Quella volta che Mussolini invitò i Rosacroce a Palazzo Venezia
di Paolo Cortesi
La mattina del 6 marzo 1937, i lettori dei principali giornali italiani trovarono tutti, in prima pagina, la medesima notizia raccontata con le stesse parole del comunicato dell’Agenzia Stefani, datato 5 marzo.
Sotto la soffocante censura del regime fascista, era normale che l’informazione fosse soltanto propaganda dettata dal governo. Ciò che apparve insolito era l’oggetto della notizia.
«Oggi, alle ore 18» scriveva il Popolo d’Italia, organo ufficioso del PNF «il Duce ha ricevuto 120 turisti americani facenti parte della “Rosicrucian”, importante associazione culturale che conta 100 mila membri degli Stati Uniti e di cui fa parte il migliore elemento americano. Il prof. Spencer Lawis (Lewis, n.d.r.), che guida la comitiva nel viaggio turistico attraverso l’Italia, si è dichiarato felice ed altamente onorato di presentare al Duce gli omaggi dei convenuti, a nome dei quali ha affermato che, nel breve soggiorno in Italia, tutti i turisti americani hanno potuto constatare coi loro occhi ciò che nella Penisola è stato fatto per volontà di Mussolini ed ha concluso dichiarando che tutti i convenuti, tornando al loro Paese diranno in nome della verità ciò che hanno visto. Egli ha infine caldamente ringraziato il Duce per l’onore loro accordato con l’ambita udienza».
Seguirono alcune frasi che furono pubblicate in corsivo (il Corriere della Sera le dette in grassetto), per evidenziarne l’importanza:
«Il Duce, esprimendosi in inglese (“in perfetto inglese”, scriveva La Stampa), si è dichiarato lieto di dare il benvenuto agli ospiti di Roma imperiale ed ha ricordato che i vincoli tra gli Stati Uniti e l’Italia sono numerosi, perché l’amicizia di lunga data fra i due Paesi è stata cercata non solo dagli italiani che durante i secoli hanno attraversato l’Oceano verso il Nuovo Continente, ma anche dai molti americani che di sovente hanno visitato l’Italia, ove molti di essi si sono stabiliti permanentemente. Ha quindi affermato che i nomi di Franklin e di Jefferson che la “Rosicrucian” annovera fra i suoi illustri soci, sono conosciuti e profondamente rispettati da ogni italiano, ed ha terminato invitando i presenti a dire, al loro ritorno, agli americani, quello che hanno visto in Italia, perché la vera solidarietà internazionale viene originata da queste sincere rassegne da uomo a uomo. Le parole del Duce sono state salutate da vive acclamazioni».
Quella che era indicata come “associazione culturale”, era detta “associazione religiosa americana” sul Corriere della Sera del giorno precedente, 5 marzo, che dava notizia dell’arrivo a Roma, da Nizza, di
«122 membri della “Rosicrucian”, importante associazione religiosa degli Stati Uniti che conta varie migliaia di aderenti. Giunti in crociera nel Mediterraneo sulla nave Roma, dopo aver sostato a Napoli e a Genova, sono sbarcati a Roma, guidati dal dott. Harve (Harvey, n.d.r.) Spencer Lewis, di San José di California, e da Mr. e Mrs. McGuire».
Ma cos’era questa associazione Rosicrucian?
Si trattava del The Rosicrucian Order – AMORC (Amorc è l’acronimo di Antiquus Mysticusque Ordo Rosae Crucis, Antico e Mistico Ordine della Rosa Croce) che era stato fondato nel 1915 da Harvey Spencer Lewis (1883-1939), giornalista e illustratore newyorchese, o uomo d’affari e filosofo secondo altre fonti sempre interne all’AMORC, il quale nel 1909 era stato iniziato – così afferma lui stesso – da dirigenti occulti della Rosacroce in Tolosa che lo incaricarono di rinnovare l’attività della società in America.
L’AMORC dichiarava di conoscere e conservare la più alta sapienza ermetica che risaliva al faraone Thutmose III il quale «organizzò la presente forma fisica dell’Ordine Rosacrociano e delineò molte delle sue leggi e regolamenti». Secondo Lewis, l’Ordine seguiva una misteriosa ciclicità distesa lungo un periodo di 216 anni: i primi 108 anni erano caratterizzati da una grande attività rivolta soprattutto verso l’esterno; il successivo periodo di 108 anni era una fase di «attività nascosta e silenziosa, quasi simile a una dormienza completa (complete dormiancy)».
