Quando Selene ti cade in testa. Breve storia del catastrofismo lunare
Questo articolo è parte del programma di “Stregati dalla Luna”, iniziativa nata dalla collaborazione tra il CICAP e l’Unione Astrofili Italiani (UAI), che mira a raccontare e sfatare le principali fake news e leggende metropolitane riguardanti la Luna e lo spazio, con l’intento di gettare le basi per una corretta informazione scientifica. Tutte le iniziative su www.cicap.org/StregatiDallaLuna
di Giuseppe Stilo
Il 13 settembre 1999 è una data importante per la fantascienza. Nella serie tv britannica Spazio 1999, uno dei maggiori successi degli anni ‘70, in quel giorno si verifica una catastrofe spaziale che compromette per sempre gli equilibri del sistema solare. A causa dell’esplosione delle scorie nucleari stoccate sulla Luna, il nostro satellite, che ospita centinaia di persone di ogni nazionalità che lavorano presso Base Alpha, viene proiettato fuori dalla sua orbita e prende a vagare nel cosmo, mentre sulla Terra si verificano terremoti, maree di portata mai vista e disastri di ogni tipo.
Una catastrofe cosmica causata dall’uomo, dunque, e dietro alla quale non c’è nessun volere divino, o azioni di entità misteriose o malvagie, o magari un destino insensato che presiede ai mondi, al loro sorgere e alla morte della civiltà che ospitano.
Una storia, quella di Spazio 1999, che inizia con un disastro, però anche una storia moderna, di scienziati e di eventi che, almeno a una prima lettura, sono privi di qualsiasi significato occulto, esoterico o che rimanda a significati ulteriori, o, addirittura, a idee di tipo religioso. Ma è solo un’impressione. Il destino che coglie la Luna e Base Alpha, infatti, è il versante secolarizzato (e nemmeno del tutto) di una lunga tradizione di pensiero dai toni drammatici e spesso fortemente pessimistici.
In questo articolo vi introdurrò a questa tradizione occultistica.
Una madre poco affettuosa della Terra: la Luna dei teosofi
Conoscere almeno nelle sue linee generali il pensiero esoterico, specie quello contemporaneo, è necessario per poterlo interpretare in maniera corretta. Troppo spesso, anche oggi, negli ambienti scettici e fra chi è vicino alla concezione scientifica della realtà prevalgono sufficienza, superficialità, ingenuità di ogni genere nei confronti di questa parte della cultura umana. Nel nostro caso, l’idea che la Luna possa essere all’origine di trasformazioni radicali e di solito violente del nostro mondo, anche se priva di qualsiasi evidenza, ha avuto e ha conseguenze importanti su esoteristi, politici, scrittori, artisti – e sul pubblico generale. Pensare di smentire questo tipo di idee è inutile, oltre che illogico. Occorre invece interpretarlo.
Proprio come in mille altre occasioni, è necessario partire dalla corrente fondamentale dell’esoterismo moderno: la Teosofia. Come vedremo, linguaggi e concetti usati dai teosofi sono astrusi, ma la capacità di Helena Blavatsky – madre della Teosofia – e dei suoi successori di creare universi alternativi è fuori di dubbio. Almeno sotto questo profilo, questo gruppo di autori è paragonabile a scrittori come Tolkien o Lovecraft. Al contrario di costoro, la Teosofia non è più di moda, ma, se non la si conosce, è impossibile capire perché oggi in tanti aderiscono a visioni del mondo alternative a quelle proposte dal pensiero scientifico-critico.
Negli scritti teosofici dell’ultimo quarto dell’Ottocento la Luna è assai importante. Nella summa delle rivelazioni ricevute dai misteriosi maestri di matrice induista di Blavatsky, La dottrina segreta, i pianeti (ma il senso del termine non coincide con quello corrente in astronomia) sono “sfere” riunite in gruppi di sette, le cosiddette “catene planetarie”. Tutti i pianeti di una catena seguono un’evoluzione scientifica e spirituale simile. È quasi come se fossero fra loro parenti, che si somigliano, conservando però una loro individualità. La Luna appartiene alla catena planetaria precedente alla nostra – dunque noi ne siamo “eredi”. Morendo, i mondi della precedente catena hanno liberato energia nello spazio, animando la polvere planetaria vagante. Il quarto dei mondi della catena planetaria che ci ha preceduto, la Luna, si trovava “sullo stesso piano percettivo” della Terra in formazione, e per questo ci ha dato la sua energia (sappiate che, come altre volte, stiamo semplificando all’estremo le spiegazioni dei teosofi…). In un certo senso, per la Teosofia, noi terrestri siamo “figli” della Luna.
