Giandujotto scettico

Margherita Illuminata Massazza, la santa di Sordevolo 

Giandujotto scettico n° 173 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo

Io faceva il segno di croce acciò le stelle risplendenti invidiassero i miei occhi, acciocché fossero invidiati sempre dal cielo. Battezzandomi il Sacerdote […] diceva le stesse parole, che pronunciava Giovanni battezzando Gesù Cristo. […] Per essere io bambina, battezzata e scancellata dal peccato originale ed attuale. Di quando in quando, ripiglia ancora, cresceva nell’età fino all’infanzia. 

Così trascriveva, per dileggiare l’autrice del testo, un articolo comparso il 9 giugno del 1878 sul settimanale biellese L’Eco dell’Industria. Si trattava di ridere di un “libro santo” che era stato pubblicato da poco da una giovane di Sordevolo, un paese delle Alpi biellesi a quel tempo assai più abitato di oggi (da alcuni decenni, come molti altri comuni italiani di montagna, sta andando incontro a un inarrestabile spopolamento). 

Per l’autore dell’articolo non c’erano invettive che bastassero: il “libercolaccio”, uscito da poco e intitolato Il libro rivelato dallo Spirito Santo (un tomo di 360 pagine, il cui manoscritto, a quanto pare, era stato stampato e fatto circolare contro la stessa volontà dell’autrice) era dovuto a “un’isterica visionaria”, la cui attività stava a testimoniare che a Sordevolo c’era “un piccolo manicomio in tutta forma”. Pieno di citazioni sbagliate del Nuovo e dell’Antico Testamento, zeppo di errori di grammatica e sintassi, il testo si chiudeva con una missiva indirizzata direttamente a Dio, e accompagnata da questa intestazione:

Alla Realtà. Alla maestà dei Rè di tutti i Rè. Alla Realtà della SS. Trinità, che è un sol Dio Padre Eterno. Si è pregato il portinaio S. Pietro di rimettere nelle sue proprie mani di Divinità. Al Regno beato dell’Adornato Trono dell’Altissimo Dio. lori in Cielo (grazia preme).

Quello che però più indignava l’autore dell’articolo erano due cose. La prima era che il libro era privo di qualsiasi indicazione di stampa; gli sembrava che la tipografia, pur di tirar su due soldi con la pubblicazione, avesse accettato l’incarico, ma senza nemmeno avere il coraggio di prendersi la responsabilità dell’operazione.

La seconda lo faceva ancora più arrabbiare. Malgrado la natura delle “rivelazioni” gli sembrasse evidente, c’era un gruppo di persone che seguiva la “santa” nelle sue elucubrazioni, e sembrava prestarle ascolto al punto che gli “allocchi”, riuniti in una “Compagnia della Santa Rivelazione” ne erano spennati dalla fornitura di “lampade, abiti di gala, scarpettine coll’anagramma della madonna”, e di “stampe, e desco sontuoso ai più ferventi adepti”. 

Chi era, dunque, la donna causa di tanto scandalo?

Margherita e l’era dello Spirito Santo

Il libro rivelato dallo Spirito Santo, dettato dalla giovane ai suoi parenti durante una delle sue fasi di esaltazione religiosa, era una fusione di devozione cattolica tradizionale e di annunci dell’avvento di una nuova era per il mondo, quella dello Spirito Santo. Ma il testo conteneva anche scampoli di folklore tradizionale piemontese, ad esempio la storia del Gelindo, una sacra rappresentazione teatrale popolare diffusa almeno dal Seicento, che ruotava intorno alle vicende di un buono e ingenuo pastore – Gelindo, appunto – che giunge ad adorare Gesù Bambino e la sua famiglia. 

In realtà, di questa giovane si parlava già dall’anno precedente, il 1877, quando aveva cominciato a fare dichiarazioni bislacche e ad attirare l’attenzione su di sé. 

Si chiamava Margherita Illuminata Massazza, ed era nata a  Sordevolo il 20 gennaio del  1856.  

