Giandujotto scettico

Il misterioso Foo fighter di Torino

Giandujotto scettico n°132 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (09/02/2023)

Foo fighters: non è solo il nome di una rock band statunitense; è anche uno dei nomignoli con cui venivano chiamati, dai membri dell’aviazione americana, gli oggetti volanti non identificati che i piloti della Seconda guerra mondiale descrivevano al rientro alle loro basi: luci, strani oggetti sospesi in cielo, o che sembravano muoversi velocissimi… 

Pochi sanno che uno dei primi avvistamenti europei – il primo per cui si disponga di documenti degli archivi militari per il nostro paese – si verificò su Torino, il 28 novembre 1942, ad opera dell’equipaggio di un aereo della RAF che era impegnato in un bombardamento sulla città.

Gli UFO, prima degli UFO

L’era dei dischi volanti cominciò sulla costa occidentale degli Stati Uniti alla fine di giugno del 1947. Per capire come si arrivò alla nascita di questo grande mito contemporaneo, è fondamentale aver presente che non sbucò fuori come un fungo, in una notte. 

A parte i precedenti più remoti, furono determinanti le conseguenze psicologiche della Seconda Guerra Mondiale. Com’è facile intuire, per i sei anni della sua durata vi fu un’enorme quantità di allarmi, segnalazioni, avvistamenti di cose strane nel cielo: in molte parti del mondo la guerra aerea, i bombardamenti e la comparsa nel cielo di tipi di velivoli e di ordigni sempre nuovi erano un timore quotidiano.

Per le prime versioni del mito dei dischi volanti, nel 1947, la paura di una guerra aerea più devastante di quella appena finita e le aspettative per le nuove forme di propulsione dei velivoli, quelle a reazione, furono altrettanto importanti. È possibile dire che uno (non il solo) motivo per il quale il mito dei dischi prese forma è perché, in quelle settimane estive del 1947, sorse un nuovo genere di folklore negli ambienti aviatori e in quelli militari americani: quello dei misteriosi velivoli dalla forma insolita che piloti ed equipaggi di aerei civili e militari avevano cominciato a notare e a descrivere nei loro ambiti professionali e nelle loro burocrazie. 

Questa fase di folklore aviatorio però fu preceduta da un’altra molto più ampia che toccò le forze aeree degli Stati Uniti e della Gran Bretagna durante la Seconda Guerra Mondiale, ma in modo più intenso la seconda parte di essa: la fase dei Foo fighters, appunto.

Oggi disponiamo di migliaia di pagine di documenti d’archivio che raccontano avvistamenti di corpi volanti di ogni genere da parte degli aviatori alleati, di norma sui cieli dell’Europa occidentale. Tutti temevano che potesse trattarsi di armi contraeree tedesche, o di nuovi aerei da caccia; ma di norma queste luci, globi di fuoco, siluri, sfere e via descrivendo non facevano nessun danno. Già da allora, parte degli addetti alla valutazione dei rapporti sospettavano equivoci, confusioni, errori dovuti alla tensione e alla presenza di cose – reali – che in quegli anni si muovevano a migliaia nei cieli del continente, oppure a fenomeni elettromagnetici come i fuochi di sant’Elmo, o a riflessi della luce sui cristalli di ghiaccio… E così via.

Nemmeno l’Italia restò indenne dalla paura dei Foo fighters (questo è uno dei nomignoli dati ai corpi misteriosi, che pare sia nato nell’autunno del 1944 dalle discussioni interne a un’unità dell’Aeronautica americana, il 415° Squadrone caccia notturni). Uno di noi in passato ha descritto una parte di ciò che è emerso dagli archivi circa i casi segnalati sul nostro paese (qui, pp. 7-14, e qui, pp. 31-38). Noi oggi vogliamo fermarci in dettaglio sulla storia che ebbe per teatro i cieli del Piemonte, anzi, quelli intorno a Torino, nel corso di una notte molto difficile per la città e i suoi dintorni.