Tutto bene, dunque? Purtroppo no, perché la Luna, ormai “morta” e in decomposizione, esercita un’influenza nefasta sulla Terra. Come vampiri, noi ci nutriamo dell’energia lunare, ma, come scrive Blavatsky, siamo un po’ come le piante e i fiori, che crescono più rigogliosi sulle tombe e nella marcescenza. La Luna, insomma, ci è matrigna; non a caso, prosegue Blavatsky, la tradizione occultistica da sempre considera la luce e l’ombra proiettate dal nostro satellite come ambigue. Soltanto alcuni iniziati sanno trarre il meglio dalla pericolosa energia lunare, legata peraltro a nostri antichi antenati lunari, in sanscrito detti Barhishad. Ma si tratta di poche, grandi anime: il resto dell’umanità è bene che si guardi dal nostro satellite.
Ecco quello che conta di questi ragionamenti: la Luna dei teosofi non è un posto tranquillo, o al quale guardare senza preoccupazioni. È un luogo “morto”, o morente, la cui influenza e storia possono essere altamente dannose. Nel complesso, comunque, la Teosofia ha pur sempre un’idea positiva del cambiamento dei mondi e delle civiltà, e persino, nel lungo periodo, dei cataclismi. Negli scritti dei teosofi della prima generazione, quella di fine Ottocento, la parola evoluzione ricorre un numero incredibile di volte. Il punto, semmai, è che dopo i primi teosofi, nel Ventesimo secolo, altri occultisti, meno ben disposti verso la realtà, vedranno la Luna non soltanto come un mondo dall’azione negativa – com’era per la Blavatsky – ma come un tremendo agente apocalittico, portatore di annichilimento per intere realtà. In questo modo, la Luna diventerà il segno di una voluttà di auto-annichilimento a tratti davvero disturbante.
Vediamo in quali termini.
Melanio Lamberti e la Luna cattolica
Questa rassegna si apre con un piccolo mistero. Più o meno, si riesce a capire da chi e da dove i sostenitori del catastrofismo lunare trassero le loro convinzioni. Come sempre, scritti e discorsi circolano, anche se nella storia delle idee è sempre difficile capire nei dettagli come siano andate le cose.
Sulla genesi delle teorie di un personaggio italiano che c’interessa, il cuneese Melanio Lamberti (1877-1920), non sappiamo nulla, anche se, in generale, è plausibile che qualcosa della Teosofia, allora popolarissima, gli sia giunta, influenzandolo.
Tutto però nei suoi libretti e opuscoli, usciti fra il 1916 e il 1919, passava sotto la lente della Bibbia, e per la precisione della sua lettura cattolica. Premesso che per Lamberti le leggi della gravitazione erano sbagliate, e che l’astronomia “vera” era la sua (per lui la gravitazione dipendeva dalla rotazione più o meno rapida dei pianeti, non dalla loro massa…), la storia del mondo era caratterizzata da due catastrofi. La prima, quella che aveva causato il Diluvio biblico, era stata provocata dal fatto che una parte della Luna si era staccata e aveva cozzato contro la Terra: la seconda, quella finale e futura, dalla caduta del pezzo di Luna superstite. Alla sua teoria “selenita”, Lamberti dedicherà un intero volume, La Luna nell’ultima teoria (1919): la Prima Guerra Mondiale è l’ultimo conflitto, quello apocalittico. Ben presto la Luna calerà su di noi, ma stavolta Dio impedirà la strage. L’umanità conciliata sarà guidata dai futuri papi della chiesa di Roma, ma sul trono di essa siederà il Cristo in persona, finalmente tornato nella gloria, sulla scia della Luna esecutrice del volere divino e agente del giudizio finale.
