Nell’Europa paleolitica si praticava il cannibalismo: lo studio sui siti funerari del periodo Magdaleniano
di Agnese Picco
Quando sentiamo parlare del periodo più antico della nostra storia sui giornali, alla televisione o alla radio, questo spesso ci viene presentato come un lungo lasso di tempo più o meno sempre uguale a se stesso, senza troppe distinzioni né geografiche né cronologiche. Ad esempio, potremmo sentire dire che “nella preistoria le donne facevano questo” o “nella preistoria le persone vivevano così” o, ancora, “nella preistoria si producevano questi oggetti”. In un periodo in cui non esistevano le fonti scritte, è chiaramente più difficile identificare i popoli e il loro modo di vivere, ma gli archeologi ci provano comunque.
Sono nate così, quelle che vengono chiamate “culture materiali”, cioè insiemi di oggetti, edifici o pratiche che si riscontrano più o meno uguali in una certa area e in un certo periodo. Si suppone che una certa cultura materiale appartenga ad un insieme di persone che si identificavano in certi modi di vivere. Le culture materiali spesso prendono il nome del sito nel quale sono state identificate la prima volta. Così quando, nella seconda metà dell’800, l’archeologo francese Louis Laurent Gabriel de Mortillet decise di dare un nome ai vari tipi di reperti archeologici dividendoli per periodi, chiamò l’ultimo periodo del Paleolitico europeo Magdaleniano, dall’Abri de la Madeleine, in Dordogna.
Oggi identifichiamo cronologicamente il Magdaleniano come il periodo compreso tra 23,5 e 13,5 mila anni fa nella zona centrale dell’Europa, tra Spagna, Francia, Inghilterra, Germania e Russia. La cultura materiale è composta da pietre, ossa e avorio incisi e scolpiti, arte rupestre, una complessa industria litica comprendente bulini, lame e punte di freccia, e una vasta gamma di altri strumenti in materiali organici. Ad oggi, molti studiosi ritengono le pratiche funerarie delle genti magdaleniane enigmatiche. I siti nei quali sono presenti sepolture primarie sono pochi, mentre sono stati ritrovati diversi assembramenti di ossa umane con evidenze di manipolazioni post mortem interpretate come cannibalismo.
Su questo tema due ricercatori del Museo di Storia Naturale di Londra, William A. Marsh e Silvia Bello, hanno pubblicato sulla rivista Quaternary Science Reviews un nuovo studio dal titolo “Cannibalism and burial in the late Upper Palaeolithic: Combining archaeological and genetic evidence”, per tentare di definire se il cannibalismo rappresenti una costante nelle pratiche funerarie magdaleniane o piuttosto un’eccezione.
Partendo da un’esaustiva revisione della letteratura esistente, hanno identificato 59 siti di sepoltura attribuiti a questo periodo in base alla cultura materiale o a datazioni al radiocarbonio. Per ogni sito Marsh e Bello hanno esaminato, quando possibile: la localizzazione e la storia delle scoperte, la varietà dei materiali ritrovati, le datazione al radiocarbonio, il contesto nel quale è stato ritrovato ogni resto umano, il numero minimo di individui, la loro età e sesso, la presenza di modificazioni intenzionali post mortem dei resti e qualsiasi proposta di interpretazione della pratica funeraria suggerito dagli autori degli studi in esame. In otto casi in aggiunta a questi dati erano disponibili anche analisi genetiche. Purtroppo, come spesso capita nello studio della preistoria, per molti di questi siti non sono disponibili studi recenti, con analisi tafonomiche e antropologiche dettagliate, poiché sono stati scavati tra la seconda metà dell’800 e gli anni ‘60 -’70 del ‘900, prima dell’avvento della New Archaeology e delle metodologie scientifiche moderne.
Dunque, l’interpretazione delle pratiche funerarie si è rivelata utile solamente in 25 casi, 45% del totale. Tra questi, 10 sono stati interpretati dagli scopritori come sepolture primarie, 13 come assemblaggi di resti umani cannibalizzati e 2 come siti nei quali erano presenti entrambe le pratiche funerarie. A questi, i ricercatori hanno aggiunto un assemblaggio di resti umani non ancora pubblicato proveniente da Courbet Cave (Bruniquel, France), attribuito al Magdaleniano sulla base delle datazioni al radiocarbonio.
Per quanto riguarda i siti nei quali sono presenti solo sepolture primarie, possiamo notare che sono distribuiti lungo tutto l’arco cronologico del Magdaleniano, con una prevalenza nella parte finale (5 su 10). Aggiungendo anche i due siti nei quali sono presenti entrambe le pratiche, in 11 siti erano presenti sepolture singole, in associazione con oggetti di corredo, ocra o arte rupestre.
Nel caso invece degli assembramenti di ossa con modificazioni post mortem, la situazione è diversa. Tagli, morsi e altri segni sono stati identificati come risultati di modificazioni intenzionali post mortem, presenti come unica pratica funeraria in 13 siti, distribuiti su tutto il territorio occupato dalla cultura Magdaleniana, ma particolarmente concentrati nel sud della Francia e della Germania e datati per la maggior parte (10 su 13) al periodo medio del Magdaleniano.