La campagna di bombardamenti dell’autunno 1942

A fine ottobre 1942 le sorti militari dell’Italia avevano ormai cominciato a volgere verso la catastrofe che poi si sarebbe compiuta nell’estate dell’anno successivo. In Africa settentrionale, al confine fra Libia ed Egitto, il Regio Esercito e l’Afrikakops tedesco avevano subito la disfatta catastrofica di El Alamein, e stavano rapidamente ripiegando verso Tripoli. In Jugoslavia un gran numero di reparti italiani era impegnato nella guerriglia logorante contro le formazioni partigiane, sempre più organizzate e fra le quali primeggiavano i comunisti di Tito. In Unione sovietica, sul fronte meridionale, dove erano dislocate le nostre unità, ben presto si sarebbe giunti al disfacimento del corpo di spedizione italiano, intrappolato lungo il corso del fiume Don e con le sue divisioni alpine rapidamente distrutte dalle controffensive sovietiche. 

Convinti che l’Italia fosse il ventre molle dell’Asse, gli angloamericani avviarono la prima, grande campagna di bombardamenti aerei sulle città del triangolo industriale compreso fra Milano, Torino e Genova e sui grandi centri del sud, in primo luogo Napoli e il suo porto. 

Nella notte fra il 18 e il 19 novembre del 1942, 71 bombardieri britannici colpirono gli stabilimenti della Fiat, nella borgata Lingotto, l’arsenale, innumerevoli abitazioni civili e la fonderia Nebiolo. Era solo il preludio. Tre sere dopo, il 21 novembre, sulla città giunsero quasi indisturbati 198 aerei inglesi che danneggiarono la Fiat, la SNIA, la centrale elettrica AEM, l’ospedale Martini, i teatri Maffei e Chiarella e la sinagoga ebraica. Al mattino dopo il prefetto ordinò l’inizio dello sgombero di massa della città: in poche ore decine di migliaia di torinesi avevano già lasciato il centro abitato, e un numero ancora superiore di abitanti si sarebbe disperso nelle province limitrofe nel corso delle settimane seguenti. 

Il tremendo attacco del 28 novembre e il misterioso oggetto volante

La sera del 28 novembre 1942 Torino fu attaccata di nuovo dall’aviazione inglese, stavolta con una potenza senza precedenti. Non solo fu colpita ancora la Fiat, ma anche gli ospedali San Giovanni, Mauriziano e Martini. La stazione ferroviaria di Porta Susa ne uscì semidistrutta. Fra le 371 tonnellate di ordigni, per la prima volta piovvero su una città italiana diverse bombe blockbuster da 3,6 tonnellate. Il bombardamento durò 80 minuti. Ci furono 67 morti e 83 feriti.

Gli aerei erano decollati dalla base aerea di Syerston, nel Nottinghamshire: si trattava di 228 bombardieri pesanti AVRO “Lancaster”, nove dei quali erano parte del 61° Squadron da bombardamento della Royal Air Force. Del complesso degli aerei, 194 arrivarono sull’obiettivo dopo aver costeggiato le Alpi svizzere, rilasciarono il loro carico e presero la via del ritorno verso l’Inghilterra. 

Rientrati alle 3 del mattino a Syerston, ecco la sorpresa. Il warrant officer (un grado da sottufficiale) R. Lever, che pilotava il bombardiere con numero d’identificazione W4767/QR-J, informò l’unità per l’intelligence del 61° Squadron che lui e il suo equipaggio avevano visto qualcosa di strano: e non per una, ma per ben due volte! L’avvistamento di un grosso oggetto in cielo, con “quattro coppie di luci rosse”, era avvenuto subito dopo aver sganciato i suoi cookies (bombe da 4000 libbre) sulla città, appena dopo aver preso la via del ritorno verso la base. In quel momento, il “Lancaster” si trovava a circa 10-15 miglia (quindi, fra 16 e 24 chilometri) a sud-ovest di Torino; possiamo ipotizzare che stesse volando su una zona non troppo distante da Pinerolo, ed è plausibile che si trovasse in quell’area perché stava effettuando una virata per poi proseguire verso nord-ovest, cioè in direzione del confine francese, e poi a ovest della frontiera svizzera. Cinque minuti dopo, sorvolando una non meglio identificata “valle alpina”, l’avvistamento si era ripetuto.