Insieme a Sofia Lincos ho raccontato più ampiamente la vicenda di Lamberti sul n. 52 (2022) di Query, la rivista trimestrale del CICAP. Per quanto cervellotica la si possa considerare, l’idea che aveva, quella dei pezzi di Luna che si sganciano e determinano avvio e termine della storia del mondo, non è paragonabile al vero e proprio abisso che pochi anni prima aveva aperto in Austria e in Germania un altro catastrofista lunare, questa volta davvero padre delle versioni più recenti di queste convinzioni. Un uomo assolutamente razionale, inventore di sistemi ingegneristici che alla fine dell’Ottocento migliorarono in modo significativo i processi di produzione degli acciai e aprirono la via alla chimica delle alte pressioni. Si chiamava Hanns Hörbiger, ed era nato a Vienna nel 1860.
Un mondo di ghiaccio per chi ama la morte: Hanns Hörbiger
Con Hörbiger si tocca il punto più alto – o più basso, se preferite – del catastrofismo lunare. Hörbiger è piuttosto famoso perché, dopo la sua morte nel 1931, le sue idee cosmologiche “alternative” godettero di una fama “a scoppio ritardato”.
Hörbiger era un ingegnere viennese di un certo successo economico, ma era anche un appassionato di astronomia. Come raccontò lui stesso, insoddisfatto delle leggi newtoniane sulla gravitazione, mentre osservava da ore la Luna al telescopio, nel 1894 ebbe “in un lampo” l’intuizione della verità su come funzionano l’universo e la storia del nostro mondo. Insieme all’astrofilo e selenologo tedesco Philipp Fauth, che ne riordinò gli appunti confusi, la comunicò al mondo nel 1913 con un volume di 700 pagine, Glazial-Kosmogonie.
Come per la Teosofia, qui è possibile farne solo un riassunto. All’origine di tutta la faccenda, milioni di anni fa, c’era un grande Sole situato nella costellazione della Colomba, colpito da un colossale pianeta di ghiaccio. I frammenti di quest’ultimo furono proiettati nello spazio, formando delle nubi di ghiaccio, fra le quali quella che ha dato origine al nostro sistema. E perché Newton ha torto? Perché i frammenti dell’esplosione originale, che costituiscono l’etere, rallentano il moto planetario, ed per questo che i pianeti più grandi catturano pianeti minori, le Lune, che lentamente procedono lungo una spirale discendente fino a schiantarsi contro i mondi intorno ai quali si muovono – Terra inclusa.
Una delle nostre precedenti lune si è abbattuta su di noi, con i suoi ghiacci (le lune si raffreddano avvicinandosi ai pianeti…) e con i suoi frammenti, 14.000 anni fa. Da lì il diluvio, la sommersione di Atlantide, la presenza di razze gigantesche dai superpoteri sulla Terra, e molto altro. Poi, il ciclo ricomincerà, sempre tristemente fatale per i pianeti dopo periodi in cui esseri dalle capacità sovrumane faranno la loro riapparizione. Prima o dopo arriverà la fine anche per il ciclo che stiamo attraversando.
Il succedersi delle lune, dunque, è il sigillo del nostro destino – il destino mortale delle civiltà, condannate inevitabilmente a congelare e a esser seguite da altre, in una quasi totale discontinuità e dimenticanza di ciò che di grande c’è stato prima di loro.
Si è scritto spesso che le elucubrazioni di Hörbiger sarebbero state seguite con un certo entusiasmo da parte di ambienti del Terzo Reich, ma l’evidenza al riguardo è limitata: quella più chiara riguarda il fatto che la sezione per la meteorologia dell’Ahnenerbe, il dipartimento delle SS in cui convergevano ricerche più o meno improbabili, in primo luogo pseudoarcheologiche e pseudostoriche, si interessò alla teoria del ghiaccio cosmico. Questo avvenne soprattutto per volontà del suo capo, il meteorologo Hans Robert Scultetus (1904-1976) – a quanto pare, col consenso dello stesso Reichsführer delle SS, Heinrich Himmler. Con l’inizio della guerra, comunque, l’iniziativa fu messa da parte.
