9 Novembre 2024
Approfondimenti

Sostituzione etnica, storia e diffusione di un’ambigua teoria del complotto

“Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica”. Le parole del ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, pronunciate durante un dibattitto sull’apporto dei migranti in un’Italia in pieno tracollo demografico, hanno fatto saltare in molti dalle sedie, perché il termine usato dal ministro – sostituzione etnica – fa parte di un preciso linguaggio complottista la cui matrice è il suprematismo bianco, l’ideologia che potremmo definire quella oggi più vicina al razzismo di stampo nazista. In questa concezione, l’idea di allentare le barriere d’ingresso in Italia (e negli altri paesi europei) per favorire una più massiccia immigrazione, di cui oggi si discute come possibile soluzione alle carenze d’organico di molti settori, risponderebbe a un preciso piano di sostituzione dell’etnia bianca occidentale con popolazioni di origini straniera, segnatamente africane.

“È difficile immaginare che si possa fare un Tedesco a partire da, diciamo, un Negro o un Cinese, soltanto perché ha imparato il Tedesco ed è pronto a parlarlo per il resto della sua vita, e a votare per qualche partito politico Tedesco”, scriveva Adolf Hitler nel Main Kampf, esprimendo un concetto che non è mai tramontato ed è alla base dell’opposizione al concetto di ius soli (il riconoscimento della nazionalità italiana a coloro che nascono sul suolo italiano, a prescindere dalla nazionalità dei genitori, su cui invece si fonda lo ius sanguinis). “Questo processo significherebbe l’inizio dell’imbastardimento della nostra razza, nel nostro caso non una Germanizzazione, ma la distruzione dell’elemento Tedesco”: così continuava Hitler, che nella ‘mescolanza del sangue’ vedeva soltanto il rischio di “abbassare il livello della razza superiore”, quella ariana. Da allora, la teoria della sostituzione etnica ha fatto molta strada in modi molto singolari, mimetizzandosi e assumendo in America i contorni di un rinnovato odio razziale nei confronti dei neri – che ha portato ai recenti conflitti negli USA – per fondersi invece in Europa con l’islamofobia dopo l’11 settembre.

Non è un caso che a promuoverla maggiormente siano stati due romanzi. Il complottismo, come ha da tempo dimostrato uno dei suoi massimi studiosi, Michael Barkun, si fonda sull’inversione tra fatti e finzione (fact/fiction reversal), dove cioè la fiction, l’invenzione, passa per vera, mentre i fatti reali sono considerati invenzioni (come nel caso degli attentati terroristici liquidati da molti complottisti come false flag, ossia messe in scena dei poteri forti). Questi due romanzi sono Il campo dei santi (1973) di Jean Raspail e i Turner Diaries (1978) di Andrew MacDonald, pseudonimo di William Pierce, tradotti in italiano nel 2015 con il titolo La seconda guerra civile americana. Partiamo da quest’ultimo. Oggi i Turner Diaries sono ben noti per essere ispirazione del terrorismo suprematista negli Stati Uniti, a partire dal grande attentato di Oklahoma City (1995), che prese di mira un edificio federale esattamente come accade nel romanzo, fino all’ultima strage suprematista, quella di Buffalo (2022), in cui un ragazzo di appena 18 anni imbevuto di convinzioni ultra-razziste ha ucciso 10 afroamericani in un supermercato.

L’autore del romanzo, già braccio destro del fondatore del Partito nazista americano, George Lincoln Rockwell, e poi leader della National Alliance, una federazione di movimenti razzisti di ultra-destra, aveva abbandonato a una promettente carriera accademica come fisico convinto di star assistendo alla realizzazione di un grande complotto ebraico. Ambientato in un prossimo futuro (che nel romanzo è il 1991), i Turner Diaries raccontano del tentativo di leali cittadini americani (bianchi) di opporsi al piano sionista di sostituzione etnica il cui primo passo è una legge che abolisce il secondo emendamento della costituzione americana, abrogando così il diritto di possedere armi, con il risultato di far cadere il paese nell’anarchia e permettere ai neri (sempre chiamati niggers nel libro) di impossessarsi del potere. Contro questo stato di cose l’Organizzazione – un gruppo suprematista di cui fa parte il protagonista, Earl Turner – riesce a riconquistare una parte della California, epurandola dai neri e dagli ispanici e impiccando pubblicamente tutti i collaborazionisti bianchi (in particolare le donne colpevoli di aver avuto rapporti interrazziali) nel Giorno della Forca. Al termine del romanzo scopriamo infine che, al termine di una rapida guerra mondiale a suon di bombe atomiche, l’Organizzazione ha sconfitto i sionisti e, grazie “a una combinazione di chimica, biologica e radiologia, su scala enorme”, ha sterminato le razze non bianche in tutto il mondo avviando una colonizzazione su larga scala di Cina e Africa così da permettere alla razza bianca di tornare a “diffondere il suo dominio saggio e benevolo sulla Terra, per i tempi a venire” (ultime parole del romanzo).

