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Cucinare nelle caverne: menù paleolitici

di Agnese Picco

Come si preparava il cibo durante la preistoria? A darci qualche dettaglio in più sulla dieta dei nostri progenitori è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Antiquity, dal titolo Cooking in caves: Palaeolithic carbonised plant food remains from Franchthi and Shanidar. Un gruppo di scienziati ha esaminato le più antiche prove macro-botaniche dirette della trasformazione alimentare di piante paleolitiche nella zona mediterranea. Si tratta dei resti carbonizzati di legumi ritrovati nelle grotte paleolitiche di Franchthi, nel bacino del Mar Egeo in Grecia, e di Shanidar, nel nord-ovest dei Monti Zagros, in Iraq.

Le posizioni delle grotte di Franchthi e Shanidar. Copyright © Ceren Kabukcu, Chris Hunt, Evan Hill, Emma Pomeroy, Tim Reynolds, Graeme Barker, Eleni Asouti, 2022. Cambridge University Press, CC BY.

I ricercatori hanno esaminato campioni di vegetali provenienti da livelli risalenti al Paleolitico Superiore e Finale, al Mesolitico e al Neolitico (38000 – 6000 anni fa) per la grotta greca, e provenienti dagli strati risalenti al Paleolitico Superiore (42000 – 35000 anni fa) e a quello Medio (73000 anni fa) per la grotta irachena. Questi ultimi sono collegati alla famosa sepoltura di Neanderthal, Shanidar 4, chiamata “Flower burial” perché al suo interno sono stati trovati i pollini di molti fiori che secondo alcuni studiosi potrebbero essere offerte per il defunto.

Per quanto riguarda le epoche più recenti, sono stati analizzati quattro frammenti di cibo carbonizzato provenienti dalla grotta Franchthi. Tre di questi contenevano legumi fusi, il rivestimento dei semi o altri frammenti, inseriti in una matrice gelatinizzata. Alcune caratteristiche, come la presenza di amido, sono tipiche di una rielaborazione che prevede ammollo e riscaldamento dei legumi, mentre la dimensione dei frammenti indica una macinatura grossolana o una pestatura. 

La matrice gelatinizzata suggerisce che la preparazione sia iniziata con l’ammollo dei semi secchi o con la pestatura dei semi appena raccolti e, quindi, ancora umidi. I campioni sono stati identificati come appartenenti alla tribù delle Vicieae, come le lenticchie, la vecciola (un legume antico tipico della zona mediterranea) e la cicerchia, abbondanti anche in altri contesti archeologici del periodo. Il quarto frammento, nonostante risulti molto simile a campioni sperimentali di pane o farine di cereali finemente macinati, non conserva elementi utili per l’identificazione della specie botanica.

La grotta di Shanidar invece presenta uno scenario più complesso. Qui troviamo livelli più antichi frequentati dall’Homo neanderthalensis, appartenenti al Musteriano, e livelli più recenti, associabili alla presenza dell’Homo sapiens. Cinque campioni appartengono a questi ultimi e consistono in frammenti fusi e pestati di legumi, appartenenti ai generi Lathyrus (come le cicerchie) e Pisum (come i piselli). Un frammento, con tegumenti reticolati ben conservati e cotiledoni di forma globosa sono probabilmente granelli di senape selvatica (Brassicaceae). 

Due dei frammenti carbonizzati contenevano anche gusci di pistacchio fortemente deformati, forse per il processo di preparazione del cibo. Un solo frammento proviene dai livelli musteriani della grotta di Shanidar. Contiene frammenti di legumi e lunghe cellule caratteristiche delle graminacee (Poaceae), a differenza dei campioni più recenti.

Tracce di piante e semi dalla grotta di Shanidar, livello museriano
Tracce di piante e semi dalla grotta di Shanidar, livello museriano. Copyright © Ceren Kabukcu, Chris Hunt, Evan Hill, Emma Pomeroy, Tim Reynolds, Graeme Barker, Eleni Asouti, 2022. Cambridge University Press, CC BY.

Questo studio rappresenta un’aggiunta significativa alle nostre conoscenze sull’uso alimentare di piante nei periodi più antichi della preistoria e sulla loro rielaborazione. Molti dei campioni contenevano semi di legumi di diverse dimensioni, probabilmente derivati da processi di macinatura o pestatura, che differisce dalla macinatura fine della farina di graminacee e non richiede l’uso di una macina. Nei livelli appartenenti al Paleolitico Superiore della grotta di Franchthi la matrice omogenea e gelatinizzata suggerisce che i semi siano stati lavorati con macinatura fine, bollitura e setacciatura

Per quanto riguarda il gusto, la vecciola amara e le cicerchie contengono un’elevata quantità di tannini e alcaloidi, che gli donano un gusto amaro e astringente. Visto che la maggior parte è contenuta nel tegumento del seme, l’ammollo e la bollitura possono eliminarli in parte, rendendoli anche meno nocivi. Le tecniche di macerazione e cottura dei legumi selvatici, documentate nelle due grotte, ne avrebbero quindi permesso un consumo più piacevole e sicuro. Il fatto però che siano stati lasciati i tegumenti indica, in accordo con altri studi archeobotanici, la volontà di mantenere un sapore amaro e astringente, con una tolleranza elevata di questi sapori forti

Immagine in testa all’articolo: l’ingresso alla grotta di Shanidar, foto di JosephV da Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0 Unported.

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