In realtà, è molto più importante quello che si fece delle idee di Hörbiger, prima e dopo il Terzo Reich. Nel primo caso, sotto la Repubblica di Weimar, fra il 1918 e il 1933, le fantasie sul “ghiaccio cosmico” godettero di una notevole diffusione grazie alla libertà di stampa e d’opinione del periodo. Diventarono oggetto di racconti di fantascienza, interessarono anti-evoluzionisti e creazionisti che detestavano la scienza, ma affascinarono pure intellettuali popolarissimi come Max Valier (1895-1930), un visionario precursore del volo a razzo, morto nell’esplosione di un prototipo di motore per missili.
Negli anni ‘20 nel mondo germanofono fiorì anche una Gesellschaft für Welteislehre (“Società per la Teoria del mondo di ghiaccio”) con sede a Vienna, ma una cosa va detta con chiarezza: come per altre idee esoteriche, anche per i seguaci di Hörbiger l’arrivo al potere del nazismo significò una perdita di rilievo, non un suo aumento. Libri e opuscoli continuarono a circolare anche dopo il 1933, specie a opera di Hanns Fischer, ma senza che questo comportasse in nessun modo una presa in carico di quelle elucubrazioni da parte di ambienti di punta del regime. In tempi recenti le idee e il successo di Hörbiger sono stati studiati in maniera sistematica dalla storica culturale tedesca Christina Wessely.
In realtà, per tornare a farsi ascoltare, la teoria del ghiaccio cosmico dovette aspettare la fine della guerra e la comparsa di una nuova, ancora più bizzarra schiera di suoi emuli, stavolta però fuori dall’area culturale tedesca. Vediamo da chi era formata questa compagine.
Catastrofisti lunari dopo la catastrofe
La catastrofe del titoletto, naturalmente, è quella della Seconda Guerra Mondiale. Un cataclisma che cambiò molte cose, e ad altre diede un nuovo avvio. È anche il caso della nostra Luna spaccamondi, la cui popolarità cominciò soltanto allora a farsi strada fra il pubblico più vasto. Una popolarità, però, acquisita in maniera paradossale.
Nel 1950, prima negli Stati Uniti e in seguito in mezzo mondo, esce Mondi in collisione, opera dello scrittore e psicoanalista russo-americano Immanuel Velikovskij (1895-1979).
Il suo nome nella storia delle pseudoscienze moderne è sinonimo di catastrofismo – una corrente che con lui arriva davvero a grandi masse di appassionati di occulto, di misteri e di pseudoarcheologia. Velikovskij però non può amare le idee così “tedesche” e sinistre di Hörbiger. È ebreo, a modo suo idolatra a dismisura la Bibbia, ma vuole rileggerla secondo altri canoni: per questo, non cita quasi mai Hörbiger, pur occupandosi tutto il tempo di una cosmologia fatta di disastri e sconvolgimenti. Solo nel 1955, nel volume Earth in Upheavel, incentrato su una rutilante fantageologia, Velikovskij definì freddamente come “bizzarre” le idee sul ghiaccio cosmico proprie dell’ingegnere austriaco. Però, come si diceva, al contempo Velikovskij è pur sempre l’imbattibile campione moderno del catastrofismo planetario, soltanto che nella sua storia alternativa del sistema solare, fonte del caos non è più la Luna, ma i ripetuti passaggi ravvicinati di altri corpi rispetto alla Terra, a partire da Venere e Marte.
Altri neo-catastrofisti attivi dopo la Seconda Guerra Mondiale, invece, pur inevitabilmente colpiti dal successo di Velikovskij, continuarono a prediligere la Luna come fonte dei nostri guai, e lo fecero, non a caso, riagganciandosi a Hörbiger e, in modo più o meno indiretto, ad alcuni ambiti culturali della destra radicale europea post-1945.
Gli strani percorsi seguiti da queste idee ne testimoniano sia la capacità di sopravvivenza, sia l’attrazione fatale che esercitarono su persone a volte assai diverse da quelle che ci si potrebbe aspettare.
