Una “cassetta per gli attrezzi” per studiare e contrastare la misinformazione
di Emanuele Romeo
misinformazione s. f. Informazione non accurata, inattendibile, i cui contenuti, diffusi frettolosamente, rischiano di essere accettati come veritieri perché difficili o impossibili da verificare. (Treccani)
Tra il 1° giugno e il 15 settembre 2023, in Italia sono stati pubblicati online circa 600 mila contenuti, di cui 393 mila sulla piattaforma social Facebook. Ciascuno di noi è esposto quotidianamente a un’enorme quantità di notizie, commenti e informazioni, delle quali può essere difficile determinare la veridicità.
La mancanza di fonti o la verosimiglianza delle notizie, unitamente a ciò che siamo pronti ad accogliere come vero, può far sì che diamo per buone e condividiamo informazioni di ogni genere. La misinformazione che in tal modo si diffonde può minare il processo democratico e da tempo le scienze sociali si interrogano su quali siano gli interventi più efficaci per contrastare la diffusione di notizie false o inattendibili.
In un lavoro di review pubblicato recentemente su Nature, Anastasia Kozyreva ha analizzato con alcuni colleghi gli interventi a livello individuale che più diffusamente vengono studiati nella letteratura di settore. Il gruppo ha preso in esame 81 lavori differenti, sviluppando una toolbox interattiva facilmente consultabile anche da un pubblico di non esperti.
La “cassetta degli attrezzi” comprende una sezione in cui si descrivono gli interventi da operare, una piattaforma in cui è possibile associare a questi le evidenze sperimentali e una mappa del mondo che evidenzia la distribuzione geografica dei lavori presi in considerazione.
Tre classi di intervento a livello individuale
I ricercatori hanno individuato tre classi principali di interventi a livello individuale. Ciascuna si differenzia dalle altre per il tipo di cambiamento che cerca di indurre: nei comportamenti, nelle competenze e nelle credenze delle persone. In ciascuna di queste tre classi si identificano poi tre tipologie di interventi, per un totale di nove, facilmente consultabili nella toolbox online:
- Comportamenti: questi interventi sfruttano i principi della psicologia per orientare le decisioni delle persone. L’obiettivo è quello di modificare un comportamento istintivo frenando, ad esempio, la ricondivisione di una notizia su una piattaforma social senza prima averne verificato la veridicità.
- Competenze: gli interventi che cadono in questa categoria hanno l’obiettivo di rafforzare o far sviluppare competenze utili a riconoscere i casi di misinformazione. Questi interventi possono essere anche implementati nei percorsi scolastici per fornire fin da subito strumenti utili per poter discernere una notizia falsa da una vera e per poterne ricostruire la provenienza.
- Credenze: quest’ultima classe contiene gli interventi che puntano a limare o a smontare false credenze, spiegando perché una notizia è falsa (debunking) o preparando la persona in vista di un’eventuale futura esposizione a una notizia inaccurata (prebunking).
A seconda del caso di studio, ciascun intervento può ricadere in una o più classi. Una divisione così netta è funzionale esclusivamente alla sistematizzazione dello spettro di azioni che vengono intraprese negli studi sulla misinformazione. Nel sito dedicato alla toolbox è anche presente una sezione con degli esempi per ciascuno dei nove interventi, presi da alcuni degli 81 lavori su cui è basata la review.
Uno strumento versatile
La toolbox, di facile consultazione anche per i non esperti, può essere un utile strumento in diverse situazioni a seconda dello scopo. Infatti, la classificazione degli interventi e la loro definizione, offre un completo set di azioni che il decisore politico – o persino noi nella nostra vita quotidiana – può prendere in considerazione a seconda della circostanza.
Sebbene il focus principale di questo lavoro siano gli interventi a livello individuale con efficacia a breve termine, è auspicabile che nel tempo si rifletta su sviluppare interventi sistemici, che concentrino la loro attenzione sugli effetti sul medio-lungo periodo. Da questo punto di vista, è sempre più urgente la condivisione di dati e di risultati da parte di piattaforme social, grazie a cui si potrebbero costruire sinergicamente strategie efficaci e massicce. In questo studio, infatti, non è stato possibile prendere in considerazione le azioni messe in campo dalle piattaforme online, perché ancora scarsamente documentati e non pubblicati su riviste specializzate.
Evidenze e osservazioni
Gli 81 articoli di letteratura che costituiscono la base della review sono distribuiti in tutto il mondo, con un maggiore affollamento della parte nord-occidentale del globo (Stati Uniti ed Europa). Dalla mappa sviluppata nella toolbox, si può notare, infatti, che soltanto una minoranza di lavori indagano gli interventi a livello individuale sulla misinformazione nella parte sud ed est del mondo, con alcune piccole eccezioni.
Questa prima evidenza è accompagnata da altre osservazioni, tutte raccolte in una sezione dedicata della toolbox. Da una lettura attenta dei risultati delle ricerche si può notare che quasi in nessun caso si sono approfonditi gli effetti a lungo termine di questi interventi; i pochi lavori che si sono concentrati su questo aspetto hanno osservato che l’efficacia degli interventi diminuisce con il passare il tempo, anche se in generale questo aspetto deve ancora essere approfondito.
Un’ultima interessante osservazione riguarda il confronto tra le conclusioni a cui giungono i diversi lavori, che non sempre è immediato o semplice da fare. In primo luogo, non è chiaro come si possa valutare l’efficacia di interventi diversi quando si usano diversi criteri e parametri; in secondo luogo, in culture e contesti socio-culturali differenti l’efficacia di ciascun intervento può subire grosse variazioni. In generale, sembra che gli interventi siano meno efficaci in popolazioni con un livello medio di istruzione più basso.
Foto di da memyselfaneye da Pixabay