Abbiamo scoperto Atlantide in Australia? (Spoiler: no)
Un gruppo di ricercatori ha individuato una vasta area oggi sommersa a nord delle coste dell’Australia, che nel tardo Pleistocene non solo era emersa, ma anche abitata dall’uomo. I risultati sono stati pubblicati a gennaio sulla rivista scientifica Quaternary Science.
Ormai si sa: ogni volta che viene scoperta un’area abitata in passato e oggi sommersa dalle acque la stampa generalista la accosta ad Atlantide. Non importa dove questa si trovi, a quale periodo storico appartenga o chi ci abitasse, il collegamento con la mitica città immaginata da Platone è irresistibile e attrae immancabilmente il pubblico. Secondo gli studiosi della Grecia classica, Atlantide era un mito, creato da Platone, come succede in altre opere del filosofo, per dimostrare il punto del suo discorso. In questo caso, ad Atlantide – imperialista e ingorda di terre e potere – si oppone la umile ma fiera e libera città di Atene.
Niente di grave, potremmo pensare, se un giornalista tira in ballo un riferimento letterario errato. Qualche effetto negativo, però, può verificarsi. Per esempio, si rischia di diffondere nelle persone l’impressione che il passato sia un unico calderone di epoche storiche. Oppure, di banalizzare una scoperta e sottostimare la sua reale importanza.
In questo caso, un gruppo di ricercatori ha scoperto che per buona parte del periodo di occupazione umana del Sahul, la porzione di terra formata nel Pleistocene dalla combinazione di Australia e Nuova Guinea, il basso livello del mare dovuto alla glaciazione rendeva emersa una terra oggi sommersa.
Stiamo parlando di un’area di circa 400,000 km^2, pari a 1,6 volte il Regno Unito. Inoltre, sulla costa vicina a questa zona chiamata dai ricercatori Northwest Shelf, è stato ritrovato il più antico sito australiano ad oggi noto, segno che forse sono da ricercare nelle terre sommerse le prime tracce di popolamento del continente.
Secondo i dati batimetrici raccolti dai ricercatori, la Northwest Shelf conteneva anche un mare interno e un grande lago d’acqua dolce, circondati da profonde gole e scarpate che potevano fungere da riparo per le popolazioni umane. La piattaforma continentale venne sommersa in seguito a due periodi di innalzamento del mare a livello globale: il primo tra 14.500 e 14.100 anni fa, il secondo tra 12.000 e 9.000 anni fa. Durante questi momenti di rapido innalzamento del mare (si parla di 4-5 metri ogni 100 anni) dal punto di vista archeologico si registra un aumento di popolazione nei siti archeologici delle regioni costiere di Kimberley e della Terra di Arnhem.
Secondo i ricercatori, quanto avvenuto si rivela nell’aumento degli scarti di lavorazione della pietra. Grazie all’analisi dei tassi di scarto effettuata su sei rifugi sotto roccia è stato possibile individuare due picchi che corrispondono alle due fasi di innalzamento marino. Dall’analisi qualitativa dei reperti sono emersi anche alcuni mutamenti nella produzione litica, sia per quanto riguarda le tecniche, sia per i materiali. I ricercatori interpretano questo dato come indice di una maggiore mobilità dei gruppi e incertezza nell’approvvigionamento delle materie prime man mano che le terre venivano sommerse dal mare e le persone migravano in nuovi ambienti. Inoltre, compaiono in questo periodo anche nuovi stili artistici nel Kimberley e nella terra di Arnhem. L’arte rupestre vede infatti l’introduzione di scene corali con anche 50 – 70 figure umane interpretate come combattimenti o eventi rituali.
Questo studio è importante anche per la discussione, ancora aperta, sul popolamento dell’Australia attraverso Wallacea, cioè un gruppo di isole indonesiane a nord. Le prime popolazioni umane potrebbero aver raggiunto l’Australia proprio tramite il Sahul, che nella fase precedente alla piena emersione si configurava come un vasto arcipelago che rimase stabile per circa 9000 anni. L’attiguità dei due ambienti insulari avrebbe facilitato la dispersione dei gruppi umani che potevano trasferire a nuove terre metodi di sostentamento già acquisiti. Successivamente avvenne un graduale mutamento dalle economie marittime a quelle necessarie per l’espansione attraverso la piattaforma continentale.
Dunque, anche se non si tratta Atlantide, le scoperte raccontate in questo studio sono di grande importanza e, come spesso accade, costituiscono un tassello del grande puzzle rappresentato dalla nostra storia.
Immagine in evidenza: di ignartonosbg, da Pixabay