Negli anni ‘30, dopo la morte di Hörbiger e con il Terzo Reich saldamente al potere, toccò a un ingegnere nazista violentemente antisemita, l’austriaco Rudolf Elmayer von Vestenbrugg (1881-1970), continuare a diffondere l’idea delle catastrofi lunari. Il suo libro di maggior successo, Die Welteislehre nach Hanns Hörbiger, uscito nel 1938, colpì in particolare una persona importante per la nostra storia. Intanto diciamo che durante la guerra von Vestenbrugg raggiunse il grado di tenente colonnello delle SA naziste, e che, sopravvissuto al conflitto, si ritirò a Graz, in Austria, dove continuò la sua attività politica nell’estrema destra. Coltivò insieme altri interessi, che dovremo tirare fuori in chiusura di questo articolo, ma, come si anticipava, negli anni ‘30 fece innamorare della teoria del ghiaccio cosmico, e dunque delle catastrofi lunari, un individuo del tutto diverso da quelli che abbiamo visto finora.
Era un inglese, si chiamava Hans Schindler (1901-1982), anche se come autore di libri di vario genere è più noto sotto vari pseudonimi, il principale dei quali è “H. S. Bellamy”.
Schindler insegnava inglese a Vienna prima che l’Austria, nel 1938, fosse annessa al Terzo Reich. Infatuato delle idee di Hörbiger, di quelle dell’astrofilo Philipp Fauth e conquistato dall’entusiasmo di von Vestenbrugg, nel 1936 pubblicò a Londra una sua versione della teoria del ghiaccio cosmico nel volume Moons, Myth and Man: A Reinterpretation. Fu in questo modo che il catastrofismo lunare iniziò sul serio a diffondersi fuori dal mondo germanofono. Schindler-Bellamy però fece un’altra cosa essenziale: enfatizzò il ruolo che, nel passato remoto, avrebbe svolto una civiltà avanzatissima situata in Sudamerica, della quale il sito megalitico peruviano di Tiahuanaco per lui sarebbe il residuo. Questa civiltà sarebbe stata sommersa dalle acque presenti ai tropici, durante una delle cadute lunari.
Un ruolo, quello del Sudamerica nell’evoluzione di questi miti, che diventerà ancora più evidente dopo la Seconda Guerra Mondiale (durante la guerra, intanto, era riuscito a scrivere un intero libro su quella presunta civiltà di geni scientifici, Built before the Flood. The problem of the Tiahuanaco ruins, uscito nel 1943). Ma davvero, il caso di Schindler – o Bellamy, se si preferisce chiamarlo così – è paradossale. Perché Schindler, come Immanuel Velikovskij, era ebreo, e dopo l’annessione dell’Austria alla Germania se ne tornò nella sua Inghilterra. Come vedremo, nemmeno le tragedie della Seconda Guerra Mondiale e la Shoah lo convinsero a congedarsi da figure come quelle di Hörbiger e di von Vestenbrugg.
Il maggiore araldo del nuovo catastrofismo lunare post-bellico, però, sarà un altro, e cioè un francese di alta cultura e reputazione, studioso di letteratura e dell’influenza dell’esoterismo sulla letteratura moderna. Saranno le sue versioni della teoria hoerbigeriana, alla quale si ispirò direttamente, a diventare patrimonio comune di appassionati di occultismo di mezzo mondo. Questo studioso francese, Denis Saurat (1890-1958), fu anche il punto di aggancio con una generazione di nuovi esponenti della galassia delle pseudoscienze: gli ufologi e i sostenitori delle teorie degli Antichi Astronauti.
Saurat, uomo coltissimo, da decenni studioso dell’influenza del pensiero esoterico su diversi scrittori moderni, riprese le teorie di Hörbiger cercando di separarle dal contesto ideologico nel quale erano nate – l’occultismo ultranazionalistico tedesco – legandole in modo sofisticato alle mitologie, all’archeologia, alle tradizioni culturali.
Nei suoi due testi fondamentali per la nostra questione, cioè L’Atlantide e il regno dei giganti (1954) e La civiltà degli insetti, la religione dei giganti (1955), Saurat si dilunga sui cataclismi provocati dalle tre lune precedenti alla nostra, la quarta, che cadrà fra quindici milioni di anni. C’è tempo, ma, più grossa delle altre, farà un disastro ancora maggiore che quelle del passato. Atlantide, naturalmente, è stata cancellata dalla Luna precedente la nostra. In questo quadro però ci sono due elementi che Saurat considera in maniera particolarmente rilevante: le razze di giganti che vissero fra noi a causa della crescente attrazione delle lune, e, ancora di più, la rivalutazione dell’idea di Bellamy sulla presenza di una super-civiltà sudamericana fiorita trecentomila anni fa (!).
