Un ricordo di Alfredo Castelli, maestro di storia e dell’impossibile
Mentre scrivo queste righe non sono trascorse neppure ventiquattro ore da quando Alfredo Castelli ci ha lasciato, nella notte di mercoledì 7 febbraio. Non è facile parlare a caldo di una persona alla quale si è stati per tanto tempo affezionati. Proprio per questo cercherò di non indugiare troppo in ricordi personali (anche se non è semplice), ma di concentrarmi su alcuni aspetti dell’opera di questo straordinario personaggio, che ha segnato la cultura italiana dagli anni ’60 del Novecento a oggi. Sì, perché a mio avviso Castelli dovrà essere valutato e riconosciuto in futuro anche come grande intellettuale. Fu così che lo presentai nel corso della tavola rotonda dedicata al rapporto tra scienza e fumetti da me coordinata in occasione del Cicap Fest a Cesena nel 2017. Con la sua consueta ironia, Alfredo mi lasciò una dedica che recitava così: “Per Marco, grazie da Alfredo Castelli maestro e intellettuale!! Ah Ah Che bufo”. Con il disegno del famoso omino da lui inventato.
In queste ore tutta la stampa nazionale, cartacea e online, sta dando ampio risalto alla sua biografia, mettendo in risalto l’importanza di Castelli nella storia del fumetto italiano, come autore e sceneggiatore, ma anche come storico della Nona Arte, alla quale ha dedicato contributi fondamentali. Ecco, in questo breve e repentino ricordo (ringrazio molto gli amici di Query online per avermi offerto questa opportunità) vorrei provare a parlare di alcuni aspetti che non sono forse stati sottolineati a sufficienza (anche se ovviamente ci sarà tempo per rendere omaggio, in maniera meditata e critica, al lavoro e alla creatività di Alfredo).
Ad esempio, presentarlo soltanto come storico del fumetto è a mio avviso riduttivo. Perché Castelli è stato uno storico nel senso più ampio della parola. Le sue conoscenze erano incredibilmente profonde, sorrette da una erudizione senza fine che – io credo – debba continuare ad essere un requisito essenziale per ogni professionista che voglia realmente definirsi storico.
Tra l’altro, in più di un’occasione mi è capitato di chiedere ad Alfredo informazioni su uno specifico argomento, e lui puntualmente riusciva ad indicarmi fonti nuove ed originali, ad esempio sul mito di Atlantide. Mito che, come sappiamo, è lo sfondo principale delle avventure di Martin Mystère, la sua creazione più famosa, edita da Sergio Bonelli Editore (anche se allora la casa editrice si chiamava Daim Press). Ed è proprio grazie a Martin Mystère che Castelli ha potuto dare ampio spazio alla sua vocazione di storico, accompagnando ogni episodio da una rubrica, I Misteri di Mystère, in cui venivano segnalate le fonti dalle quali aveva tratto l’ispirazione per la realizzazione delle storie.
«Dedicata a chi desidera approfondire gli argomenti che danno spunto alle avventure», I Misteri di Mystère è stata una rubrica mai banale, sempre ricca di informazioni estremamente interessanti, che in seguito, raccolte e rielaborate, hanno dato vita a molteplici pubblicazioni, come ad esempio L’enciclopedia dei misteri, edita nel 1993. Ma attenzione, il titolo non deve trarre in inganno e non deve far pensare a una trattazione pseudoscientifica dell’argomento, come invece è stato fatto dalla maggior parte delle iniziative editoriali e televisive che hanno utilizzato il termine “mistero” come titolo o parte del titolo. Perché Castelli si è sempre avvicinato al tema dei “misteri” con spirito critico e il giusto scetticismo, che mai è diventato fondamentalismo (come purtroppo talvolta accade anche nel variegato universo degli “scettici”).
Sarà sufficiente ricordare quanto Alfredo scrisse nella Guida di Atlantide (luglio 1986), il terzo Dizionario dei misteri (una vera e propria innovazione editoriale) allegato agli «Special» di Martin Mystère (che presentavano sempre una storia inedita). La prima parte della guida, dopo un breve riassunto del contenuto del Timeo e del Crizia di Platone (la fonte originaria – e unica – del mito di Atlantide), presenta le varie ipotesi sul continente perduto elaborate nel corso del tempo. La seconda, «Atlantide e i mass-media», fornisce invece un dettagliato resoconto della presenza del tema atlantideo in vari settori quali la letteratura, il cinema, la televisione, tutti ambiti di cui Castelli era un profondo conoscitore.
Ma era l’utilissima cronologia posta al termine del volumetto che metteva in evidenza il passo più epistemologicamente significato del pensiero di Castelli:
«Ripercorriamo insieme le tappe della storia del Continente Perduto secondo la “mitologia” di Martin Mystère: inutile dire che la ricostruzione del fumetto è del tutto di fantasia, e non coincide necessariamente con le reali opinioni dell’autore».