In 10 casi gli studi precedenti hanno evidenziato come le ossa fossero state tagliate e spezzate intenzionalmente per estrarne il midollo. In due casi ci sono anche segni identificati come morsi di denti umani. Queste evidenze sono coerenti con l’estrazione di nutrienti e sono quindi state interpretate come cannibalismo. In tre casi, invece, l’assenza di danni da percussione o di segni di masticazione e la presenza di poche ossa tagliate o spezzate, rendono più probabile la scarnificazione dei resti a scopi rituali, senza però il consumo alimentare.
Nei casi associati al cannibalismo, il numero minimo degli individui sepolti nello stesso luogo varia, ma comprende comunque più individui. Per quanti riguarda l’età al momento della morte, non paiono esserci distinzioni particolari, essendo presenti resti di adulti, adolescenti e giovani. In alcuni casi le ossa sono mescolate con resti faunistici.
Ma le osservazioni non finiscono qui. In almeno 6 siti, infatti, la manipolazione post mortem dei crani suggerisce la realizzazione di coppe. I segni dei tagli indicano infatti che i tessuti molli furono rimossi prima della rottura dell’osso, in modo tale da non frammentarlo. In alcuni crani, inoltre, sono presenti incisioni non coerenti con la scarnificazione e quindi interpretate come decorative.
In 8 casi sono state eseguite analisi genetiche. Tutti sono stati attribuiti al Magdaleniano su base cronologica o dall’associazione con manufatti di questo periodo. Dal punto di vista genetico, però, si rileva una differenza significativa. Sono presenti sia l’ascendenza GoyetQ2, associata al Magdaleniano, che quella Villabruna, associata all’Epigravettiano, una cultura coeva, ma presente principalmente nell’Europa del sud (Italia e penisola balcanica). In sei siti sono presenti solo individui con l’ascendenza genetica GoyetQ2, in un sito solo quelli con ascendenza genetica Villabruna e in un caso un individuo mostra entrambe le ascendenze, dimostrando una mescolanza tra i suoi antenati.
Secondo gli autori dello studio, l’analisi sistematica di questi siti dimostra che l’incidenza del cannibalismo non è casuale (13 casi su 25) e, anzi, rappresenta una distinta e precisa pratica funeraria. Alcuni casi etnografici storici dimostrano che il cannibalismo come pratica post mortem non fosse raro e rappresentasse un importante momento rituale all’interno della comunità. In questi casi, sono presenti anche pratiche di manipolazione intenzionale dei resti, come la realizzazione di oggetti decorati.
La presenza di due distinte pratiche funerarie (cannibalismo e sepoltura primaria) solleva importanti domande sull’omogeneità della cultura Magdaleniana. Dal punto di vista genetico, le sepolture primarie sono frequentemente associate ascendenza genetica Villabruna, collegata alla cultura epigravettiana, mentre gli assembramenti di resti cannibalizzati sono associati all’ascendenza genetica GoyetQ2, tipica del Magdaleniano. Cronologicamente, entrambi i tipi di sepolture sono presenti nel primo periodo magdaleniano, suggerendo che tutte e due le pratiche venivano seguite da gruppi umani nell’Europa occidentale prima di 19.500 anni fa.
Si tratta di siti che costituiscono i rifugi nei quali le popolazioni trovarono riparo durante il periodo glaciale, tra il sud della Francia e il nord della penisola iberica. La maggioranza dei siti databili con precisione risale al Magdaleniano medio e comprende l’intera area di diffusione di questa cultura. In questo periodo il miglioramento delle condizioni climatiche permise l’espansione dei gruppi umani in zone prima non abitabili. La maggioranza dei siti con resti cannibalizzati appartiene proprio a questo periodo. Secondo i ricercatori, questo dato suggerisce che fosse questa la pratica funeraria prevalente tra i gruppi migratori. L’ultimo periodo del Magdaleniano è caratterizzato dall’espansione verso nord delle popolazioni epigravettiane provenienti dal sud Europa. Per quanto riguarda le pratiche funerarie, assistiamo ad un aumento della sepoltura primaria e ad una diminuzione del cannibalismo rituale. I ricercatori propongono che la pratica della sepoltura primaria sia una caratteristica associabile alla migrazione di popolazioni epigravettiane in territori prima abitati da popolazioni di cultura magdaleniana.
A conclusione dello studio, i ricercatori invitano alla prudenza, poiché è stato possibile analizzare approfonditamente meno della metà dei siti ad oggi associati a questa cultura, a causa della mancanza di studi scientifici moderni. Inoltre bisogna fare attenzione a non sovrainterpretare il collegamento tra l’ascendenza genetica e la pratica funeraria, dato solo per 8 siti erano presenti le analisi necessarie.
Immagini ©The Natural History Museum, press release