In Europa, dove il problema razziale è decisamente meno avvertito che negli Stati Uniti, non a caso la teoria della sostituzione si impone in Francia, il cui passato coloniale l’ha resa la nazione europea con il più alto numero di cittadini non bianchi. Jean Raspail, esploratore, scrittore, cattolico reazionario e monarchico, racconta nel suo Il campo dei santi l’inizio della grande invasione dell’Europa, a partire da un’enorme flotta partita dall’India e diretta in Francia che, dopo aver ottenuto il permesso di sbarcare da parte dei “buonisti”, scatena il caos, con un particolare di grande attualità: gli immigrati uccidono i padroni delle fabbriche che intendevano assumerli al posto degli operai bianchi per risparmiare. Gradualmente, i non-bianchi assumono il potere in Europa, Stati Uniti e Russia, e sotto la pressione demografica dei nuovi popoli i bianchi spariscono: il romanzo si chiude con la caduta dell’ultima enclave bianca in Svizzera. “Il campo dei santi” è una citazione biblica, tratta dall’Apocalisse: quando Satana, libero dalle catene, seduce i popoli barbari di Gog e Magog, li scaglia verso Occidente per invadere e assediare “il campo dei santi e la città diletta”, che nell’immaginario suprematista diventa la metafora della civiltà bianca assediata dalle armate sataniche.

Tra i lettori appassionati dei Turner Diaries troviamo uno dei principali sostenitori americani della teoria della sostituzione etnica, David Lane, condannato per l’omicidio di un conduttore radiofonico ebreo, e autore in carcere di tesi secondo cui gli ebrei promuoverebbero campagne per attentare alla mascolinità dei bianchi e diffondere invece lo stereotipo della virilità nera al fine di spingere le donne bianche a unioni interrazziali, così da imbastardire il sangue dei bianchi americani e condannare questi ultimi all’estinzione nel giro di poche generazioni. Alla morte di Lane, nel 2007, manifestazioni in suo onore si tengono non solo negli Stati Uniti, ma anche nel Regno Unito, in Germania, Russia e Ucraina, dove i suoi simpatizzanti si riuniscono di fronte all’ambasciata americana di Kiev: è la dimostrazione di quanto il mito della sostituzione etnica si sia diffuso anche in Europa. Dopo gli attentati dell’11 settembre, l’islamofobia si salda con il complottismo nel testo Eurabia (2005) di Bat Ye’or, pseudonimo di Gisèle Littman, un’ebrea di origini egiziane residente in Svizzera, che sostiene la tesi di un accordo tra i governi occidentali e l’Islam per cedere l’intera Europa in cambio del petrolio arabo: prova ne sarebbe la partecipazione di diversi governi europei alla guerra in Iraq nel 2003 e la supina accettazione delle grandi ondate migratorie.

Nello stesso anno in Addio Europa Gerd Hosnik – uno scrittore austriaco riparato in Spagna per sfuggire a una condanna per tesi negazioniste sull’Olocausto – rilancia un testo dimenticato, Praktischer Idealismus (1925), scritto da Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi, un intellettuale cosmopolita sostenitore degli Stati Uniti d’Europa e del futuro multiculturale che Hitler bollava come “quel bastardo”. Secondo Hosnik, Kalergi in quel libro e nel suo precedente Pan-Europa (1923) avrebbe teorizzato un progetto massonico di sostituzione dei popoli europei con una razza meticcia “eurasiatico-negroide”. Il cosiddetto “Piano Kalergi”, come diventerà noto, assume ben presto i contorni di un autentico piano di sostituzione etnica che Renaud Camus, ex docente di letteratura negli Stati Uniti, definisce con il termine “Grande sostituzione” nel suo libro del 2011 Le Grande Replacement. La teoria della “Grande sostituzione” prevede che l’élite mondialista favorisca l’immigrazione nei paesi occidentali affinché, grazie alla maggiore fecondità dei popoli non-bianchi, sia possibile rimpiazzare la razza bianca ormai prossima all’estinzione sotto gli effetti di tassi di natalità bassissimi con un “uomo nuovo” più malleabile e supino agli ordini dell’élite in virtù dell’imbastardimento del sangue.