L’AMORC di Lewis così si presentava nella sua rivista The Rosicrucian Digest:
«L’Ordine Rosicruciano, che esiste in tutte le terre civilizzate, è un corpo fraterno e non settario di uomini e donne dediti alla ricerca, allo studio e all’applicazione pratica delle leggi naturali e spirituali. Lo scopo dell’organizzazione è consentire a tutti di vivere in armonia con le forze cosmiche creative, costruttive per il raggiungimento della salute, della felicità e della pace».
Secondo la ricostruzione fatta da Silverio Corvisieri nel suo bel saggio Il mago dei generali. Poteri occulti nella crisi del fascismo e della monarchia (Odradek, 2001), l’incontro dei Rosacrociani d’America con Mussolini fu molto più che la visita di un gruppo di ammiratori.
Il personaggio chiave della storia sarebbe stato il calabrese Giuseppe Cambareri (1901-1972), una figura strana e complessa, uomo di molteplici affari, occultista, astrologo, massone, teosofo, fascista prima, antifascista poi, con alte entrature in Brasile, dov’era emigrato, e in Italia, dov’era rientrato nel 1934 per svolgere una non ben chiarita missione segreta a Roma, città in cui rimase quattordici anni, cercando – senza riuscirci – di diventare l’eminenza grigia del regime, il consigliere segreto di Mussolini. Cambareri, tuttavia, si affermò nell’ambiente politico ed economico della capitale come un attivissimo faccendiere, che aveva accesso ad uomini di potere come il ras Farinacci e i generali Badoglio e Carboni.
Secondo Corvisieri, che si basa sulle relazioni degli informatori dell’OVRA, l’incontro tra Lewis e il duce fu suggerito da Cambareri il quale
«avrebbe in effetti sostenuto la necessità che Mussolini utilizzasse i Rosacrociani affinché convincessero la massoneria internazionale a farsi mediatrice di un accordo tra Italia e Inghilterra».
Un altro informatore «attribuiva a Cambareri l’intenzione di convincere Mussolini a usare i rosacroce per porre fine alla crisi in atto con la Gran Bretagna e la Società delle Nazioni», crisi causata dall’aggressione dell’Italia all’Etiopia.
La straordinaria accoglienza che il dittatore riservò al folto gruppo dei Rosacrociani di Lewis fu, per Corvisieri, un «chiaro segnale, alla luce del sole» che «avrebbe potuto, secondo Mussolini, contribuire ad un allentamento della morsa dell’isolamento e a ridare spazio di manovra all’Italia».
L’ipotesi è invitante perché sembra svelare un episodio di quella “storia segreta” che, tra l’altro, oggi piace tanto al pubblico. E soprattutto è un’ipotesi fondata su autentici documenti d’archivio: i rapporti delle spie dell’OVRA che raccoglievano voci, confidenze, pareri che, proprio per la loro riservatezza, dovrebbero essere particolarmente credibili.
Tuttavia, questa suggestiva chiave di lettura presenta alcune incongruenze, come accade spesso quando si sottopone a verifica nei dettagli l’allettante ipotesi di una pista sconosciuta. Non dubito che gli informatori dell’OVRA abbiano effettivamente raccontato quello che avevano raccolto in conversazioni riservate; ma non dimentichiamo che questi confidenti erano (ben) pagati per dare rivelazioni; a loro interessava soprattutto la quantità delle comunicazioni, prima ancora che la loro esattezza. I rapporti presentavano anche voci non verificate, opinioni, illazioni, supposizioni, i si dice e i pare che abbondano nei verbali delle spie del regime che, per mantenere quell’ambìto e infame incarico, dovevano produrre delazioni a getto continuo. E non dimentichiamo, infine, che gli informatori dell’OVRA non avevano una esatta conoscenza delle diverse società iniziatiche, soprattutto di quelle estere, e dei rapporti fra esse, spesso conflittuali.
Ad esempio, l’AMORC di Lewis era in duro contrasto con la Fraternitas Rosae Crucis di Reuben Swynburne Clymer (1878-1966), anch’egli statunitense: ciascuno accusava l’altro di essere un ciarlatano ed un impostore.
