti Altai, una delle zone più orientali nelle quali è conosciuta una fase di popolamento neanderthaliano: 11 provengono dalla grotta Chagyrskaya e 2 dalla grotta Okladnikov. I risultati più interessanti conseguiti riguardano la prima grotta, nella quale è stato identificato il maggior numero di individui. I dati archeologici e le datazioni al radiocarbonio situano i resti fossili in un periodo che va da 51mila a 59mila anni fa.
Secondo gli scienziati il gruppo comprendeva sia adulti sia bambini anche molto piccoli: l’individuo denominato Chagyrskaya B, ad esempio, aveva tra i 3 e i 5 anni. Erano presenti sia maschi sia femmine, ma i primi erano in maggioranza: 7 su 11. Inoltre alcuni dei componenti del gruppo erano imparentati tra loro: l’individuo Chagyrskaya D, maschio adulto, aveva un rapporto di parentela di primo grado con Chagyrskaya H, una femmina tra i 15 e 20 anni, il che implica che potrebbero essere fratello e sorella o padre e figlia, ma lo studio del loro DNA mitocondriale, che non coincide, fa propendere per quest’ultima ipotesi. Altri due individui, Chagyrskaya A e L, una femmina adulta e un maschio di 8-12 anni, avevano un rapporto di parentela di secondo grado, che indica ad esempio una nonna in comune.
Le conclusioni dello studio sono abbastanza chiare: la grotta siberiana di Chagyrskaya è stata usata più di 50mila anni fa da un piccolo gruppo di Neanderthal come accampamento temporaneo per la caccia (confermato dai rinvenimenti archeologici nell’area). Gli individui erano imparentati tra di loro: un padre con la giovane figlia, due cugini di primo grado e altri bambini. La scarsa presenza di femmine e la topologia dei rapporti di parentela fa pensare che il gruppo fosse patrilocale.
Il ritrovamento si è dimostrato eccezionale: è rarissimo trovare molti individui Neanderthal riuniti in un unico contesto e vissuti nello stesso periodo tempo. Restano però aperti alcuni interrogativi. Perché il gruppo è morto in quello che sembra un unico evento? Alcuni ipotizzano che siano morti per carenza di cibo, altri che invece siano stati sorpresi da una tempesta improvvisa. Infatti, anche se i dati paleoambientali indicano che il clima era mite in quel periodo, si trovavano comunque in una zona impervia.
Un’altra domanda senza risposta riguarda la struttura sociale dei Neanderthal come specie. Le considerazioni fatte dai ricercatori possono infatti essere ritenute puntuali solo per questo piccolo gruppo, che viveva in una zona marginale rispetto al popolamento neanderthaliano (che interessava per lo più l’Europa e l’Asia occidentale). La struttura sociale emersa dallo studio della grotta Chagyrskaya può essere estesa a tutta la popolazione Neanderthal o era tipica dei gruppi di questa zona marginale? La speranza è che nuovi contesti archeologici e nuovi studi possano in futuro contribuire a rispondere a queste domande.
Immagine dell’OIST (Okinawa Institute of Science) da Wikimedia Commons, licenza CC BY 2.0.