16 Settembre 2024
Approfondimenti

Piante senzienti? Le prove a favore per ora scarseggiano

di Georgy Kurakin, da The Skeptic 

Per molto tempo le piante sono state considerate creature semplici e indolenti, capaci solo di fotosintetizzare e crescere. Negli ultimi anni, però, questa opinione è cambiata radicalmente. Un’area di ricerca emergente chiamata “neurobiologia vegetale” postula che le piante abbiano una sorta di senzienza, intelligenza, personalità o altre funzioni cognitive. Queste ipotesi sembrano controintuitive, ma fanno notizia: vengono pubblicati articoli accademici sulla neurobiologia vegetale, il problema della cognizione delle piante ha una propria voce su Wikipedia e riviste scientifiche come New Scientist e, in misura minore, Scientific American, ne parlano. 

Ma la scienza ha argomenti validi a favore delle capacità cognitive delle piante? Io ne dubito. Esiste un ampio corpus di articoli e libri in cui i “neurobiologi delle piante” promuovono le loro teorie. È vasto, ed esaminarlo frase per frase richiederebbe la stesura di un libro piuttosto che di un breve articolo su una rivista. Tutti i loro argomenti, però, hanno due difetti in comune. In primo luogo, fanno spesso riferimento a prove aneddotiche piuttosto che a esperimenti controllati con un’adeguata elaborazione statistica dei dati. Inoltre, la maggior parte degli scritti di “divulgazione scientifica” sulla neurobiologia delle piante – che si tratti di un articolo di New Scientist o di un libro di Stefano Mancuso – consiste nella discussione di funzioni non cognitive.

La scienza è lontana dall’avere una definizione esaustiva di cognizione ma, sia per la ricerca di base che per la medicina, consideriamo la possibilità di cognizione se c’è integrazione di informazioni nel cervello (o in un suo analogo). Le funzioni cognitive sono funzioni integrative; per essere senzienti, è necessario mettere continuamente insieme tutti gli input sensoriali di diverse modalità, uniti ai ricordi. Sulla base di questo quadro integrato, si prendono decisioni su ciò che si farà nel secondo successivo. L’integrazione non è ancora una cognizione, ma è la conditio sine qua non della cognizione.

Di solito, i testi dei neurobiologi delle piante includono dettagli affascinanti sulle funzioni percettive o comunicative dei vegetali, come la percezione della luce o la comunicazione chimica. Non si tratta di funzioni cognitive, e il tutto può funzionare senza alcuna intelligenza.

I criptocromi vegetali – proteine che percepiscono la luce – regolano i ritmi circadiani. I criptocromi sono conservati nell’essere umano, nonostante abbiano perso le loro funzioni di rilevamento della luce. Coordinano ancora il nostro ciclo sonno-veglia. Per quanto ne sappiamo, però, non hanno praticamente nulla a che fare con funzioni superiori come il pensiero e la cognizione o l’elaborazione delle informazioni visive. Dopo aver individuato un nuovo criptocromo vegetale o qualcosa di simile è troppo ottimistico affermare che le piante possano vedere: la visione è un processo integrativo anche a livello della retina dell’occhio. E non abbiamo alcuna prova dell’esistenza di organi per l’elaborazione di simili informazioni nelle piante.

Con un esame più approfondito, si può dimostrare che la comunicazione tra vegetali che tanto affascina i “neurobiologi delle piante” è priva di intelligenza. Molti testi popolari sostengono che le piante si “avvertono” a vicenda dei pericoli – come l’attacco di un erbivoro – tramite sostanze chimiche volatili. Ma queste sostanze chimiche sono semplicemente delle forme volatili di ormoni vegetali. Le piante hanno “inventato” una soluzione geniale e semplice: se i vostri ormoni possono essere convertiti in forma volatile e trasmessi per via aerea, agiranno non solo sulle vostre cellule, ma anche su quelle del vostro vicino, suscitando le stesse risposte.

Questa è la base di tali “avvertimenti”: se una pianta rilascia ormoni dello stress che coordinano la sua risposta alle lesioni, anche le piante vicine ne risentono. Se gli esseri umani potessero fare lo stesso, ci verrebbe la febbre quando incontriamo una persona affetta da Covid, e avvertiremmo dolore quando picchiamo qualcuno. Quella delle piante è un’abilità davvero sorprendente, ma questo modo di comunicare non richiede pensiero o intelligenza. Tecnicamente è una segnalazione da cellula a cellula, non una comunicazione da persona a persona.

Questo esempio dimostra quanto le piante siano diverse da noi. Le piante hanno evoluto la loro multicellularità indipendentemente dai nostri antenati e noi abbiamo modi diversi di essere multicellulari. Se gli animali sono tecnicamente ammassi mobili di cellule mobili, le piante sono tecnicamente esseri sessili ramificati fatti di cellule immobilizzate. Ecco perché le piante non hanno affatto bisogno di funzioni cognitive. L’evoluzione porterà all’intelligenza se già all’inizio si è in grado di muoversi o di parlare: un’elaborazione rapida ed efficiente delle informazioni potrebbe aiutarvi a coordinare le reazioni motorie o vocali. Ma se non ne avete, e risolvete tutti i vostri problemi chimicamente come fanno le piante, non subirete alcuna pressione verso la selezione per diventare più intelligenti.

Considerazioni analoghe potrebbero essere applicate a tutti i casi in cui processi di livello inferiore, come la generazione di potenziali d’azione, vengono utilizzati come argomento fallace per la presenza di funzioni psichiche nelle piante. Neanche la presenza di tutti i prerequisiti neuronali per i processi di ordine superiore garantisce che esse siano realmente presenti. Nel documentario Dolphins: Beauty Before Brains, il professor Paul Manger esprime dubbi sul fatto che anche i delfini, con i loro grandi cervelli circonvoluti, siano davvero intelligenti. Negli insetti, anche sensi di alto livello come il dolore sono difficili da dimostrare, considerando che disponiamo di una grande quantità di informazioni sull’attività neurale dei cervelli di insetti e delfini.

I dati oggi disponibili ci permettono di collocare le piante solo al livello più basso di coscienza proposto nello schema a 9 livelli della cognizione animale. Quindi, le piante sono senzienti come le meduse. Ma questo non dovrebbe essere un motivo per considerarle primitive. Al contrario, è una ragione in più per amarle: fanno davvero parte di una realtà vivente alternativa in cui l’intelligenza non è necessaria. Sono una sorta di mondo alieno sotto i nostri piedi e sopra le nostre teste – e questi “alieni” non hanno alcun obbligo di essere intelligenti.

Georgy Kurakin è biologo, membro della Royal Society of Biology (MRSB). Le sue principali aree di competenza sono la biologia computazionale e la data science in biologia. Ha pubblicazioni peer-reviewed sulla biochimica e l’evoluzione dei batteri e ha un suo blog su Nature Portfolio Microbiology Community. Georgy è anche un giornalista scientifico che collabora con diversi media scientifici russi e partecipa regolarmente come conferenziere a eventi di “divulgazione” a Mosca.

Articolo pubblicato originariamente su The Skeptic. Si ringrazia Fara Di Maio per la traduzione. Foto di NASTER da Pixabay