Benefici e rischi della carne coltivata, in breve
di Laura Gagliardi
Sicuramente molti di voi avranno sentito parlare della carne sintetica (o più propriamente carne coltivata, in inglese spesso definita clean meat). Il recente dibattito a livello europeo e nazionale ha catapultato questo prodotto da materia tecnico-scientifica di nicchia ad argomento di interesse collettivo.
Quello che fino a poco tempo fa sembrava solo fantascienza, adesso è il focus di svariate aziende e start up che sperano di inserirsi nel mercato internazionale della carne. La Food and Drug Administration statunitense ha recentemente appurato la sua sicurezza aprendo le porte alla sua commercializzazione negli Stati Uniti. In questo contesto, cerchiamo di fare chiarezza su cos’è la carne coltivata, cosa non è, come si produce, e qual è il suo futuro nel nostro sistema alimentare.
Cos’è la carne coltivata (e cosa non è)
Quando parliamo di carne coltivata, non parliamo né della carne prodotta con metodi tradizionali in allevamento, né delle alternative vegetali (o plant-based), che utilizzano vari tipi di prodotti vegetali per replicare la consistenza e l’apporto proteico della carne, pur non utilizzando nessun ingrediente di origine animale.
La carne coltivata è realizzata in laboratorio tramite l’utilizzo di bioreattori (per saperne di più clicca qui). Per produrla si preleva una certa quantità di cellule staminali da un animale e le si fanno replicare immerse in una coltura di nutrienti. In questo modo è tecnicamente possibile produrre una grande quantità di carne a partire da una quantità ridotta di cellule. La carne coltivata è quindi, dal punto di vista biologico, identica a quella tradizionale.
Quali sono i benefici
I benefici della carne coltivata sono diversi: uno riguarda sicuramente la questione etica e dei diritti degli animali. Questa tecnologia permetterebbe di produrre grandi quantità di carne senza l’uccisione dell’animale da cui provengono le cellule.
Diversi studi concludono inoltre che questo tipo di produzione permette un utilizzo minore di energia e una riduzione di emissioni nocive nell’ambiente. È noto che gli allevamenti e le attuali produzioni di carne sono un importante fattore del cambiamento climatico: il settore agricolo contribuisce per quasi un quarto delle emissioni di gas serra nell’atmosfera, la maggior parte delle quali sono dovute all’allevamento. Questo settore, inoltre, utilizza elevate quantità di acqua. Tenendo conto che il consumo di carne è in aumento a livello mondiale, guidato principalmente dai paesi emergenti, sono necessarie soluzioni che permettano un impatto ambientale minore.
Secondo uno studio dell’Università di Oxford, rispetto all’impatto delle industrie alimentari tradizionali, la produzione di carne coltivata permetterebbe di ridurre del 96% le emissioni di gas serra e di consumare il 45% in meno di energia, il 99% in meno di terreni, e il 96% in meno di acqua. Una produzione strettamente controllata permetterà inoltre di eliminare eventuali malattie e di evitare l’utilizzo di antibiotici.
Quali sono i possibili problemi
Attualmente questo tipo di produzione non ha la capacità di essere riprodotta su larga scala e quindi non è, per il momento, in grado di competere con l’industria della carne a livello globale. Per questo, e per gli elevati costi di produzione e manodopera, il prezzo della carne coltivata è estremamente elevato. I prossimi obiettivi degli addetti ai lavori sono infatti quelli di aumentare le quantità prodotte, diminuire i costi di produzione, e di conseguenza, di vendita.
Un altro problema riguarda il superamento della resistenza del consumatore, dovuta all’effetto di novità e alla scarsa familiarità con il prodotto e il metodo di produzione. È possibile che l’esitazione di grandi parti della popolazione renderà, almeno in un primo momento, difficile la diffusione della carne coltivata anche una volta che saranno superate le difficoltà tecniche.
Infine, problematiche transitorie meno pubblicizzate ma che andranno affrontate sono costituite dalle conseguenze economiche sul settore dell’allevamento di bestiame. L’introduzione di un nuovo prodotto sul mercato potrebbe creare elevati livelli di disoccupazione tra gli attuali operatori del settore, e una trasformazione del mercato dell’industria della carne. Un’ultima considerazione riguarda l’accessibilità: se e quando questa tecnologia entrerà nel mercato, sarà necessario fare in modo di garantire un accesso equo ai suoi benefici: sarà possibile per gli allevatori trasformare le loro produzioni? Come si garantirà l’accesso a questo nuovo mercato alle realtà agricole più piccole?
La situazione in Italia
Un recente disegno di legge licenziato in Consiglio dei Ministri prevede il divieto di produzione, di commercio e importazione sul territorio italiano della carne coltivata, per utilizzo sia umano che animale. Questa legge arriva a seguito di una mobilitazione di Coldiretti, che ha coinvolto amministrazioni locali in una campagna di raccolta di firme contro la carne coltivata. Obiettivi dichiarati della legge sono quelli di tutelare la salute pubblica e preservare il patrimonio agroalimentare italiano.
Tuttavia, nel caso i prodotti coltivati fossero approvati a livello europeo, il divieto di importazione cadrebbe di fronte a prodotti fabbricati o commercializzati in altri stati membri dell’UE. In base al principio di libera circolazione dei beni, l’Italia non ne potrebbe vietare la distribuzione sul territorio nazionale.
Quale sarà il futuro della carne coltivata? Le prove indicano che in un primo momento la produzione si concentrerà su prodotti come hamburger, crocchette di pollo, o anche foie gras (come sta facendo una start up francese), che sono meno strutturati e quindi più semplici da ricreare. Tuttavia, se gli avanzamenti tecnologici continueranno con la rapidità attuale, molto presto potremo essere in grado di scegliere tra diversi tipi di produzione di carne, il che ci metterà di fronte a diversi livelli di scelte etiche, economiche e morali.
Chi voglia avere un assaggio del futuro, può provare la carne coltivata negli unici due ristoranti al mondo che la servono attualmente: il The Chicken in Israele e il Restaurant 1880 a Singapore.