Catastrofi lunari e Ufo: una nuova tappa
I libri di Saurat ebbero enorme successo anche fra il pubblico generale e, non ultimo, fra i primi appassionati di dischi volanti e della teoria degli Antichi Astronauti. Come in un gioco di specchi, le conseguenze non si fecero attendere. Mentre lo scrittore francese cominciava a proporre le sue elucubrazioni, altre vertigini si offrivano al pubblico di massa.
Nel 1952 l’esoterista peruviano Daniel Ruzo (1900-1991) scoprì sull’altipiano di Marcahuasi, sulle Ande, una serie di formazioni rocciose che lo colpirono. Si convinse presto che rappresentassero una specie di umani giganteschi, che dominavano una civiltà avanzatissima legata ad Atlantide: “Masma”, il cui nome deriva da un sogno profetico avuto da un suo collega. Quando Ruzo iniziò a divulgare le sue teorie, il primo libro di Saurat era appena uscito, e l’incontro fra i due fu subito scoppiettante.
Ma molto altro entrerà ben presto nella corrente di questo torrente impetuoso. Nel 1955 un archeologo dilettante che vive all’Argentario, Costantino Cattoi (1894-1975), anche sulla base di supposte capacità medianiche della moglie, dichiara di aver scoperto nelle sue zone formazioni rocciose gigantesche che per lui sono rovine atlantidee. Pure lui incontra le idee di Saurat sulle catastrofi lunari, e le collega con la civiltà sudamericana antichissima immaginata da quello e in apparenza “confermata” dagli scritti di Daniel Ruzo su Marcahuasi. A fare da trait d’union fra tutti costoro, dal 1956 ci sarà soprattutto l’ufologo, contattista Ufo ed esoterista americano George Hunt Williamson (1926-1986). Nel 1956 Williamson crea un gruppo iniziatico che cerca in Perù antiche civiltà e contatti con gli extraterrestri e che è in strettissimi rapporti con l’italiano Cattoi.
In tutti questi esoteristi, il gigantismo provocato nelle civiltà antiche si salderà subito col mito moderno degli Ufo e con le idee sugli Antichi Astronauti. Quello che non c’era in Hörbiger, il vero papà del catastrofismo lunare, ora inizia a fare nettamente capolino: il ruolo di specie intelligenti originarie di altri pianeti.
Nel frattempo, Hans Schindler “Bellamy” continuava a metterci del suo, fino a giungere a un esito davvero strano. Come prima della guerra, anche dopo il 1945 continuò a sostenere le idee di Hörbiger, ma con un finale se possibile ancora più sorprendente – e discutibile. A parte diventare uno dei più famosi atlantidologi moderni, Schindler, ebreo che si farà seppellire in Israele, continuerà ad ammirare per le sue idee cosmologiche il nazista (e neo-nazista) von Vestenbrugg, di cui si era già detto. Quando nel 1970 questi morirà, Schindler si darà subito da fare per curare e pubblicare postumo, l’anno seguente, un librone che l’austriaco aveva preparato da tempo. Si tratta di Eingriffe aus dem Kosmos (Edizioni Hermann Bauer, Friburgo in Bresgovia), che copre la somma di tutto quello che abbiamo visto finora: Atlantide, superciviltà antichissime, Ufo dalla quarta dimensione, antichi diluvi – tutto tenuto insieme dal catastrofismo lunare e da idee “razziali” di un uomo che anche dopo la guerra scriveva biografie di antisemiti come l’austriaco Georg von Schönerer, che Hitler considerava uno dei suoi ispiratori. Come un ebreo potesse apprezzare queste cose non è facile a dirsi.