L’Eco dell’Industria se ne era occupato già dal 16 maggio. Le stranezze di quella “isterica” avevano attirato le attenzioni degli sprovveduti, e intorno a lei si era creata una “superstiziosa ammirazione”. L’interesse era aumentato, si lamentava il settimanale, anche perché per vederla e discuterne erano arrivate persone colte da Biella, e qualche prete del posto si era messo in testa di discutere la possibile origine “religiosa” delle sue bizzarrie e del suo eloquio. Le cose però si erano rapidamente complicate. 

La ragazza era infatti oggetto delle attenzioni di alcuni spasimanti. Uno di questi, un falegname della vicina Pettinengo, l’aveva sposata in tutta fretta il 2 settembre del 1877, e i due se n’erano andati a profetizzare altrove. Dopo pochi mesi, però, Margherita era rientrata a Sordevolo. Il connubio era durato pochissimo. La donna era rientrata portando con sé una statua della Madonna, a quanto pare acquistata a Varallo Sesia grazie a benevole donazioni. Al rifiuto netto del parroco del posto di benedirla, i suoi seguaci avevano organizzato una cerimonia di dedicazione. In questa occasione la donna si era presentata in abiti candidi, e in atteggiamenti ieratici, da sacerdotessa. 

La cosa non era piaciuta ad alcune persone del posto, che una notte avevano inscenato una specie di contro-processione burlesca. In testa, un uomo affetto da nanismo, con dietro, a sei a sei, persone con trombe, tamburi, gonfaloni, campanacci e lumi a petrolio. Arrivati davanti al “Santuario”, cioè la casa paterna di Margherita, ci sarebbero stati anche dei tafferugli. Una “vergogna per il secolo progressista”, commentava in una lettera, il 29 giugno, un certo R., lamentandosene con il direttore dell’Eco dell’Industria.

Margherita Massazza morì giovanissima, a Biella, il 24 luglio del 1880. Lo storico delle culture piemontesi Gustavo Buratti, ricostruttore di molte vicende di minoranze religiose della sua regione, sia di quelle standard, come quelle della chiesa valdese, sia di altre più eccentriche, come il dolcinianesimo, ha inquadrato in maniera filologicamente adeguata la breve vicenda della donna in due suoi lavori (24 lui 1880: mort ’d la Santa ’d Sordeivo, Armanach Piemonteis, Viglongo, Torino 1980; Al Gelindo arvelà da lë Spirit Sant, Atti dell’VIII Rëscontr Antërnassional dë Studi an sla Lenga e la Literatura Piemontèisa, Alba, 1991, entrambi firmati con il nome in piemontese che di norma usava, cioè Tavo Burat). 

Nel complesso, ne emerge che la stampa dell’epoca esagerava nel ritenerla una specie di ribelle sociale, potenzialmente pericolosa per l’ordine pubblico. Lo scopo di questa donna era – a modo suo – di riformare la devozione cattolica e di avere un papato più forte e disponibile ad ascoltare rivelazioni e “miracoli” proclamati dai poveri. A quanto pare, le ultime forme devozionali ispirate a Massazza si spensero a Sordevolo e dintorni negli anni ‘50 del Ventesimo secolo. 

Pare dunque esagerato, come pure è stato fatto, accostare la vicenda della “santa di Sordevolo” a quella, contemporanea alla sua, del cosiddetto profeta dell’Amiata, David Lazzaretti, morto in un incidente con la polizia in Toscana, nell’estate del 1878, del cui movimento neo-religioso ci siamo occupati sul n. 56 di Query, il trimestrale del CICAP, dedicandogli una puntata della nostra rubrica Divergenti – Ritratti di protagonisti dell’antiscienza. Margherita non era una ribelle, cercava di inserire le sue rivelazioni nell’alveo della Chiesa cattolica e delle conoscenze religiose in suo possesso, per quanto a volte approssimative. Se i bravi cattolici di Sordevolo, scandalizzati dalle sue citazioni sbagliate della Bibbia e dall’eloquio poco forbito, la vedevano diversamente, non era colpa sua.

Immagine da Wikimedia Commons, foto di Lalupa, pubblico dominio