14 Ottobre 2024
Approfondimenti

Campi elettromagnetici a radiofrequenza e tumori: lo studio dell’OMS

di Rossana e Massimo Garavaglia

L’OMS ha di recente pubblicato una revisione sistematica con meta-analisi dal titolo: L’effetto dell’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza sul rischio di cancro nella popolazione generale e lavorativa: una revisione sistematica degli studi osservazionali umani – Parte I: Risultati più studiati. [1]

Si tratta di un lavoro durato 4 anni: rappresenta la prima parte di una revisione più ampia ed è relativa ad alcuni tipi di tumori: gliomi, meningiomi, del nervo acustico, pituitari, delle ghiandole salivari e leucemie (di diversi sottotipi), cioè i tumori maggiormente studiati nella letteratura primaria che ha indagato l’associazione tra esposizione e danno oncologico.

“L’obiettivo di questa revisione era valutare la qualità e la solidità delle prove fornite dagli studi osservazionali sull’associazione causale tra l’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF-EMF) e il rischio delle malattie neoplastiche più indagate”. [1]

Quindi, non è uno studio primario su persone, ma uno studio secondario che valuta la solidità delle prove fornite da ricerche primarie, cioè ci dice con quale grado di confidenza possiamo fare una affermazione rispetto al legame causale tra RF-EFM e alcuni tipi di tumori in base al complesso della letteratura primaria (in questo caso si tratta di studi osservazionali epidemiologici) e alle conoscenze scientifiche di contorno.

Dato lo scopo e la letteratura primaria esistente, sono stati considerati tre tipi di esposizione ai campi RF-EMF:

  1. Campo vicino, localizzato alla testa, esposizione dall’uso di telefoni wireless, sia cellulari (1G e 2G) che cordless (SR-A);
  2. Campo lontano, esposizione ambientale a tutto il corpo da trasmettitori fissi, cioè antenne o stazioni base (SR-B);
  3. Esposizioni occupazionali campo vicino/lontano dall’uso di ricetrasmettitori portatili o apparecchiature che emettono RF sul posto di lavoro (SR-C).

A seguito della necessaria selezione della letteratura esistente, 63 pubblicazioni sono entrate nella revisione e meta-analisi per un totale di 119 associazioni tra esposizione e patologie di cui sopra.

Prima di presentare la pubblicazione e le conclusioni è bene fare alcune premesse che ci permettano di meglio comprendere come nascono le evidenze, e quindi anche l’assenza di evidenze scientifiche.

La scienza ha lo scopo di acquisire e aggiornare le conoscenze sulla natura del mondo che segue leggi coerenti e consistenti. Quindi anche i risultati della scienza dovrebbero essere consistenti, ma la scienza è condotta da esseri umani che sono soggetti a diversi pregiudizi, i quali possono portare ad affermazioni inaccurate e inconsistenti. Con questa consapevolezza, la comunità scientifica si è dotata di un metodo che ha lo scopo di minimizzare l’inconsistenza e lo scostamento tra il comportamento della natura e le nostre affermazioni su di essa. Le conoscenze acquisite con metodo scientifico sono la lente attraverso cui noi vediamo il mondo e ci permettono di interagire, più o meno efficacemente, con esso. Quel “più o meno” dipende dal grado di solidità della specifica conoscenza: 

“Molte di queste conoscenze le consideriamo solide e acquisite una volta per tutte. Altre sono ancora parzialmente sub iudice mentre di moltissime altre possiamo garantire solamente la consistenza logica e la verosimiglianza.” (cit. Edoardo Boncinelli) e ogni conoscenza acquisita resta vera… fino a prova contraria.

Nel delineare una specifica conoscenza, va considerato lo scenario più ampio delle conoscenze sulla natura. Sia uno studio primario che uno secondario non nascono in un deserto di conoscenze laterali nelle altre branche della scienza: come in un puzzle, uno studio di argomento medico ha lo scopo di aggiungere pezzi e, al contempo, di inserirsi nella figura completa delle conoscenze scientifiche di chimica, fisica, biologia, etc.