I membri dell’equipaggio (sette uomini in tutto) furono ripetutamente interrogati, e confermarono quanto avevano visto; della cosa s’interessarono sia il comandante della loro unità, il wing commander Richard Coad, sia il comandante della base di Syerston, il group captain George Walker. 

I documenti sull’episodio, pubblici da molti anni insieme a migliaia di altri riguardanti i Foo fighters, sono conservati presso i National Archives di Londra e presso altre istituzioni archivistiche (gli estremi di collocazione delle fonti sono: AIR 27/577/46, Records of Events, No.61 Sqdn, November 1942; Personal Report No.21 On Operations Night 28/29 Nov 1942, Personal Report No.21 On Operations Night 28/29 Nov 1942, Force Historical Research Agency).

Il rapporto ufficiale

Il 2 dicembre del 1942 il group captain Walker (anche se per tramite di un ufficiale del suo staff) inviò un rapporto dettagliato al quartier generale del 5° Gruppo del Comando bombardieri della RAF, che si trovava nella cittadina di Grantham, nel Lincolnshire. Era indirizzato all’attenzione di un certo maggiore J. B. Mullock, che in realtà era un ufficiale dell’artiglieria contraerei dell’esercito. Cosa interessante: Mullock aveva partecipato all’incursione del 28 novembre, ed era a bordo di un altro “Lancaster”, dal quale studiava il tiro della difesa contraerea italiana. Mullock, tuttavia, non vide niente d’insolito.

Questa è la traduzione del documento:

Rapporto dell’equipaggio dello Sqdn. 61, velivolo “J”, comandante warrant officer Lever, su un oggetto visto durante il raid su TORINO, notte del 28-29 novembre 1942

L’oggetto a cui ci si riferisce sopra è stato visto dall’intero equipaggio del succitato aereo. [L’equipaggio] reputa che avesse 200-300 piedi di lunghezza [60-90 m, NdT], mentre la sua larghezza è stata stimata in 1/5 o 1/6 della sua lunghezza. La velocità è stata valutata in 500 miglia orarie [805 km/h, NdT], e aveva quattro coppie di luci rosse distribuite ad egual distanza lungo la sua lunghezza. Queste luci non somigliavano in alcun modo a fiamme di scarico; non ne è stata vista alcuna traccia. L’oggetto si manteneva all’altezza del cruscotto. L’equipaggio ha visto l’oggetto due volte durante il raid, e un breve sommario viene fornito di seguito.

(i) Dopo il bombardamento, ore 22.40, quota del velivolo 11.000 piedi [3400 m, NdT]. In questa occasione il velivolo si trovava a 10-15 miglia a sud-ovest di Torino e si muoveva in direzione nord-ovest. L’oggetto viaggiava verso sud-est alla stessa altezza o a un’altezza leggermente inferiore rispetto a quella dell’aereo. 

(ii) Dopo il bombardamento, ore 22.45, quota del velivolo 14.000 piedi [4300 m, NdT]. L’aereo si stava avvicinando alle Alpi quando l’oggetto fu visto di nuovo mentre si dirigeva verso ovest-sud-ovest, lungo una valle delle Alpi, al di sotto del livello delle vette. Le luci apparvero spegnersi e l’oggetto scomparve dalla vista. 

