L’uomo che indagò in solitaria sulle Bestie di Satana. Intervista a Michele Tollis
L’incontro con Michele Tollis inizia davanti al cimitero di Cologno Monzese. Dà l’impressione di un uomo mite, ma con un carattere forte e determinato. Mi porta davanti alla tomba di suo figlio Fabio, ucciso a sedici anni insieme a Chiara Marino, diciannovenne, da coloro che si professavano loro amici. È la nota vicenda delle “Bestie di Satana”: la notte del 17 gennaio 1998, i due ragazzi furono attirati in un bosco di Somma Lombardo con la scusa di un rito di evocazione del demonio. I cadaveri, occultati dagli assassini, furono individuati solo nel 2004, dopo la riapertura delle indagini in seguito a un nuovo omicidio. “È per me un successo averlo portato qui. Sono riuscito a ritrovarlo, a portare a casa lui e Chiara”, afferma. Fu proprio Tollis, infatti, a risultare determinante nella risoluzione del caso, indagando e raccogliendo elementi in prima persona.
Tollis, quando ha deciso di indagare per conto proprio sulla scomparsa di Fabio e Chiara?
Non avevo esperienza investigativa, non ho nemmeno fatto il militare, ma nella mia famiglia la correttezza, l’onestà e le regole sono valori fondamentali, per me come per i miei genitori, i miei fratelli. Dopo la scomparsa di Fabio e Chiara, nel 1998, ho sporto subito denuncia e ho sbattuto la testa dappertutto per cercare mio figlio, ho contattato anche i parenti in Canada e Australia per cercare notizie. Nel frattempo coloro che credevo semplici amici di Fabio frequentavano la mia casa, mi stavano intorno e io ho avuto l’impressione che il motivo delle visite fosse capire che cosa sapessi. Chiara Marino non la conoscevo prima della scomparsa, ho contattato solo allora i suoi genitori.
Decisi di raccogliere informazioni da solo visto che le autorità non sembravano interessarsi molto alla vicenda. Una persona di Corsico mi riferì di aver notato persone che mio figlio conosceva praticare “riti strani” di sera. Passò del tempo e il 27 gennaio 1998 partecipai per la prima volta alla trasmissione “Chi l’ha visto?”, dando i dati degli scomparsi, ma non emerse nulla. Dopo 50 giorni si fece un altro passaggio, il regista del programma, Giuseppe Bellecca, contattò Lina Marino, mamma di Chiara. La donna mostrò l’altare di Chiara, dedicato al diavolo, emerse l’elemento “satanico” della vicenda. Nel marzo 1998, Bellecca mi chiamò all’una di notte e mi chiese se avessi sentito parlare di sette e culti satanici. Per me era solo letteratura, non ne sapevo nulla. Lui mi riferì il racconto della Marino, che era comparso anche nel servizio a “Chi l’ha visto?”. Da quel momento, i sospettati sparirono, non vennero più a casa mia e di mia moglie.
Quale metodo ha scelto di adottare nella raccolta delle informazioni?
Subito dopo la scomparsa e per gli anni successivi iniziai a frequentare il pub Midnight, dove era scomparso Fabio, per cercare indizi. Anche lì c’era un altare satanico, pur essendo evidente l’intento folkloristico, quindi ritenni che potesse essere una pista e continuai in questa direzione. Mi calai totalmente nelle vesti del metallaro, ho iniziato ad andare ai concerti metal, (compreso il festival di Wacken in Germania) un ambiente che frequentavo già per via del gruppo di mio figlio, gli Infliction. Ho cercato di analizzare ogni dettaglio della vita di Fabio, di fare un suo ritratto psicologico fin da quando è nato, anche se l’ho sempre seguito molto. Era un cantante e bassista, oltre che polistrumentista: suonava anche la batteria. Mi ha trasmesso la passione per il metal. Mi sono presentato agli organizzatori di diversi concerti con la denuncia di scomparsa e ho chiesto aiuto alla direzione: il tecnico delle luci illuminava le persone per consentirmi di osservarle, il buttafuori centellinava gli ingressi ed io ero lì con lui. Ho pensato che Fabio fosse stato coinvolto da un qualche santone, forse conosciuto al Midnight, in un’organizzazione settaria, approfittando della sua giovane età.
Notò altri comportamenti sospetti tra gli amici di Fabio?
Nel contempo ho cercato di fare il ritratto psicologico dei sospetti, di quelli che erano lì la sera della scomparsa. Leoni mi era stato addosso quella notte, mi aveva dato il numero di casa Marino. Ho passato l’estate a fare ricerche, gli altri ogni tanto comparivano, altre volte sparivano. Leoni cercava di rassicurarmi sul fatto che Fabio e Chiara fossero scappati insieme, anche se in seguito ha fatto finta di conoscere appena Fabio. Io venni a conoscenza del fatto che il giro frequentato da mio figlio si faceva chiamare “Circus of Satan”.