Il viaggio che portò i Rosacrociani a Palazzo Venezia era chiamato, fin dalla sua prima ideazione, the Egyptian Tour. La meta finale, e più importante, era l’Egitto, considerato la culla della sapienza iniziatica; gli altri paesi erano tappe del viaggio. Su The Rosicrucian Forum (la rivista riservata ai membri dell’AMORC) dell’agosto 1935 si leggeva che
«il viaggio in Egitto (the Trip to Egypt) sarà il più grande viaggio turistico collettivo che andrà in 22 paesi del Vecchio Mondo dei tre differenti continenti che toccheremo, in 50 o più città attraverso cui passeremo o in cui faremo sosta per studio. Ma certamente sarà la più numerosa comitiva turistica americana che sia mai andata in Egitto e nei suoi misteriosi luoghi per istruzione e per ricevere l’illuminazione». (Le traduzioni sono mie).
Questo era il secondo tour dell’AMORC in Egitto, il primo era avvenuto nel 1929.
Spencer Lewis, che era l’Imperator, ovvero il fondatore e capo supremo dell’AMORC, ma anche un abile pubblicitario, sottolineava il fatto che il denaro speso per il viaggio era un eccellente investimento:
«Giovani e vecchi avranno di che parlare e sognare per anni, si assicureranno materia di conversazione, per letture, per studio, per il piacere di rivedere filmati, e per l’analisi delle tendenze e delle caratteristiche del carattere umano e dell’umanità in genere».
Nell’estate del 1935, le intenzioni aggressive di Italia e Germania erano evidenti: l’Italia si apprestava all’invasione dell’Etiopia e in Germania era stato ripristinato il servizio di leva obbligatoria, contro le disposizioni del Trattato di Versailles.
Lewis, non so se per una sua particolare psicologia o per motivazioni ideologiche, era convinto che non ci sarebbe mai stata una guerra, e purtroppo sappiamo quanto questo suo ostinato ottimismo fosse sbagliato. Ma ogni volta che toccava l’argomento della sicurezza in Europa, che preoccupava una buona parte dei suoi adepti, aveva toni più che rassicuranti; quasi derideva chi credeva possibile il contrario.
Dapprima, il viaggio in Egitto era previsto per la fine di gennaio o i primi del febbraio 1936.
Sul numero del dicembre 1935, il Rosicrucian Digest, organo ufficiale dell’AMORC, dette la notizia che il viaggio in Egitto era rimandato al febbraio 1937 perché
«diverse linee di navigazione, tutte in qualche modo associate a compagnie britanniche o a interessi britannici, hanno deciso che non è nel migliore interesse di tutti portare le loro navi nel Mediterraneo in qualsiasi momento durante il periodo di instabilità politica».
Sul Rosicrucian Forum dell’aprile 1936, Spencer Lewis confermò il viaggio per i primi mesi del 1937, e per tranquillizzare i molti Rosacrociani che non se la sentivano di viaggiare in un clima di incertezza sempre più drammatico, l’Imperator dette questa previsione della situazione europea:
«abbiamo posticipato il viaggio, credendo che nelle condizioni in Europa, sebbene sconvolta e inquieta, e molti punti saranno in conflitto, vi sarà una soluzione pacifica di tutti questi problemi e nulla interferirà seriamente con il nostro comfort in un viaggio del genere».
Lewis aggiungeva un’analisi sorprendente: quest’uomo, che diceva di conoscere tutti i segreti ermetici, non capiva nulla della situazione politica d’Europa, in cui Italia, Germania e Portogallo erano sotto feroci dittature militariste. Scriveva l’Imperator:
«I popoli europei non vogliono nessuna guerra, indipendentemente dal paese in cui vivono».
E ancora:
«Nè il popolo francese né quello italiano sottoscriveranno una sola parola di un piano che possa imporre una guerra a qualsiasi paese».
I timori e le notizie della guerra imminente, secondo Lewis, erano creati dai giornali per aumentare le vendite, da politici malati di protagonismo e da diplomatici
«loquaci e in cerca di pubblicità che dovrebbero stare dietro agli aratri che dissodano il terreno invece di detenere portafogli come statisti; potremmo fare un uso migliore di alcuni di loro proprio qui nel parco rosacrociano per scavare fossi e ripulire i terreni per nuovi prati e nuovi edifici, e forse con la giusta guida potrebbero fare un buon lavoro».
Il programma dell’Egyptian Tour era ricchissimo: in sessanta giorni di viaggio, si sarebbero attraversati ventidue paesi, facendo tappa o soggiorno in almeno cinquantadue città:
«Certamente vedremo la riviera francese e quella italiana, e i magnifici e affascinanti porti di Gibilterra, Algeri, Barcellona, Nizza, Monte Carlo, Napoli, Atene e altri luoghi nel pieno della loro stagione carnevalesca e, ovviamente, visiteremo altri luoghi mistici e sacri di Siria, Palestina ed Egitto, traendo ispirazione negli elementi mistici di cui vogliamo godere».
