La storia del soldato spagnolo teletrasportato… nel nulla
di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo
Teleportation. Teletrasporto: è quello che vediamo in Star Trek e nelle opere di fantascienza, ma è anche il concetto alla base delle ipotesi scientifiche sul trasferimento di materia o di energia da un punto all’altro senza che si attraversi lo spazio fisico che li separa. Il termine fu inventato dallo scrittore americano Charles Fort, padre della moderna passione per le presunte anomalie scientifiche, nel secondo capitolo del suo penultimo libro, Lo! (1931).
Con la nascita del mito degli Ufo nel 1947, diversi capitoli della storia umana cominciarono a essere rilette in funzione di questo nuovo specchio distorcente. Accadde, ad esempio, alle grandi paure che accompagnarono l’invenzione di dirigibili e aerei fra il Diciannovesimo e il Ventesimo secolo, che generarono innumerevoli ondate di strani avvistamenti e dicerie connesse, e furono fra le prime a essere inglobate dagli appetiti senza limiti degli ufologi.
La stessa sorte toccò, inevitabilmente, anche alle storie di teletrasporto raccontate da Fort: gli extraterrestri non erano soltanto astronauti in esplorazione da altri pianeti, ma esseri in grado di manipolare tempo, spazio e materia come volevano. Oggi vogliamo raccontarvi la storia di una di queste reinterpretazioni delle teleportation: quella del soldato spagnolo che, dalle Filippine del 1593, si ritrovò improvvisamente dall’altra parte del Pacifico, in Messico.
“Nel tempo che un gallo impiega per cantare”
A inserire questa vicenda nel folklore Ufo fu uno dei personaggi più curiosi dell’ufologia degli anni ‘50: l’occultista americano Morris K. Jessup (1900-1959). Celebre per aver popolarizzato un’altra leggenda sul teletrasporto, il cosiddetto Esperimento Philadelphia – un’invenzione di grande successo, inserì la storia del soldato spagnolo nel suo primo libro, The Case for the UFOs (Arco Publishers, Londra, 1955, pp. 135-6).
I fatti riportati sono questi. La mattina del 25 ottobre 1593, nella Piazza maggiore di Città del Messico, apparve di colpo un soldato spagnolo. Portava l’uniforme di un reggimento di stanza a Manila, allora giovanissima cittadina delle Filippine. La cosa ancora più incredibile era che, a comprova del “volo”, il soldato aveva raccontato una notizia che in America non si era ancora saputa: il governatore delle Filippine, Gómez Pérez Dasmariñas, era appena stato assassinato – un fatto che fece scalpore in tutto l’impero di Filippo II.
Il soldato fu comunque chiuso in prigione come disertore, finché via nave, settimane dopo, giunse la conferma che davvero il governatore era stato ucciso da pirati cinesi, mentre navigava al largo di Punta de Azufre in occasione di una spedizione militare contro le isole Molucche. A quel punto la vicenda passò al locale tribunale dell’Inquisizione, al quale il soldato spiegò di essersi ritrovato dall’altra parte dell’oceano “nel tempo che un gallo impiega per cantare”. L’uomo fu rimandato alle Filippine, dove la realtà dei fatti raccontati fu confermata per filo e per segno.
Per fortuna, Jessup menziona la sua fonte: un volume del 1932, opera dello storico messicano Luis González Obregón, Las calles de Mexico.
Nota divertente: per l’autore americano l’evento del soldato poteva essere stato un rapimento… sbagliato da parte degli extraterrestri. La logistica dell’abduction, per qualche motivo, non aveva funzionato. Per questo, dopo averlo portato in giro, lo avevano rilasciato… un po’ lontanuccio da casa!
La storia passò poi, tra gli altri, a un altro occultista e ufologo, il conte inglese Brinsley Le Poer Trench (1911-2000), uno degli altri bizzarri padri dell’ufologia britannica: ne parlò nel suo Mysterious Visitors. The UFO Story (1973, pp. 32-3). In Italia, l‘onnivoro Roberto Pinotti la riprese nel 1976 in UFO: Missione uomo (Armenia, Milano. pp. 183-4), associandola a una “tecnologia estranea”. In altri autori ha prevalso una lettura più strettamente paranormale: è il caso di Colin Wilson in Enigmas and Mysteries (1976). Da lì in poi è stato un continuo riproporsi della vicenda, sino ai siti clickbait recenti, con la loro funzione di riciclare tutto.
Da dove arriva questa storia?
Per tirare le fila: le fonti antiche sembrerebbero esserci. Ufologi e “misteriologi” hanno fatto a gara a far propria questa storia affascinante, questo è il loro mestiere. Il lavoro dello studioso razionale, però, è un altro: risalire alle fonti primarie e leggerle nel loro contesto e secondo conoscenze condivise, attendibili e verificabili. Lo si deve fare anche con la storia del soldato spagnolo.
