A che punto è la notte

Caso irrisolto o leggenda? La storia della “Sconosciuta della Senna”

di Sonia Ciampoli

Le piaceva immaginare che quando passava il mondo intero si girasse a guardarla,
ma era anche consapevole di quanto fosse anonima.
(Alice Sebold)

Questa è una storia antica, su cui non è possibile costruire ipotesi e teorie, eppure rimane misteriosa e sorprendente anche a distanza di duecento anni. Siamo a Parigi, Quai de Louvre, primo arrondissement. È la fine del 1880, lo stesso periodo in cui dall’altra parte della Manica Jack Lo Squartatore inizia a creare la prima icona pop del lato oscuro della modernità. Dalla Senna viene ripescato il cadavere di una giovane donna.

Non c’è nessuna traccia di violenza sul corpo, la morte viene velocemente derubricata a suicidio. Oggi basta aver visto mezza stagione di CSI per sapere che le descrizioni giunte fino a noi non possono parlare di un’annegata: non ci sono gonfiori, macerazioni, né segni di morsi di pesci, ma a quel tempo le tecniche di anatomopatologia erano ancora embrionali.

La salma viene esposta nella vetrina della Morgue, proprio dietro Notre Dame, nella speranza che qualcuno possa riconoscerla. Si usa fare così, con i cadaveri non identificati. I passanti, le gentildonne, persino i bambini sono soliti fermarsi a guardare i corpi attraverso le grandi vetrate: hanno un rapporto diverso con la morte, rispetto a noi moderni. 

Ciononostante, nessuno riconosce la donna, nessuno ne reclama le spoglie. È una morta qualsiasi, magari una poveretta col cuore spezzato, forse sola al mondo, o vittima di qualcuno o qualcosa che l’ha uccisa senza lasciar traccia, per esempio la tubercolosi. Al termine dell’esposizione, quindi, viene sepolta in un’affollata fossa comune. Ma il volto della sconosciuta è giovane e bello e uno degli uomini che lavorano alla morgue decide di prenderne un calco in gesso. Ne esce un viso giovane, con un sorriso appena accennato, confortante quasi. 

Ma è andata davvero così? Leggenda e verità, come spesso accade, s’intersecano senza soluzione di continuità. C’è chi sostiene che la storia della bella annegata nasca a inizio ‘900, e che il volto della maschera sia preso da una giovinetta morta di tubercolosi. Qualcun altro racconta che addirittura fosse viva e vegeta, una sedicenne in ottima salute che si era prestata al calco del volto per consentire ricerche scientifiche o affini.

Gli esperti sono comunque concordi nel pensare che nessun calco può riprendere fattezze così lievi come la curvatura delle labbra, molti sospettano lo si debba al patologo stesso, che magari si è lasciato trasportare dal coinvolgimento emotivo. Che sia stato caso o volontà, quel volto sereno nella morte è così realistico e affascinante da valicare in breve tempo le mura della Morgue e diventare noto tra la gente comune, che inizia a chiedere copie della maschera mortuaria da esporre in casa, trasformandolo in un complemento d’arredo alla moda: la sconosciuta della Senna entra nei salotti di tutta la Francia, e nell’immaginario dell’epoca.  

Tutti amano la povera fanciulla morta nel fiume, il suo volto enigmatico e pacificato diviene ideale erotico, modello di bellezza per le ragazze che si acconciano i capelli come lei, musa di poemi e racconti.  Come ben racconta Ivan Cenzi (Bizzarro Bazar)

“La sconosciuta della Senna apparve in poemi, romanzi, pièce teatrali, novelle – ma non stiamo parlando di libriccini scandalistici. Per farvi capire la statura degli autori che ne scrissero, basta un veloce elenco di nomi: Rilke, Nabokov, Camus, Aragon, più recentemente Palahniuk…”

Nella maggior parte dei casi, la storia narrata vede la maschera diventare un’ossessione per l’uomo che la possiede [1] o – più di frequente – è quella della giovanissima fanciulla che finisce per morire nel fiume col cuore spezzato. [2]

Uno degli omaggi più affascinanti viene probabilmente da Louis Aragon, che lascia aleggiare la Sconosciuta fra i protagonisti del suo Aurélien: il personaggio eponimo possiede infatti una copia della maschera in cui crede di riconoscere le fattezze della sua amata Berenice, la quale infine gli regalerà una nuova maschera in gesso, calcata sul proprio volto.

La prima edizione del romanzo è del 1944, cui seguì una nuova pubblicazione nel 1966. In questa occasione Aragon decise di lavorare con il famoso fotografo dadaista Man Ray. Con una serie di fotomontaggi e inquadrature via specchi, l’artista cercò di ridare vita a quel volto, fino a sovrapporvi varie paia di occhi aperti, con almeno un risultato di vivida ed emozionante verosimiglianza. 

Rimane però irrisolto l’enigma sull’identità della Sconosciuta, da dove venisse, cosa le sia successo, se sia davvero esistita. Non si è mai saputo nulla. Eppure, la sua storia non è mai davvero finita, e periodicamente qualcuno è tornato a inseguirla, magari perché convinto di averla riconosciuta in una cartolina trovata per caso.

Mentre si trovava a Buenos Aires per un convegno su Borges, infatti, Il dottor Harry Battley incappò in una rigatteria nella foto di una donna il cui volto gli sembrava familiare. Rientrato a Londra consultò il testo Das ewige Antlitz. Eine Sammlung von Totenmasken, che potremmo tradurre come Il volto eterno: una collezione di maschere mortuarie, e lì naturalmente gli si parò davanti la Sconosciuta della Senna.