Il tour era tecnicamente organizzato dalla compagnia di viaggi James Boring di Chicago e costava la bellezza di 615 dollari (13.670 dollari di oggi).
Sabato 30 gennaio 1937, centocinquanta Rosacrociani guidati dal loro Imperator salpavano da New York sul transatlantico Rex, celebre per avere conquistato il Nastro Azzurro, il riconoscimento per la nave di linea più veloce ad attraversare l’Atlantico.
Nel numero dell’agosto 1937 del Rosicrucian Digest, Lewis raccontò alcuni momenti caratteristici del viaggio, cominciando dal pranzo sulla cima di una montagna dell’Isola di Madera che ospitava, dice, il Tempio della Musica ai tempi di Atlantide, di cui l’isola è ciò che resta in superficie.
Altre tappe della crociera furono Algeri, Napoli e Atene. Lewis enfatizza ogni volta la perfetta ospitalità degli alberghi, la comodità degli spostamenti in auto, in treno, o su cammelli, più che l’intensità delle meditazioni nei luoghi mistici.
Mentre la nave dei Rosacrociani dal Medio Oriente faceva rotta su Nizza, giunse all’Imperator un radiogramma che
«invitava mia moglie e me, accompagnati dagli Ufficiali Supremi, a un ricevimento speciale concessoci dal signor Mussolini nel Palazzo di Venezia a Roma. Dovemmo convocare in fretta una riunione alle undici di sera, e fu divertente vedere come i membri risposero alla chiamata improvvisa e inaspettata in pigiama, vestaglia e altri abiti vari, e sebbene la maggior parte di loro fosse assonnata e mezza addormentata, si svegliarono rapidamente alla notizia e accettarono di accompagnarci in massa a Roma, e di rinunciare a tre dei sette giorni che avevamo programmato di trascorrere a Nizza. Avevamo già visitato Roma, e questa deviazione nel nostro itinerario rappresentò un costo in denaro e in impegno, e un viaggio faticoso di un giorno intero. Dunque abbiamo interrotto la nostra visita a Nizza dopo aver goduto di tante viste meravigliose, siamo andati a Roma e abbiamo partecipato a una serie di importanti cerimonie nel pomeriggio e la sera».
Il ricevimento, come sappiamo, si tenne il 5 marzo 1937 nella Sala del Mappamondo a Palazzo Venezia, e fu regolato dalla consueta coreografia degli incontri col duce a cui erano ammessi i prescelti:
«Tutti coloro che erano presenti in quel momento (praticamente ogni membro del gruppo) ricevettero in seguito una fotografia di grandi dimensioni del gruppo con il signor Mussolini, la mia famiglia e io in piedi al centro del gruppo».
Lewis commentò l’evento come un eccezionale riconoscimento per il suo AMORC:
«L’accoglienza dei Rosacrociani da parte del signor Mussolini, e il bel discorso che ha fatto come messaggio al vostro Imperator e ai Supremi Ufficiali, le belle cose che ha detto sui Rosacrociani e sull’AMORC, i numerosi riferimenti alla sua storia e alle sue attività che ha detto di aver indagato per qualche tempo, e il suo caloroso benvenuto ai Rosacrociani e al Rosacrocianesimo, costituiscono alcuni degli elementi notevoli della crescita e dello sviluppo dell’Ordine in Europa. Avrà un effetto maggiore sul Rosacrocianesimo in Europa di quanto chiunque dei nostri membri possa ora immaginare».
Lewis era ben consapevole, e lo scriveva, che da questo incontro chi ci guadagnava di più era l’AMORC, e ci tenne a farlo sapere con un comunicato all’Associated Press il cui titolo era «I Rosacrociani ottengono un insolito omaggio (win an unusual tribute) da Mussolini» in cui si leggeva:
«L’accoglienza da parte di Benito Mussolini, la scorsa settimana, dell’Imperator, H. Spencer Lewis e di altri Rosacroce ora in viaggio con lui in Europa, è stata considerata la prima volta che un tale onore è stato accordato a rappresentanti di una confraternita o di un ordine filosofico americano, secondo quanto riferito ieri al quartier generale dei Rosacroce. Mussolini ha generalmente disapprovato le confraternite, ma dopo che egli ha discusso la storia e lo scopo generale dell’Ordine Rosacroce con il dottor Lewis, ha elogiato il movimento e ha posato per una fotografia con il dottor Lewis e la famiglia. L’udienza si è svolta nell’ufficio del leader italiano, in quella che era l’ex ambasciata austriaca. È dal balcone di questo edificio che pronuncia i suoi famosi discorsi alle Camicie Nere».