Cosa fu sottovalutato nelle indagini del 1998? Che rapporto ha mantenuto con le forze dell’ordine durante gli anni di indagini solitarie?
Con le forze dell’ordine ho consumato i marciapiedi e i citofoni chiedendo di entrare. Sono stato ad esempio alla caserma di Cologno, di Corsico, al Tribunale dei Minori, alla Questura di Milano, ma ho trovato un muro di gomma: non mi credevano, mi prendevano per matto, non hanno fatto niente. Dopo due mesi dalla denuncia di scomparsa del ‘98, andai a fornire i nomi dei sospettati, in una denuncia integrativa. Non partirono nemmeno con le ricerche, chiamarono solo per il riconoscimento del corpo di un ragazzo con i capelli lunghi, ma non era mio figlio. I dati di Fabio vennero inseriti in un database per minori scomparsi, oltre che forniti all’Interpol, ma era come dare la caccia ai fantasmi.
Avrebbero dovuto mettere qualcuno alle calcagna dei ragazzi che frequentava Fabio, prima o poi avrebbero commesso qualche errore. Invece furono semplicemente ascoltati come persone informate sui fatti. Diedero tutti la stessa versione, identica parola per parola, ciò avrebbe dovuto destare dei sospetti. Nel 2003 il caso di Fabio e Chiara venne archiviato come fuga volontaria, per la quale la mia famiglia fu perfino indagata in precedenza: fui sorvegliato anche sul posto di lavoro.
Senza l’omicidio di Mariangela Pezzotta nel 2004 non si sarebbe mai arrivati alla verità. Per fortuna, dopo il 2004, le istituzioni hanno fatto il loro dovere. Il maresciallo che raccolse la denuncia di scomparsa di Fabio e Chiara si scusò in seguito, ma non ci furono ripercussioni.
Arriviamo all’omicidio di Mariangela Pezzotta, quando si presentò ai carabinieri di Somma Lombardo la mattina del 25 Gennaio 2004.
Io ero in convalescenza a seguito di un’operazione, mi trovavo a casa a guardare il tg regionale di mezzanotte. Sentii del delitto, poi nel servizio si giunse ai nomi: Andrea Volpe aveva ucciso la ex fidanzata Mariangela Pezzotta. Mi si “drizzarono le antenne”. La notte non dormii, i pensieri si collegavano e prendevano forma. La mattina dopo mi recai dai carabinieri, in stazione c’era il comandante Michelangelo Segreto. Io non avevo mai perso di vista le persone su cui avevo sospetti, perché sapevo che mi avrebbero portato da Fabio e Chiara prima o poi. Avevo raccolto ogni indizio possibile, preso nota di ogni telefonata anonima che ricevevo, ogni minima informazione.
Mi presentai con una grossa borsa nera. Dentro c’erano le mie agende di appunti, presi in modo non metodico, note sulle telefonate anonime, il diario di Fabio in cui non si parlava mai di Chiara, elemento che smentiva ulteriormente la tesi della fuga d’amore. Parlai con Segreto per quattro ore, fu verbalizzato tutto.
Qualche giorno dopo tornai in caserma a Somma Lombardo ed ebbi un colloquio con il tenente Enzo Molinari. Quando capì che avevo materiale interessante e che ero disposto a firmare il verbale di quanto sostenevo, mi prese sul serio e mi chiese, una volta chiuso il verbale, come mai, secondo me, Volpe avrebbe ucciso la Pezzotta. Io risposi che Mariangela si era distaccata da Volpe e, dal modo in cui l’avevano uccisa lui e la Ballarin, (in quel momento si sapeva con certezza solo che le avessero sparato in bocca) si poteva pensare che fosse per farla stare zitta o perché avesse già raccontato qualcosa sulla fine che avevano fatto Fabio e Chiara. Riferii che secondo me loro erano stati ammazzati e nascosti da qualche parte.
In seguito, cercò di collegare Volpe, Sapone e gli altri del gruppo frequentato da suo figlio alla scomparsa di Fabio e Chiara.
Valutai con la redazione di “Chi l’ha visto?” e con i procuratori Pizzi e Masini la possibilità di ottenere qualche indizio concreto tramite la trasmissione. Organizzammo quindi una “puntata-trappola”, allo scopo di suscitare una reazione da parte dei sospettati. La trasmissione andò in onda l’otto marzo del 2004. Fui seguito dallo stesso regista, Giuseppe Bellecca: venne registrato un servizio in cui mi chiesero delle mie scoperte in sei anni di ricerche e io risposi facendo i nomi (senza cognomi) di coloro su cui avevo sospetti, mostrando le loro foto, affermando che mio figlio faceva parte del gruppo. Intanto i sospettati, che venivano intercettati telefonicamente e a livello ambientale, cascarono in pieno nella trappola, fecero affermazioni compromettenti, come: “A quello gli facciamo fare la fine di suo figlio, andrò a Cologno per vedere dove passa, se lo trovo con la macchina lo tiro sotto.”