Battley si convinse che era la donna raffigurata nella foto, dove c’era anche un’impronta digitale piuttosto visibile. Era stato un pioniere nello studio e uso delle impronte digitali, ma in questo caso gli fu più utile la spilla che indossava la donna della foto: rintracciò infatti l’autore, un artigiano che l’aveva realizzata per un certo Roland Vittes.

Battley incontrò l’anziana figlia di Vittes e, attraverso le carte del padre che lei gli mise a disposizione, scoprì che l’uomo aveva avuto una relazione con una cantante ungherese di music-hall, Ewa Lazlo, la cui descrizione corrispondeva alla donna della foto. L’impronta digitale non diede risultati in Francia, ma trovò un riscontro invece proprio in Argentina: era quella di un noto ricattatore, Louis Argon. Secondo Battley, Argon avrebbe lasciato la Francia dopo aver tentato, senza successo, di ricattare Vittes per la relazione con Ewa. Vittes avrebbe quindi ucciso la donna gettandola nel fiume di Parigi. 

Possibile? Sì. Probabile? Chi può dirlo, a distanza di così tanto tempo? Quel che è certo è che questa affascinante e rocambolesca storia viene riportata da tutte le fonti a partire da un unico sito, [3] dove viene narrata velocemente, senza evidenze, bibliografie o documenti originali. Non è nemmeno chiarissimo chi sia l’autore del sito e di cosa tratti, visto che le altre pagine sono dedicate a foto, brevi aneddoti, fotomontaggi, e via dicendo.  Più di qualcuno sospetta che la storia di Ewa sia un bel volo pindarico, e qualcun altro sostiene che poi l’autore abbia ammesso che si trattava di un falso. [4]

Nonostante i tentativi, la sconosciuta – qualcuno la chiama anche la Monnalisa dei suicidi – è rimasta sfuggente e inafferrabile, e non ha mai cessato di esercitare il suo fascino, tanto che ancora oggi esiste una famiglia di artigiani francesi che continuano a produrre e vendere le riproduzioni della maschera originale. Non solo: nella storia della Sconosciuta c’è un ultimo e improvviso ribaltamento di trama, una specie di romantica conclusione che sarebbe stato davvero difficile da prevedere.

Siamo a metà degli anni ’50, il dottor Peter Safar svolge studi pionieristici sulle tecniche di resuscitazione cardiopolmonare e si è convinto che, per apprenderla in maniera efficace, le persone debbano poterla sperimentare di prima mano. Cerca quindi qualcuno che possa realizzare un manichino su cui effettuare le simulazioni. Il suo collega Lind gli presenta Asmund Laerdal, produttore di libri e giocattoli per l’infanzia a Stavanger, in Norvegia, il cui maggior successo fino a quel momento è stata una bambola di nome Anne. Laerdal accetta subito di lavorare al progetto, e crea una nuova Anne, ispirandosi proprio al volto della Sconosciuta, che gli era ben noto e che aveva colpito profondamente anche lui. Il nuovo manichino prende il nome Resusci Anne, ed è ancora oggi lo strumento più diffuso al mondo per l’insegnamento delle tecniche di resuscitazione cardiopolmonare.

La Sconosciuta della Senna, che forse è esistita e forse no, forse era viva forse no, il cui viso è stato arte, poesia, moda e souvenir per più di cento anni, oggi è diventata il volto più baciato della storia.

Note

  • [1] Come accade nella prima novella dedicata alla Sconosciuta, The Worshipper of the Image, di Richard le Galliene, pubblicata nel 1900.
  • [2] È questo il caso di Die Unbekannte, scritta da Reinhold Conrad Muschler nel 1934 e diventato un best-seller romantico di tale successo da essere trasposto anche al cinema, per la regia di Frank Wisbar.
  • [3] http://www.johngoto.org.uk/, la storia di Ewa è alla pagina http://www.johngoto.org.uk/framer/9text.htm
  • [4] In The Golden Moments of Paris: A Guide to the Paris of the 1920s, l’autore John Baxter scrive “Un ricercatore l’ha identificato come Ewa Làzlò, un’artista di music-hall ungherese uccisa da un estorsore, ma poi ha ammesso di aver mentito.” Una conferma del falso è tuttavia riportata in un articolo della BBC, che è riuscita a contattare direttamente John Goto (https://www.bbc.com/news/magazine-24534069).

Per approfondire:

Un’approfondita carrellata di tutte le citazioni letterarie dedicate alla Sconosciuta si può leggere a questa pagina, mentre alcuni dei libri citati, tra cui ad esempio The worshipper of the image, sono disponibili gratuitamente sul sito del progetto Gutenberg.

Vale la pena guardare i fotomontaggi in cui Man Ray ha sovrapposto degli occhi aperti al volto della donna.

La storia della famiglia che continua a produrre le riproduzioni del calco è raccontata dal New York Times.

Un accurato approfondimento dell’idea e dell’immagine della Sconosciuta è contenuto in un libro dal prezzo ben poco abbordabile e dal tono forse troppo professorale per il tema trattato, ma comunque interessante: The Drowned Muse: Casting the Unknown Woman of the Seine Across the Tides of Modernity di Anne-Gaëlle Saliot.

Nel museo della città di Stavanger, in Norvegia, è presente un’esposizione permanente dedicata ai giocattoli creati da Laerdal, in cui è possibile anche abbracciare una riproduzione gigante di Anne: è visitabile a questo indirizzo.

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