I dirigenti dell’AMORC consideravano questo non richiesto incontro col dittatore una insperata, grande possibilità:
«È stato davvero un evento insolito, perché l’udienza che il dott. Lewis ha avuto con il Primo Ministro italiano potrebbe comportare, dalla natura della conversazione, il ripristino esterno delle attività dei Rosacroce in Italia, che sono state, fino ad ora, soppresse».
Se appare evidente quanto fosse prezioso per i Rosacrociani l’invito di Mussolini, è meno chiaro cosa questi cercasse di ottenere. Infatti, è da escludere che il dittatore avesse il minimo interesse alla bizzarra dottrina dell’AMORC. La filosofia ufficiale del regime era quella di Giovanni Gentile e quale fosse il posto nell’Italia del 1937 per le associazioni iniziatiche, esoteriche, segrete o solo riservate lo si sapeva da anni, da quando la legge del 18 maggio 1925 praticamente le metteva tutte al bando.
Ma allora perché Mussolini accolse con tutti gli onori i turisti dell’AMORC? Per tentare, tramite esso, un contatto con la massoneria internazionale, come crede Corvisieri? Per cercare un canale, di certo insolito, ma forse l’unico rimasto, dopo l’aggressione all’Etiopia e il sostegno militare al generale golpista spagnolo Franco, per un utile dialogo con il governo degli Stati Uniti?
L’ipotesi non è inverosimile. Se si pensa – ad esempio – all’importanza decisiva che ebbe la Massoneria nella dichiarazione e nella gestione della Grande Guerra, appare tutta la potenza della società che aveva i suoi “fratelli” in moltissime posizioni di comando nei paesi di tutto il mondo.
La Massoneria, nei primi decenni del Novecento, era potente non perché fosse – come credono i complottisti che giocano agli storici – un centro di regia occulta dedicato a mirabolanti progetti di dominio totale; ma perché essa era, come disse Antonio Gramsci,
«l’unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo».
Normale, dunque, che si pensasse ad essa come il migliore interlocutore possibile fra istituzioni di due paesi con governi del tutto diversi.
Ma c’è un fatto che confuta questa interpretazione: l’AMORC non aveva e non voleva avere nulla a che fare con la Massoneria e lo dichiarava orgogliosamente.
«Abbiamo affermato con assoluta certezza negli ultimi dieci anni o più» scriveva Lewis sul Rosicrucian Digest dell’ottobre 1937 «che l’AMORC in tutto il mondo non era di natura massonica, non aveva assolutamente alcun collegamento con la Massoneria, non tentava di emulare nessuno dei rituali, delle pratiche o dei segreti della Fratellanza Massonica e che non sarebbe mai stato interessato o coinvolto nella promulgazione di nulla che confinasse, assomigliasse, imitasse o fosse affiliata alla Massoneria. Abbiamo ripetutamente affermato che il lavoro della nostra organizzazione e quello della Massoneria rappresentavano due campi distintamente diversi di sforzo e impegno umano e non c’era alcuna vera analogia e nessuna somiglianza fondamentale tra loro».
Possibile che Cambareri non lo sapesse? Possibile che egli credesse che una associazione creata da un intraprendente pubblicitario del New Jersey solo venti anni prima potesse dialogare allo stesso livello, con la stessa autorità della Massoneria, vecchia di due secoli, diffusa in tutto il mondo nelle più rilevanti classi sociali?
Mussolini invitò l’Imperator e i suoi adepti perché, come scrisse l’Agenzia Stefani seguendo l’immancabile velina, «facevano parte del migliore elemento americano», erano cioè esponenti della destra che non nascondeva tutta la sua simpatia per il fascismo.
L’invito a Palazzo Venezia dei 120 Rosacrociani era una mossa di propaganda, un modo efficace di presentare ai centomila Rosacrociani negli Stati Uniti le benemerenze del regime; essi dovevano vedere e riferire che l’Italia non era una nazione-caserma sotto una spietata dittatura guerrafondaia, ma un paese risorto nella concordia, nell’ordine e nella potenza e che sprizzava riconoscenza al grand’uomo al quale si doveva tutta questa gioia.