La popolarità della vicenda è moderna e si deve a folkloristi, storici e giornalisti degli inizi del Ventesimo secolo, tutti perfettamente in grado di inquadrarla come si conviene. A quanto pare, fu davvero il messicano Luis Obregón a farla conoscere nel suo paese. Studioso di folklore, ne fu molto colpito, e la presentò per la prima volta già nella sua raccolta di storie México viejo: noticias históricas, tradiciones, leyendas y costumbres, uscita nel 1900, in un capitoletto intitolato Un’apparizione.
Inutile dire che per Obregón si trattava di valorizzare una storia “popolare” del suo paese, non certo di prendere alla lettera il resoconto. Come fonte usava gli scritti del frate e cronista spagnolo Gaspar de San Agustín (1651-1724), in particolare le Conquistas de las Islas Philipinas, uscito a Madrid esattamente un secolo dopo il presunto prodigio, nel 1698. Il frate prestava credito alla vicenda e la considerava l’ennesima prova della capacità che le streghe avevano, sotto il potere datogli da Satana, di compiere prodigi.
Un racconto popolare
Pochi anni dopo la storia giunse ai lettori americani grazie a Thomas Allibone Janvier, folklorista statunitense che abitava in Messico. La storia gli era sembrata interessante e l’aveva presentata, un po’ riadattata, sul numero di dicembre 1908 della rivista Harper’s Magazine. Per renderla più appetibile, l’aveva intitolata The Legend of the Living Spectre e aveva dato un nome al soldato, ossia Gil Pérez, non presente nella fonte originale. Janvier diede però anche un contributo decisivo all’inquadramento del racconto. Quell’articolo era parte di una serie che due anni dopo fu raccolta in un volume di successo, Legends of the City of Mexico, nel quale l’autore chiariva che motivi narrativi assai simili erano comuni nel folklore di lingua spagnola.
Ottant’anni prima, nel 1832, lo scrittore Washington Irving, che aveva viaggiato in Spagna, aveva pubblicato Tales of the Alhambra, in cui esplorava le tradizioni dell’Andalusia. Il racconto Governor Manco and the Soldier, raccolto proprio in quella regione della penisola iberica, è molto simile a quello messicano e stregonesco diffuso nel ‘600.
La prima versione della nostra storia, comunque, risale al 1609. È contenuta nei Sucesos de las Islas Pilipinas, cronaca dell’eminente militare spagnolo e colonialista Antonio de Morga (1559-1636). Si noti che, anche stavolta, il libro fu stampato a Città del Messico, ossia nella città dove, probabilmente, prese davvero forma questo racconto, secondo tempi e modalità i cui dettagli, ormai, ci sfuggono. In questa versione l’accento, più che sul volo del soldato, è posto sulla “fuga di notizie”, ovvero sul fatto che nessuno riusciva a capire come lo stesso giorno della morte del governatore delle Filippine la cosa fosse già risaputa a Città del Messico.
Lo sviluppo degli studi folklorici moderni permette di porre in una migliore e più ampia prospettiva l’intera questione. José Rizal, uno dei primi intellettuali delle Filippine moderne, nel 1890 commentò con note a piè di pagina la ristampa della prima versione della storia, quella della cronaca di de Morga (1609): la storia del soldato spagnolo era una delle tante vicende di miracoli e stregoneria che circolavano in quegli anni nelle città dell’arcipelago. Va ricordato che le Filippine furono, fino al 1896, colonia spagnola: in questa situazione era normale che libri, racconti, elementi culturali provenienti dalla madrepatria arrivassero anche lì.
Nel 1984, infine, un altro studioso messicano, Luis Weckmann, in un’analisi all’interno di La herencia medieval de México, ha riletto questa vicenda come uno dei tanti elementi di continuità fra la cultura medievale spagnola giunta in America centrale nel Cinquecento e il successivo sviluppo culturale del Messico. Del resto, già nel 1936, nella raccolta di leggende Historias de vivos y muertos, Artemio de Valle Arizpe – continuatore delle indagini folkloriche di Luis Obregón – aveva aggiunto al panorama già ampio un’altra versione del racconto: si chiamava Por el aire vino, por la mar se fue (“Venuto per aria, tornato per mare”).
Il viaggio “celeste”
La tradizione del volo magico, cioè l’essere portato via da esseri soprannaturali in terre e mondi sconosciuti, magari mentre ci si trova in condizioni di coscienza alterata, è antichissima. Va dallo sciamanesimo asiatico al viaggio aereo delle streghe nell’Europa tardo-medievale.
La cosa che colpisce nelle riletture dei vari ufologi e promotori di misteri è la totale indisponibilità a leggere la storia del soldato spagnolo secondo i modi dell’indagine critica dei testi. Chiunque abbia un minimo di confidenza con la storia culturale del periodo in cui presero forma le fonti, vi riconoscerà il motivo folklorico del viaggio aereo delle streghe, ottenuto con vari mezzi e che a volte si accompagna al trasporto, involontario o meno, di altre vittime dei servi del Maligno.