Queste intercettazioni portarono all’arresto di Volpe, il primo a confessare, e degli altri. Guerrieri confessò al padre, in un’intercettazione raccolta in auto, i dettagli del duplice omicidio di Fabio e Chiara. Le dichiarazioni di Volpe vennero rese note tramite la conferenza stampa del 4 giugno 2004, momento in cui divenne di pubblico dominio il nome “Bestie di Satana”. La ricerca dei corpi avvenne con le forze dell’ordine, con l’ausilio del medico legale Cristina Cattaneo, degli entomologi forensi e dei cani molecolari, ma dopo sei anni il bosco naturalmente era cambiato, era un compito difficile. Fu solo con il sopralluogo fatto con Volpe in manette, portato dal Maresciallo Notaro, che si riuscì a trovare i resti di Fabio e Chiara, devastati da ferite terribili.
La figura di Andrea Volpe, uno dei carnefici che maggiormente ha collaborato con la giustizia, risulta particolarmente ambigua.
Mi capitava di vedere Volpe al pub Midnight (aperto fino al 2005), lo chiamavo il ciarliero, una volta mi disse: “Signor Tollis, per aiutare lei, non possiamo rovinarci noi. Anche se sapessimo dove è Fabio, non glielo diremmo, saremmo solidali con lui, se è andato via di casa avrà avuto i suoi motivi”. Pensavo allora fossero sotto il controllo di qualche santone, che avessero un patto di segretezza. Dopo tempo ho accettato di incontrare Volpe in carcere, con la giornalista Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera: speravo di ottenere da lui ulteriori informazioni su eventuali altri livelli, altre persone coinvolte al di sopra degli imputati, visto che aveva “vuotato il sacco” fino a quel momento, ma invece niente, ha solo abbassato gli occhi. Ho chiesto di interrompere l’incontro perché ho capito che lo aveva fatto probabilmente per convenienza, per ridurre ulteriormente la sua pena. Devo dire che credo sia raro che il padre di una vittima di assassinio vada a trovare uno dei suoi carnefici in carcere.
Ritiene che l’etichetta “satanismo” sia a volte usata in modo improprio, ad esempio per giustificare facilmente violenza che ha altre cause?
Ho avuto un’educazione cattolica e ho ricevuto i sacramenti, ma da quando ho capito che Fabio non c’era più sono diventato miscredente, per cui non credo nemmeno in Satana. Per quanto riguarda i gruppi a sfondo satanico, ho avuto contatti ad esempio con J. M. della USI (Unione Satanisti Italiani, N.d.a.), oltre che con i “Bambini di Satana” di Bologna (che ho conosciuto per via di una segnalazione che riferiva di aver visto Fabio e Chiara con M. D., presidente dei Bambini di Satana, ma si trattava di uno scambio di persona) e tutti hanno preso completamente le distanze dall’idea di fare del male alle persone. Ho scoperto, indagando su questi gruppi, un mondo di vizi sessuali, di orge, di stili di vita alternativi e trasgressivi, ma nulla di violento, nessun sacrificio umano. M.D. mi aiutò, dandomi conferma che Fabio e Chiara non facevano parte della sua associazione. Il male delle Bestie di Satana è stato fatto da persone umane naturalmente, ma forse l’idea del diavolo, la loro forte convinzione, li ha uniti, li ha spinti fino al punto di non ritorno. Li paragonerei all’estremismo politico, una forma sbandata e folkloristica di culto satanico.
Quali falsità ritiene si siano dette sul caso di Fabio?
A volte c’è stato poco rispetto per le vittime. Fabio è stato a volte accomunato ai satanisti, alcuni hanno detto che se l’era cercata inserendosi in determinati ambienti, colpevolizzandolo senza rispetto e senza considerare che aveva solo sedici anni.
Come mai furono scelti proprio loro?
Non c’è una risposta. Non ho mai avuto una risposta credibile, convincente. Il gruppo delle Bestie è rimasto profondamente coeso, per tutti gli anni tra il 1998 e il 2004, senza mai farsi sfuggire una parola. E nonostante le informazioni che alcuni di loro hanno fornito, non è mai emerso un vero e proprio movente.
Ci sono ancora punti poco chiari in questa vicenda?
C’è la vicenda di Christian Frigerio, scomparso a Carugate il 14 novembre del 1996. Secondo la madre, aveva avuto contatti con le Bestie di Satana: lei ritiene che potrebbe essere una vittima collaterale. Ho ricostruito la vicenda della sua scomparsa. Maccione ritiene che sia stato ucciso e seppellito alla Cava Increa, ma la zona è stata completamente modificata, oramai sarebbe impossibile ritrovarlo. Ci sono state altre morti, suicidi e scomparse sospette che avevano avuto a che fare coi condannati, ma non si sono mai fatte indagini molto approfondite. Io sono soddisfatto di aver almeno fatto ritrovare Fabio e Chiara e aver dato loro una degna sepoltura.