Ciò significa che, se un nuovo pezzo si incastra con solo 3 dei suoi 4 lati, quei tre punti di incastro perfetto concedono una solidità al nuovo frammento del puzzle che sarà tanto maggiore quanto più grande è la solidità degli altri pezzi con cui il nuovo si incastra. D’altro canto, abbiamo un lato di non perfetta aderenza e per decidere che fare della nuova tessera, occorre verificare la solidità dei pezzi di contorno e decidere se il nuovo frammento del puzzle rientri almeno nella categoria delle conoscenze che poggiano su logica e verosimiglianza. Esso rimarrà in sospeso nella sua pozione, ma sub iudice e in attesa, quindi, di ulteriori conferme o disconferme che possono arrivare anche da altre branche della scienza.

Sulle RF-EFM molte ricerche primarie sono state condotte da diversi gruppi di ricerca indipendenti, ciascuna delle quali ha avuto i suoi punti di forza, di debolezza e le sue conclusioni. D’altra parte molte delle conoscenze di fisica, chimica e biologia possono fare da supporto più o meno solido.

Lo scopo del lavoro di OMS nasce dalla necessità di verificare la direzione e la consistenza interna dei risultati di queste pubblicazioni primarie e la loro consistenza esterna rispetto ad altre conoscenze scientifiche.

Fatte queste premesse, veniamo alla pubblicazione dell’OMS.

L’introduzione ci informa della “mancanza di un meccanismo biologico noto per un potenziale effetto cancerogeno dei campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF-EMF) e non è noto quale aspetto dell’esposizione possa essere biologicamente rilevante”.

Attraverso la ricerca scientifica è stato possibile ipotizzare ed identificare precisamente, ad esempio, i danni molecolari da raggi ultravioletti UVA e UVB, anch’essi onde elettromagnetiche, mentre manca un’ipotesi plausibile di danno oncologico delle RF-EMF. Le possibilità odierne di osservare le interazioni con i sistemi biologici a livello molecolare sono supportate da tecnologie precise e ampie conoscenze che offrono una profondità di lettura nemmeno immaginabile sino a pochi anni fa, ne deriva che la non plausibilità odierna ha un’alta solidità e la probabilità di errore nel definire l’assenza di danno è sempre più piccola man mano che passa il tempo.

Nonostante ciò, si conducono continuamente studi epidemiologici per verificarne la sicurezza d’uso: ricerca indispensabile per stabilire il rapporto tra rischio e beneficio di ogni tecnologia che emetta onde EM. Nella revisione di OMS, vi è un paragrafo dedicato al report IARC 2013 sulle onde elettromagnetiche.

IARC stila i suoi report di classificazione delle sostanze in base ai dati di letteratura e indica la qualità e l’attendibilità delle prove che hanno valutato il rischio oncologico e non la cancerogenicità tout court.

Nella monografia del 2013 di IARC, le onde EM sono classificate nel gruppo 2B come possibili cancerogene insieme a, p.e., aloe vera, gasolio, gas di scarico benzina, verdure sottaceto, biossido di titanio (principio attivo delle creme solari), talco cosmetico, etc.

Va aggiunto che questa classificazione nella classe 2B nasce primariamente da uno studio sull’effetto termico del telefono cellulare tenuto all’orecchio per parecchie ore al giorno per anni, cioè il meccanismo d’azione che porta alla patologia è mediato dal riscaldamento dell’area anatomica (che causa modifiche biologiche tissutali) e non dalle onde EM.

OMS premette anche che, ad oggi, non ci siano ancora studi specifici sul 5G. Questo perché gli studi osservazionali epidemiologici sui rischi oncologici legati alla esposizione a qualsivoglia “sostanza” necessitano di un lungo periodo di osservazione (>> 5 anni): essendo la tecnologia 5G relativamente nuova, non si ha ancora avuto il tempo minimo per osservazioni di qualità.

A questo proposito bisogna evidenziare che qui non si sta discutendo l’eventuale pericolosità di una tecnologia, p.e. il 5G, ma la eventuale pericolosità delle onde EM, quindi la ricerca è condotta sulla esposizione alle onde a diversa frequenza e l’intensità della esposizione risultante indipendentemente dal fatto che il campo elettromagnetico sia creato da un cellulare, un forno, un frigo, un apparecchio TV, antenne, stazioni base, etc.