E lo scopo fu ottenuto, a giudicare da quanto Lewis scrisse sul Rosicrucian Digest del giugno 1937, in un articolo dal titolo significativo: «La verità sull’Europa». Parlando dell’Italia, l’Imperator racconta:
«Eravamo stati debitamente preparati, dai resoconti dei giornali e delle riviste, a trovare sfiducia tra il popolo italiano, un alto grado di risentimento verso il signor Mussolini e il suo regime autocratico, e abbondanti prove ovunque di una tassazione oppressiva per i preparativi di guerra unita a una povertà estrema e al bisogno come risultato della “sfortunata” spedizione d’Etiopia.
Abbiamo trovato qualche prova a sostegno di queste relazioni? Niente affatto; nemmeno tra quelle classi di persone in Italia più facilmente influenzate da tali cose. Penso di poter dire con certezza che ognuno del nostro gruppo di centocinquanta uomini e donne intelligenti e osservatori, di ogni classe di interesse e occupazione umana, concorderà sul fatto che abbiamo visto e assistito a più pace, più progressismo, più lealtà convinta, più prosperità e più ottimismo in Italia che in qualsiasi altro paese. Ovunque in Italia, vecchi edifici venivano abbattuti ed erano costruite centinaia di nuove grandi case di tipo moderno e palazzi commerciali. Vecchie piazze facevano posto a nuovi e bellissimi parchi. Arretrate stazioni ferroviarie e moli dei piroscafi venivano sostituiti dalle strutture più magnifiche che si potessero concepire, generalmente più elaborate, belle e meglio organizzate che in America. Non si vedevano mendicanti; nessuna fila per il pane, nessuna scena deprimente di disoccupazione. Quanto al trattamento cortese e gentile, allo spirito di cordialità e buona volontà verso il turista, non abbiamo provato altro che ammirazione e lode per ciò che abbiamo trovato ovunque.
Se mai un uomo è stato amato, ammirato e rispettato con gentilezza da una intera nazione, è il signor Mussolini. Non l’austero tiranno, non il dittatore accigliato e cupo, non l’uomo temuto e odiato dell’oppressione, ma il vero grande “fratello e padre” del suo popolo. E non abbiamo visto minacciose navi da guerra da nessuna parte lungo le molte miglia del Mediterraneo che abbiamo viaggiato per trenta giorni o più. Non abbiamo visto parate di soldati in Italia che facevano manovre in preparazione alla guerra. Abbiamo visto il signor Mussolini muoversi per la città di Roma e altrove senza l'”esercito di guardie” a proteggerlo. L’abbiamo visto nel suo palazzo ufficiale, un leader piacevole, felice e magnetico, il cui sorriso è adorato da milioni di persone che lo venerano. Abbiamo sentito solo due colpi di cannone nei nostri mesi di viaggio, entrambi pacifici segnali del mezzogiorno.
La verità sul signor Mussolini e sul suo potere di mantenere la pace in Europa non è stata riferita in America, e la bellezza, la sicurezza, la cordialità e l’emozione di viaggiare in Italia non sono state raccontate».
Nello stesso articolo, Lewis affermava anche che «era abbastanza evidente che le storie raccontate sul signor Hitler e sulle sue azioni erano state falsificate e deliberatamente travisate. Abbiamo trovato Sinagoghe tranquillamente in funzione», e riportava le parole di un anonimo anziano rabbino che si sbalordì quando Lewis gli parlò delle persecuzioni degli ebrei e che lo rassicurò che non aveva sentito niente di simile e che per lui tutto era perfettamente normale.
Veramente, Spencer Lewis nel 1937 era un sincero estimatore dei regimi dittatoriali, nei quali non riusciva proprio a trovare nulla di criticabile. E che fosse il capo supremo e la somma autorità culturale per diverse migliaia di americani e americane ne faceva un propagandista efficace; forse per questo Mussolini ascoltò il consiglio di Cambareri e invitò a Palazzo Venezia Lewis e il centinaio di Rosacrociani che viaggiavano con lui: ognuno di questi doveva vedere la grandezza del regime e il fascino del duce, ed esserne testimone al ritorno negli Stati Uniti.
Per questa occasione, Mussolini volle dimenticare la sua campagna contro le società iniziatiche e certo con stupore i massoni italiani obbligati dal regime a chiudere le loro logge lessero sui giornali le lodi del dittatore a Franklin e Jefferson, due dei padri della massoneria americana.
Immagine: Palazzo Venezia oggi, foto di Chabe01, da Wikimedia Commons, licenza CC BY-SA 4.0.