Non meraviglia che la teoria della Grande sostituzione sia diventata ben presto un leitmotiv di tutta l’internazionale sovranista europea: incoraggiati in quegli anni dal successo del trumpismo in America, gli esponenti sovranisti europei vedono nel rilancio in chiave complottista delle tesi razziali un modo per riconquistare terreno perduto. È così che in Italia la diffondono esponenti del pensiero conservatore come il filosofo Diego Fusaro, il giornalista Magdi Cristiano Allam, il leader leghista Matteo Salvini e il parlamentare e giornalista Gianluigi Paragone, che gli dedica nel 2016 anche una puntata della trasmissione La Gabbia su LA7, mentre le tesi della sostituzione etnica trovano terreno fertile anche in Austria, Ungheria, Polonia. In America si diffonde la retorica del White flight, la “fuga dei bianchi”, che decidono di abbandonare i loro paesi ormai preda al melting pot per trasferirsi in aree etnicamente più omogenee: era anche una delle proposte di David Lane, che perorava l’esodo dei bianchi nel nord-ovest per lasciare il resto degli Stati Uniti a neri e ispanici. Un nuovo segregazionismo che non a caso trae origine dallo shock culturale degli americani wasp negli anni Sessanta, quando i neri cominciarono a diventare “i vicini della porta accanto”.

Il motivo della crescente diffusione di queste tesi lo spiega bene l’ambiguo filosofo conservatore americano Nick Land, esponente del cosiddetto “illuminismo oscuro” (dark enlightenment) che perora la separazione tra libertà e democrazia e guarda con simpatia ai regimi autoritari nei paesi asiatici (non a caso, etnicamente omogenei) come modello per l’Occidente. Per Land, i paesi occidentali sono vittima del pensiero unico imposto dalla Cattedrale, un termine coniato dal suo sodale Curtis Yarvin, ingegnere informatico fondatore dei neo-reazionari americani e tra i principali teorici dell’ascesa di Trump: la Cattedrale (che richiama in modo inquietante al Sistema dei Turner Diaries) è l’insieme degli esponenti liberal-progressisti a favore dell’universalismo, della democrazia, dell’uguaglianza, della secolarizzazione, del pacifismo e del “politicamente corretto”. Secondo Land e Yarvin, dietro il suprematismo bianco e il suo mito della sostituzione etnica non ci sarebbe davvero l’antisemitismo o il neo-nazismo, ma la naturale reazione di una minoranza quando si sente in pericolo. I bianchi sono sull’orlo dell’estinzione – le proiezioni demografiche affermano che alla fine del secolo saranno meo di 1 miliardo su 9 – e quindi reagiscono.

Qui si situa l’aspetto più pericoloso di questa ideologia. Gradualmente, essa sta abbandonando i suoi vecchi abiti dell’estremismo neonazista per assumerne di nuovi, più adatti a diffonderne le idee senza rischiare la reductio ad Hitlerum ma rendendole capaci di conquistarsi una posizione nel dibattito culturale e politico attraverso cui provare a produrre un discorso contro-egemonico, opposto a quello progressista. In questa nuova, più presentabile veste, la teoria della sostituzione etnica e la necessità di contrastarla hanno iniziato a trovare orecchie bendisposte persino là dove si situa il più grande potere del mondo occidentale, la Silicon Valley: dove l’influentissimo venture capitalist Peter Thiel foraggia le startup di Yarvin, dove tecno-soluzionisti investitori in bitcoin (ovviamente maschi bianchi), affascinati dalle idee accelerazioniste e antistataliste di Land, hanno più facilità a mandar giù anche le sue teorie razziste e complottiste, e dove il suo esponente di punta, Elon Musk, ha di recente affermato che negli Stati Uniti si attua una discriminazione verso i bianchi e acquistando Twitter ha dichiarato di voler contrastare il predominio del politicamente corretto, restituendo visibilità a legioni di ambigui esponenti del nuovo discorso razzista.

Foto di Angela Roma, da Pexels

Roberto Paura

Laurea in Relazioni Internazionali, dottorato in Fisica con specializzazione in comunicazione della scienza, è giornalista scientifico e culturale per diverse testate, ha lavorato alla Città della Scienza di Napoli ed è stato borsista dell'INFN. Dal 2013 è presidente dell'Italian Institute for the Future. Dal 2019 è coordinatore del CICAP Campania. Il suo ultimo libro è "Società segrete, poteri occulti e complotti. Una storia lunga mille anni" (2021).