Il comandante del velivolo riferisce anche di aver visto un oggetto simile circa tre mesi fa a nord di Amsterdam. In quell’occasione sembrava essere a terra e successivamente si sarebbe mosso ad alta velocità lungo la costa, a una quota inferiore rispetto alle altezze sopra indicate, per circa due secondi; le luci poi si spensero per lo stesso periodo di tempo e si riaccesero, e si vide ancora l’oggetto che viaggiava nella stessa direzione.

Sappiamo che il rapporto inviato dal comando della base RAF di Syerston giunse a uno dei più alti ufficiali della RAF, il vice-maresciallo dell’Aria Sir William Alec Coryton (1895-1981), presso il quartier generale del Comando Bombardieri. Il rapporto era accompagnato da una nota che così diceva:

Si allega copia di un rapporto ricevuto dall’equipaggio di un “Lancaster” dopo un’incursione su Torino. L’equipaggio si rifiuta di modificare la propria versione, [anche] a fronte del ridicolo e delle solite battute. 

Troppe poche informazioni per un’identificazione

La storia del Foo fighter di Torino resta senza una risposta chiara. Troppo distante nel tempo, e troppo stringata la descrizione sopravvissuta. Si potrebbe pensare a un altro aereo mal interpretato dall’equipaggio, ma questa vicenda interessante si colloca comunque in quella che lo scettico americano Mick West chiama LIZ, o Low Information Zone, che poi è quella dove di norma si collocano i casi UFO che rimangono nell’ambiguità, come è appunto questo. 

Graeme Rendall, uno storico dell’aviazione appassionatosi agli Ufo autore di un librone che raccoglie un’enorme quantità di documenti su Foo fighters e simili della Seconda Guerra Mondiale (UFOs Before Roswell: European Foo Fighters 1940-1945, 2021), ha ricostruito con cura anche il caso di Torino. Dedica tre pagine (57-59) per spiegare che non poteva, in specie per la velocità menzionata nel rapporto (800 km/h), trattarsi di prototipi di reattori tedeschi, oppure di grandi aerei da trasporto, ma ben più lenti degli altri generi di aerei allora in servizio.

In realtà lo stesso rapporto del tempo fa capire come ragionassero gli avvistatori: il pilota diceva di aver visto tre mesi prima, mentre si trovava sull’Olanda occupata dai tedeschi, un oggetto simile a quello di Torino, ma che almeno all’inizio “sembrava essere a terra”. Collocava dunque l’esperienza nel contesto in cui è logico leggere queste fonti: la necessità di riferire con estrema cura qualsiasi frammento d’informazione potesse risultare utile a far capire di che cosa disponevano le potenze dell’Asse per la loro guerra. Come avverrà molte altre volte per gli avvistamenti dei Foo fighters del 1944-45 e poi per il gran numero di avvistamenti di dischi volanti fatti sull’America da parte di piloti all’esordio del mito Ufo, nell’estate del 1947 (oggi gli storici dell’ufologia ne conoscono almeno cinquanta in un paio di mesi), le prestazioni descritte erano superiori a quelle attese per le migliori tecnologie del tempo, ma non folli, non marziane: descrivevano il progresso aeronautico atteso (nel nostro caso 800 chilometri all’ora invece dei 600 di un caccia “Spitfire”, ad esempio), ma non di più. 

Era quello che temevano, era quello che si aspettavano, era quello che discutevano – ed era quello che vedevano. Che poi il warrant officer Lever e i suoi compagni potessero aver dato valutazioni errate di ciò che avevano osservato, e che su cose di questo genere non si costruisce granché, non fa parte dell’orizzonte dell’ufologia. Sarebbe delitto di lesa maestà, giacché la testimonianza è sacra, e l’aneddoto va trasmesso e preservato con la maggior cura possibile, in aeternum

Così vive, spesso, l’ufologia.

Immagine di copertina: le bombe “cookies” da 4000 libbre in dotazione alla RAF, con un aereo Avro Lancaster sullo sfondo. Da qui, pubblico dominio.