Da ciò si ricava la possibilità di estrapolare i dati sulla esposizione da tecnologia 5G dai dati d’esposizione alle medesime frequenze di una qualsiasi fonte già in uso da anni e anni: nello specifico della revisione OMS, sono stati analizzati i risultati di studi sulle esposizioni occupazionali (“epidemiological studies of radar workers exposed to RF-EMF > 6 GHz have been conducted (Karipidis et al., 2021), and were considered for inclusion in SR-C”).

È importante sottolineare questo particolare a coloro che affermano che non ci sono dati sul 5G, perché l’affermazione non è del tutto corretta: non è la tecnologia in sé ad essere messa sotto la lente di ingrandimento, ma le frequenze usate.

Aggiungiamo un’altra nota importante che ci parla del puzzle di conoscenze in cui il pezzo nuovo deve incastrarsi: quelle che seguono sono alcune delle valutazioni condotte da OMS allo scopo di pesare la confidenza nei dati prodotti dagli studi primari su cui si è condotta la meta-analisi:

  1. Il tumore non è una malattia acuta, ma ha una fase di latenza di anni e anni. Da ciò deriva che se il rischio tumorale è osservato subito dopo l’esposizione, allora il legame tra quella esposizione e quel tumore è dubbio e l’indagine va approfondita e allargata verso cause più probabili. I dati risultanti da una indagine che soffre di questo vulnus sono quindi da considerarsi poco solidi e su di essi dobbiamo avere poca confidenza.
  2. La validità esterna di uno studio va anche ricercata nei dati storici di incidenza di un tumore: se la curva d’incidenza di un dato tumore nella popolazione generale è piatta (non vi è un aumento anno su anno, nemmeno nella stratificazione per dati demografici), allora va ricalibrata la solidità dei risultati di uno studio che annotasse un eccesso d’incidenza per una data esposizione.
  3. La validità interna degli studi analizzati da OMS è stata pesata anche calcolando quello che si definisce il rischio di bias (RoB). Studi con RoB alto permettono affermazioni che hanno una minor confidenza rispetto alla confidenza delle affermazioni di studi con basso RoB.

Esempio: un fattore che diminuisce la validità di uno studio (e abbassa la confidenza di poter affermare qualcosa in base a quei dati) è l’uso di variabili soggettive rispetto a variabili oggettive. In alcuni studi retrospettivi sull’uso dei cellulari la variabile usata è stata quella soggettiva, cioè il ricordo dei soggetti di quante ore al giorno avessero usato il cellulare negli anni; in altri studi l’uso del cellulare (ma non dei telefoni cordless per cui il provider non ha il dato di collegamento; ne deriva che negli studi sul cordless dobbiamo fidarci del ricordo dell’utilizzatore) è stato quantificato chiedendo ai provider i dati di collegamento del cellulare alle celle di telefonia. E’ ovvio che quest’ultimo metodo di valutazione è più solido del semplice ricordo.

Sia la validità interna che quella esterna degli studi primari presi in esame da OMS nella sua meta-analisi sono state usate per pesare il livello di confidenza (fiducia) dei dati sul rischio, cioè il dato numerico sul rischio relativo ottenuto dalla meta-analisi (mRR, rischio relativo del gruppo esposto rispetto al gruppo non esposto) è stato pesato in base alle considerazioni di cui sopra.

In termine tecnico si dice che la confidenza nei dati degli studi primari subisce un downgrade in presenza di fattori che diminuiscono l’affidabilità dei dati. Tutto ciò si è tradotto nell’assegnazione del grado di confidenza del dato di rischio osservato: moderata o bassa certezza.

Le conclusioni della revisione e meta-analisi di OMS per ciascuno dei 3 tipi di esposizione sono:

SR-A: esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF-EMF) a corto raggio alla testa

  1. telefoni cellulari: evidenze di moderata certezza che non aumenti il rischio di glioma, meningioma, neurinoma acustico, tumori ipofisari, tumori delle ghiandole salivari o tumori cerebrali pediatrici. La credibilità della mancanza osservata di associazione tra l’uso del telefono cellulare e il rischio di glioma è rafforzata dalla coerenza esterna con studi di simulazione delle tendenze temporali di incidenza (del glioma, ndr).
  2. Cordless: evidenze di bassa certezza che potrebbe non aumentare il rischio di glioma, meningioma o neurinoma acustico. La mancanza osservata di associazione tra l’uso del telefono cordless e i rischi di glioma, meningioma e neurinoma acustico è rafforzata da considerazioni dosimetriche (i cordless “emettono” meno onde EM dei cellulari 1 e 2G che sono quelli maggiormente studiati negli studi sui cellulari. I cellulari con tecnologia 3 e 4G “emettono” meno onde rispetto ai cellulari 1 e 2G, ndr).