In altri termini: non bisogna mai confondere la creazione letteraria con la ricostruzione storica e scientifica, perché si tratta di due piani diversi. Per niente incompatibili, ma diversi, e come tali vanno giudicati e rispettati.
Ecco quindi che Alfredo forniva la sua disamina anche sulle ricerche, accademiche e non, relative ad Atlantide, sottolineando come
«le uniche prove “a favore” su cui possiamo basarci sono di carattere puramente indiziario».
D’altro canto, proseguiva,
«esistono tante, tantissime prove, molte di più di quante ne possediamo o possederemo sull’esistenza di Atlantide, che dimostrano come, almeno da cinquemila anni a questa parte, la civiltà si sia evoluta più o meno nei termini riportati dai libri di storia».
Dunque, un conto era la storia alternativa del fumetto, altro era la storia reale. Questo, naturalmente, non significava che gli studi su Atlantide non dovessero continuare; infatti, precisava, «l’assenza di documenti scritti non basta a dimostrare l’inesistenza storica di una tradizione o di un avvenimento».
Per questo motivo, Castelli stigmatizzava l’atteggiamento di quegli studiosi che fondano le loro ricerche basandosi su posizioni a priori, andando a cercare unicamente quelle prove tali da confermare la loro ipotesi di partenza, evitando di analizzare tutte le fonti:
«sia quelli pro che quelli contro Atlantide danno l’impressione di voler non tanto ricercare una “spiegazione”, quanto di voler imporre un “credo”, un’immagine del continente perduto deformata secondo le tendenze dei singoli estensori».
Ecco dunque che nella raccolta dedicata ad Atlantide nella serie di cinque volumi per la Disney intitolata Gli enigmi di Topolino, da lui curata, Castelli, dopo aver presentato il racconto di Platone e il dibattito sul continente perduto dei secoli successivi, indicava, correttamente, qual era l’ipotesi ormai ritenuta dalle ricerche accademiche come la più plausibile:
«la scienza ha sempre ritenuto che quello di Atlantide fosse un semplice mito, ma la collocazione greca accontenta parecchi studiosi. L’isola di Santorini fu infatti quasi completamente distrutta da un’eruzione vulcanica nel 1400 a.C., e il maremoto che ne seguì cancellò la vicina civiltà minoica. Per un espediente narrativo, Platone avrebbe “trasportato” l’isola al di là delle Colonne d’Ercole, l’avrebbe “ingrandita” a livello di continente e avrebbe ambientato la catastrofe in un’epoca assai precedente».
In sostanza Castelli ha avuto, tra i molti suoi meriti, la capacità di diffondere la cultura storica e scientifica e lo spirito critico utilizzando lo strumento “fumetto”, risultando così più efficace di tanti testi di divulgazione.
Quello che si poteva trovare su Martin Mystère (apparso per la prima volta nel 1982) era il frutto di un percorso iniziato molti anni prima e che già si era manifestato, tanto per fare un altro esempio, nell’indimenticabile collaborazione al Corriere dei Ragazzi, una delle imprese più innovative nell’ambito della cultura italiana, e non solo a fumetti. Sarà sufficiente sfogliare il primo numero dell’annata 1974 (la rivista era nata nel 1972, come trasformazione del celeberrimo Corriere dei Piccoli) per rendersi conto di ciò. Il numero, infatti, contiene un inserto, a cura di Castelli, intitolato Gli UFO ci guardano, dove, con il consueto equilibrio, vengono presentati i fatti (favorevoli e contrari) più rilevanti relativi a un fenomeno che in quegli anni stava toccando uno dei suoi apici. Fatti naturalmente inquadrati in chiave storica.
Del resto, nella redazione della rivista Alfredo (che era nato nel 1947) poteva contare sull’esperienza e sull’insegnamento di un’altra delle grandi figure italiane del secondo Novecento e dei primi anni del nuovo millennio, Mino Milani (classe 1928), che ci ha lasciato a sua volta proprio quasi due anni fa. L’inserto, tuttavia, era accompagnato anche da una «striscia bufa» dedicata ai marziani, nella quale Castelli si cimentava addirittura con l’invenzione del linguaggio degli abitanti del Pianeta Rosso.
Alfredo Castelli, da vero maestro, è riuscito a trovare l’equilibro perfetto, tra scienza e fantasia, tra la storia reale e l’impossibile. Sono sicuro che Alfredo starà continuando far valere questa sua dote nella nuova dimensione in cui ora si trova, dimensione che tante volte ha esplorato con l’immaginazione e che ora starà verificando e analizzando di persona. Affabulando – come sempre – i suoi interlocutori, che immagino saranno ancor più numerosi di quelli che ha avuto in questo universo, che già non erano pochi. Ma – ne sono certo – troverà il modo di continuare a interagire anche con tutti noi, in questo momento così affranti per la sua scomparsa.