Ci voleva lo sguardo di un sociologo e storico delle idee, il francese Bertrand Méheust, perché l’utilizzo ufologico di queste storie venisse inquadrato in maniera scientificamente corretta e documentata. Consigliamo a tutti le pagine riguardanti i “voli ufologici” del suo volume Soucoupes Volantes et Folklore (1985). È significativo che alla nuova edizione del libro l’autore abbia dato un nuovo titolo: En soucoupes volantes (Imago, Parigi, 1992): “Su dischi volanti”.
In Italia, un esempio della grande diffusione di questi racconti ci viene – fra i mille possibili – dal lavoro degli storici G. Merlo, R. Comba e A. Nicolini, Lucea talvolta la luna: i processi alle masche di Rifreddo e Gambasca del 1495 (Società per gli studi storici, archeologici ed artistici della Provincia di Cuneo, 2004) e dal libro Gambasca, microstoria del paese delle “masche” (Fusta, Saluzzo, 2014) di Giorgio Di Francesco.
Nelle due opere gli studiosi presentano documenti inquisitori di fine Quattrocento sulle indagini condotte contro donne accusate di stregoneria in questo piccolo centro della provincia di Cuneo. Non solo le imputate ammettevano di venire portate in volo da Satana contro la loro volontà, ma in apparenza descrivevano con cura i luoghi sorvolati. Non mancava poi chi confermava, in vario modo, la realtà dei loro “voli”. Con la modernizzazione, alla lettura religiosa tradizionale dei “voli” subentrarono altri quadri culturali sempre fortemente connessi a credenze folkloriche dalla lunga storia.
Lo State Journal, un quotidiano del Missouri, il 19 luglio 1878 raccontò, ad esempio, la storia di un uomo portato in volo con il suo carro da un fantasma femminile apparso nella zona di un omicidio, lungo una strada. Il 2 marzo 1933 La Nazione di Firenze riferì che il pomeriggio di tre giorni prima un uomo di Faborino, presso Reggio Calabria, era stato ritrovato in preda al terrore su un albero, dove un individuo misterioso lo aveva portato con mezzi ignoti dopo averlo malmenato.
Poi, nel 1947, arrivarono i dischi volanti. i “voli” cominciarono ad essere associati ai visitatori di altri mondi e al loro immaginario. Il 9 dicembre del 1954 un contadino di Gricignano d’Aversa, in provincia di Caserta, visse una strana esperienza: sparì per due giorni, e, quando tornò da solo alla sua abitazione, raccontò che due esseri vestiti di mille colori, dal comportamento aggressivo e dalla statura che cambiava di continuo, lo avevano portato “per luoghi sconosciuti”, senza che sentisse la stanchezza. I giornali furono unanimi: poteva trattarsi di marziani (Giuseppe Stilo, Il quinto cavaliere dell’Apocalisse. Tomo 2, UPIAR, Torino, 2006, pp. 287-93).
E così il cerchio andava chiudendosi. Pochi mesi dopo la storia del contadino casertano, in America, Morris Jessup pubblicava The Case for the UFOs, e la storia del soldato spagnolo e del suo incidente con l’Inquisizione spagnola diventava parte del mito ufologico. In ciò risalta uno dei caratteri fondamentali di questa pseudoscienza: la costante acquisizione, in maniera acritica, di elementi e vicende di ogni genere, fusi in una specie di grande blob informe, senza andare troppo per il sottile con le fonti, le loro interpretazioni, i confini delle discipline scientifiche e i loro metodi.
C’è un errore: “Venuto per mare, tornato per terra”, dovrebbe essere “Venuto per aria, tornato per mare”.
Articolo molto interessante, comunque.
Giusto!
Fissiamoci sulle date. Anche perché l’ unica speranza per chi crede che sia vero è trovare documenti scritti coevi. Il migliore sarebbe una carta della galera dove fu rinchiuso come disertore il militare volante, che recasse le motivazioni dell’ arresto. Ebbene tra la data degli eventi (1593) e quella della pubblicazione di Fatti delle Isole Filippine (1609) passano solo 16 anni; quindi le probabilità che Antonio De Morga raccontasse fatti inesistenti o totalmente inventati sono veramente poche. Secondo me “Il lavoro dello studioso razionale” non può essere negazionista a priori. Sennò è il lavoro di Joe Nickell. Poniamoci anche la domanda: quali sarebbero le prove decisive che la vicenda non è mai avvenuta? Dopo secoli sono altrettanto difficili da trovare delle prove contrarie. Consoliamoci con la scena poetica, dal Fiore delle Mille e Una Notte di Pasolini, in cui Franco Citti interpreta un Jinn che abbraccia e trasporta volando sopra il deserto Ninetto Davoli.
“Nel Corano, Maometto enumera tre categorie di jinn: uno
che può volare nell’aria, un altro che penetra nel corpo di
cani e serpenti e uno che si sposta all’interno di un luogo
limitato.”
https://www.lsgobettitorino.edu.it/web2/attachments/article/1056/4.Angeli-demoni-jinn-Gobetti.pdf