SR-B: l’esposizione a RF-EMF a campo lontano di tutto il corpo da trasmettitori fissi (antenne di trasmissione o stazioni base)

  1. evidenze di moderata certezza che probabilmente non aumenti il rischio di leucemia infantile ed evidenze di bassa certezza che potrebbe non aumentare il rischio di tumori cerebrali pediatrici.
  2. Gli autori scrivono che non sono stati in grado di valutare la confidenza nelle evidenze per l’esposizione ambientale da trasmettitori e il rischio di neoplasie critiche negli adulti a causa della mancanza di studi idonei per l’inclusione.

SR-C: esposizione occupazionale a RF-EMF

  1. evidenze di bassa certezza che potrebbe non aumentare il rischio di cancro al cervello/glioma, mentre tra gli studi analizzati non c’erano studi sulle leucemie.

Inoltre, si sottolinea che i dati su SR-B e SR-C vadano presi con cautela visto il limitato numero di adeguati studi primari a disposizione e la differenza sia delle sorgenti di esposizione che dei dati dosimetrici considerati.

In definitiva, la revisione con meta-analisi dell’OMS smentisce ogni e qualsiasi presunta dimostrazione di legame tra onde EM e danno tumorale del SNC e leucemie: tutto ciò che la ricerca ha messo in campo fino ad ora non è riuscito a dimostrare un legame tra onde EM (nell’ordine delle frequenze di cui si sta discutendo) e tumori indagati.

Nella pubblicazione si legge anche il commento su studi che sono stati pubblicati dopo che la selezione dei 63 studi inclusi era stata conclusa:

  1. COSMOS. Studio prospettico arrivato a 7, 2 anni di osservazione post arruolamento e con 15 anni di raccolta dati pre-arruolamento. Non è stato osservato aumento di rischio di tumori intracranici (glioma, meningioma, nervo acustico) con l’aumento cumulativo di tempo della telefonata (valutata con i dati del provider telefonico).
  2. Due studi condotti in UK non hanno trovato aumento di rischio tra uso di cellulare e tumori benigni della ghiandola salivare e tumori del sistema nervoso centrale.

Gli autori della pubblicazione inoltre raccomandano che le indagini epidemiologiche nel settore siano di tipo prospettico e con appropriato periodo di osservazione: solo tali disegni sperimentali possono offrire minori rischio di bias e fornire, quindi, dati solidi su cui i regolatori possano poggiare l’analisi dei rischi e dei benefici.

Ad oggi, è la Commissione Internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP) ad essere incaricata di definire i livelli di esposizione. Essa 

“ha lo scopo di proteggere le persone e l’ambiente dagli effetti nocivi delle radiazioni non ionizzanti (NIR) e sviluppa e diffonde consigli basati sulla scienza su come limitare l’esposizione alle NIR. Esperti di diversi paesi e discipline quali biologia, epidemiologia, medicina, fisica e chimica lavorano assieme con e all’interno dell’ICNIRP per valutare il rischio dell’esposizione alle NIR e formulare linee guida. Gli esperti dell’ICNIRP basano i propri pareri sul contenuto delle pubblicazioni scientifiche sugli effetti biologici e sui meccanismi di azione delle NIR, nel loro intero spettro di frequenza. I pareri dell’ICNIRP sono organizzati in Linee Guida, Rassegne e Dichiarazioni, che sono pubbliche e disponibili gratuitamente in rete. L’ICNIRP organizza inoltre giornate informative circa lo stato delle attuali conoscenze scientifiche e come opportunità per favorire il dialogo sulla protezione dalle NIR”. [2]

Nel marzo 2020, ICNIRP ha pubblicato le sue linee guida aggiornate sull’esposizione a campi elettromagnetici nell’intervallo di frequenza compreso tra 100 kHz e 300 GHz (che includono quelle usate dalla tecnologia 5G), aggiornando quelle precedenti del 1998 e indicando, per il campo elettrico, un valore limite di 61 V/m per il campo di frequenze di cui stiamo parlando.

