Interviste

Il mercato della salute e l’importanza della prevenzione: le proposte di Silvio Garattini per migliorare il servizio sanitario nazionale

di Eleonora Conca e Gaia Dibiase

La medicina moderna, da fonte di progresso e speranza, sta pian piano assumendo i tratti di un grande mercato, dove la salute rischia di diventare un prodotto in commercio. Ne è convinto Silvio Garattini, oncologo, farmacologo e fondatore dell’IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano. Un argomento, questo, che ha affrontato durante il suo intervento alla settima edizione del CICAP Fest, a Padova, offrendo una sua riflessione sullo stato delle cose e sulla necessità di riformare il sistema sanitario per porre al centro la prevenzione delle malattie.

Secondo Garattini, gli italiani sono tra i popoli più longevi al mondo eppure, se si prende in considerazione la durata di vita sana, la situazione cambia drasticamente: gli anziani sono spesso affetti da diverse patologie e questo fa sì che la qualità della loro vita sia piuttosto bassa.

Tutto dipende dal fatto che finora la medicina si è occupata troppo delle cure – ha affermato -, negli ultimi 50 anni ha certamente fatto tanti progressi, grazie all’introduzione di nuovi farmaci e trattamenti, ma la medicina è anche diventata un grande mercato”.

Il mercato della salute e i suoi limiti

Tra i problemi che Garattini sostiene sia necessario affrontare, infatti, c’è proprio la sovrabbondanza nella proposta dei farmaci. Come tutti i mercati, anche quello della medicina ricerca il guadagno e la crescita e, perciò, adotta strategie che favoriscono un consumo elevato di prodotti: “L’obiettivo non è la salute ma il profitto”, ha sottolineato.

Le strategie impiegate dal mercato della medicina per incentivare la propria crescita sono numerose. Tra queste, vi è la tendenza ad abbassare progressivamente i limiti di normalità di alcuni parametri clinici come glicemia e colesterolo, in modo da indurre più persone a sottoporsi a cure non necessarie. Inoltre, l’obiettivo dei trattamenti sembra essere diventato proprio il mantenimento dei valori all’interno degli intervalli prestabiliti e non una reale prevenzione delle malattie. A tale riguardo, Garattini mette in guardia dall’assunzione di farmaci non necessari:

ogni farmaco ha dei possibili effetti collaterali, e ogni paziente che subisce un trattamento non necessario viene esposto a questo rischio in assenza di un reale beneficio”.

Un’altra strategia consiste nell’approvazione di nuovi medicinali senza che venga fatto alcun confronto con i prodotti già in commercio, per stabilire se siano in grado di apportare maggiori benefici. Lo studio effettuato sui nuovi farmaci si basa infatti su tre parametri (qualità, efficacia e sicurezza) che vengono valutati in confronto al placebo, ma il “valore terapeutico aggiunto” rispetto ai farmaci tradizionali non si prende quasi mai in considerazione. Il risultato è che i pazienti spesso assumono farmaci di cui non conoscono la reale efficacia rispetto ad altri prodotti e, senza un’informazione davvero indipendente, non hanno modo di fare scelte consapevoli.

Un sistema medico “al maschile” e la salute delle donne

Le modalità di sperimentazione dei farmaci rivelano altre criticità. Spesso i test vengono condotti su modelli maschili: la sperimentazione inizia su cellule in vitro, prosegue con animali solitamente di sesso maschile e perfino nelle fasi iniziali degli studi clinici coinvolge soltanto uomini. Le donne sono coinvolte soltanto nell’ultima fase delle sperimentazioni e in misura generalmente ridotta, nonostante sia ormai noto che molte patologie possono presentarsi nei due sessi con caratteristiche differenti. Le differenze ormonali e metaboliche determinano anche una diversa risposta ai trattamenti, con un generale maggiore accumulo nel corpo femminile, che può determinare una maggiore incidenza di effetti tossici nelle donne.

Idealmente bisognerebbe effettuare studi clinici distinti per i due sessi – sostiene il farmacologo – ma questa via nella pratica non è percorribile, perché farebbe raddoppiare i costi delle sperimentazioni”.

La prevenzione come unica vera soluzione

Ma come affrontare queste criticità? Garattini sostiene la necessità di una “rivoluzione culturale”, una svolta che riporti la prevenzione al centro della medicina:

Una buona percentuale delle patologie più diffuse, come per esempio il diabete di tipo 2 e molti tumori, potrebbero essere evitate adottando uno stile di vita sano e riducendo i comportamenti a rischio, primi fra tutti il fumo e l’assunzione di alcol”.

In tal senso, suggerisce due soluzioni concrete: tassare più pesantemente il tabacco, destinare i ricavi alla sanità e incentivare abitudini sane come una dieta equilibrata, un’attività fisica regolare e un numero adeguato di ore di sonno. Nello specifico, l’alimentazione deve essere varia ma limitata, perché una riduzione calorica favorisce la longevità, e l’attività fisica deve durare almeno 150-300 minuti a settimana per produrre effetti tangibili sulla salute cardiovascolare. È anche fondamentale mantenere il cervello attivo, a tutte le età, per proteggere la propria salute mentale:

Non stimolare adeguatamente il cervello è uno degli errori peggiori che uno possa fare” ha affermato, “perché in assenza di stimoli esso lentamente perde le sue capacità e questo favorisce lo sviluppo di demenze”.

La lotta per una nuova cultura della salute

I medici di medicina generale, grazie al rapporto diretto che possono instaurare con i pazienti, hanno un ruolo fondamentale nel cambiamento. Sono loro, secondo Garattini, i primi a dover promuovere una cultura della prevenzione, anche e soprattutto agendo su sé stessi, in modo da poter rappresentare un buon esempio per i pazienti. Devono inoltre impegnarsi a raccogliere informazioni da fonti indipendenti e non farsi influenzare dalle pressioni del mercato. L’auspicio del fondatore del “Mario Negri”, in questo caso, è una riorganizzazione del sistema sanitario che preveda case di comunità, dove più medici lavorino insieme per garantire assistenza continua, sgravando il pronto soccorso e assicurando un servizio sanitario più efficiente.

In ultima analisi, sostiene Garattini, occorre promuovere una medicina che si ponga come obiettivo la promozione del benessere collettivo. Per farlo, occorre partire dall’educazione alla salute nelle scuole, perché tale inversione di tendenza può avvenire solo se ognuno è disposto a fare la propria parte.

La genetica – ha detto – non è una condanna, perché cambiare le nostre abitudini può fare la differenza. Certo, ci vuole del tempo, ma se non cominciamo non arriveremo mai”.