Nel frattempo, la Luna che ogni tanto ci cade addosso si era ormai arricchita in modo definitivo della presenza che nelle sue prime versioni non c’era: il legame con gli abitanti di altri mondi e con gli Ufo, antichi e moderni. Dalla fine degli anni ‘50, un “contattista” americano che si faceva chiamare “Rolf Telano”, in libretti come A Spacewoman Speaks (1960) raccontava quanto gli aveva spiegato la venusiana Borealis, membro della razza dei Nors, che hanno creato l’umanità nel Giardino dell’Eden. Borealis spiegò a “Telano” che un tempo intorno alla terra giravano due satelliti: il secondo, Azaltan, fu distrutto da una catastrofe. Conseguenza fu che i suoi pezzi caddero sulla Terra, e gli abitanti dell’altro satellite, Luna, dovettero emigrare sulla Terra, dove furono chiamati “Atlantidei” e diedero origine a splendenti civiltà mediterranee. Purtroppo un aumento delle radiazioni costrinse i lunari a creare città sotterranee. La maggior parte di loro è ora tornata su altri pianeti, ma alcuni vivono ancora nelle cavità del pianeta, e ogni tanto si fanno vedere nei nostri cieli a bordo dei dischi volanti. Oggi sappiamo che in realtà “Rolf Telano” era lo scrittore di fantascienza Ralph Merridette Holland (1899-1962). Appassionato di paranormale e di dischi volanti (fu membro della Borderland Sciences Research Associates, diretta dall’occultista Meade Layne, uno dei padri del mito Ufo, per la cui fanzine scrisse con altro pseudonimo), probabilmente voleva tenere separata questa passione da quella di autore di fantascienza – per questo adottò il nome di Rolf Telano.
Ma Holland-Telano era un membro minore del panorama occultistico statunitense, e dunque ebbe un impatto minimo sul pubblico. Discorso assai diverso va fatto per ben altro personaggio, di nuovo un europeo.
Nel suo primo libro (Histoire inconnue des hommes depuis cent mille ans, 1963), uno dei maggiori esponenti della corrente degli Antichi Astronauti, il francese Robert Charroux (1909-1978) raccontò delle idee di Hörbiger e di Saurat. Tuttavia, lo fece in maniera davvero strana: scrisse di uno studioso di preistoria, Marcel Boscher (del quale oggi fatichiamo a trovare tracce), secondo il quale un tempo l’umanità era formata uomini dai poteri psichici eccezionali e dalla statura di due metri e quaranta. Purtroppo al nostro mondo si avvicinò una Luna (Selene), che però, al contrario di quanto dicevano i sostenitori del catastrofismo dell’era pre-Ufo, era abitata: ci vivevano i Seleniti, che prima invasero la Terra con le loro navi e ci sconfissero grazie alle armi atomiche, poi ne patirono al nostro fianco i cataclismi dovuti al passaggio ravvicinato della loro stessa Luna. Mentre per Charroux-Boscher la statura delle nostre “razze” diminuiva a causa della diminuzione della gravità seguita all’allontanamento finale di Selene e i Poli si spostavano, Seleniti e terrestri si univano, dando vita alla razza che reca i segni della loro origine extraterrestre: i “gialli”, gli asiatici di oggi, la “razza” che segnerà il futuro, anche politico, del mondo a venire.
Razze che s’estinguono, si ibridano o trionfano, Ufo d’oggi e di ieri, civiltà che si combattono a colpi di armi avanzate e di poteri mentali, destini di intere specie che si succedono senza senso né finali felici. Questo genere di storie e di miti moderni, popolarizzati dalla fantarcheologia soprattutto dagli anni ‘60 del XX secolo, traggono la loro origine anche – non solo, certo – dalle teorie pseudoastronomiche sulle lune vaganti e sui loro effetti cataclismatici sui pianeti, in primo luogo sul nostro. Sul piano scientifico si tratta di cose prive di senso, ma constatarlo e dichiararlo a gran voce non è sufficiente.
Queste teorie producono effetti culturali rilevanti, a volte in grado di incidere in modo importante sulla visione del mondo di singoli e di gruppi, perché rispondono in modo alternativo alla scienza a domande ritenute importanti da chi le pone: chi ci ha preceduti, perché le civiltà nascono e muoiono, quale ruolo ha il cosmo sull’evoluzione dei pianeti. Magari con esiti peculiari ma comunque nel complesso innocui, a volte, come si è intravisto da questa rapida rassegna, assai meno.