Nel definire i limiti di esposizione, ICNIRP adotta parametri di precauzione. La commissione utilizza soglie operative per impostare restrizioni solo quando queste risultano più conservative rispetto ai limiti dimostrati dalla letteratura come dannosi per la salute o quando non ci sono prove sufficienti per stabilire una soglia di effetti negativi. Nel determinare tali soglie, l’ICNIRP considera tutte le esposizioni ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF-EMF), inclusi quelli definiti come “a basso livello” e “non termici”, anche se i meccanismi di azione non sono completamente chiariti. Inoltre, poiché non ci sono prove che le esposizioni continue (es. sinusoidali) e discontinue (es. pulsate) abbiano effetti biologici diversi, non è stata fatta una distinzione teorica tra questi tipi di esposizione. ICNIRP quindi, ha accuratamente e prudentemente applicato parametri di precauzione nel fissare il livello d’esposizione a 61 V/m.

In Italia, fino al dicembre 2023, il limite era fissato addirittura a 6 V/m, ed è stato poi spostato a 15 V/m nel dicembre 2023. Il Politecnico di Milano ci dice che questa scelta italiana di aggiungere precauzione sulla precauzione crea problemi al sistema paese [3] senza che ciò aggiunga una plausibile sicurezza.

I tumori cerebrali sono tumori rari con una incidenza nei paesi occidentali di circa 6-8 casi all’anno su 100.000 persone. L’incidenza è costante dagli anni ’90, mentre è in crescita costante l’uso dei cellulari tanto che oggi nel mondo ci sono più abbonamenti che esseri umani. [1] L’unico paese occidentale che si discosta da questi dati d’incidenza è il Giappone che sta costantemente intorno a 2-3 casi su 100.000 (dati IARC).

Quale limite adotta il Giappone per il campo EM? Quello ICNIRP di 61 V/m come molti altri paesi europei quali Austria, Danimarca, Estonia, Germania, Irlanda, Regno Unito, Rep. Ceca, Portogallo, Spagna e Svezia. [3]

In conclusione, i dati raccolti negli studi analizzati nella meta-analisi OMS sono compatibili sia con un aumento del rischio relativo, sia con una sua diminuzione, ma di una quantità non apprezzabile statisticamente. Per ottenere dei dati più solidi e poter trarre una conclusione di certezza (in senso statistico naturalmente) occorrerebbero studi più ampi e controllati e visto che studi epidemiologici sugli effetti nocivi delle onde EM si eseguono da decenni, senza risultato, a questo punto bisogna ammettere che non sono realizzabili nella pratica. Ciò non è tuttavia un male, perché significa anche che se un aumento/diminuzione del rischio relativo c’è, essa è piccola, tanto che misurarla è molto difficile.

Dal punto di vista fisico, una conclusione di questo tipo è del tutto normale e accettata. La teoria dell’errore, che riguarda ogni singola misurazione, è stata formalizzata da Gauss agli inizi del XIX secolo, mentre la statistica inferenziale, su cui si basano tutti gli studi su popolazioni, come quelli epidemiologici, è stata sviluppata da Fisher e altri matematici circa un secolo fa. Questo concetto di incertezza è inoltre ben radicato anche negli esperimenti di laboratorio, soprattutto dopo la scoperta del principio di indeterminazione da parte di Heisenberg nel 1927. Dal punto di vista della salute pubblica, ICNIRP calcola limiti di precauzione all’esposizione delle onde EM.

Bibliografia

Nota sugli autori: Massimo Garavaglia, fisico, da 30 anni si occupa di progettazione e misure elettroniche nell’industria dei semiconduttori presso varie industrie italiane ed internazionali.

Rossana Garavaglia, laurea in Medicina e Chirurgia, specializzazione in Psichiatria, Master in Patologia Genetico Molecolare. Studia da anni le discipline integrate/complementari/alternative di cui scrive anche per il CICAP.

Immagine in evidenza: da Pixabay, di Albertoadan