Misteri vintage

L’Ufo del presidente Carter

di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo

Il 29 dicembre 2024 è morto, all’età di cento anni, James “Jimmy” Earl Carter, presidente degli Stati Uniti fra il 1977 e il 1981, eletto tra le fila del partito democratico. E, negli articoli che ripercorrono la sua vita, si è tornati anche a parlare di un evento misterioso che lo vide tra i testimoni, nel 1969.

Jimmy Carter, il presidente

Nel giudizio di molti storici, la presidenza Carter non fu un granché. Seguiva la disfatta totale della superpotenza in Indocina, con l’abbandono della regione, nel 1975, davanti all’avanzata militare delle forze comuniste;. Soprattutto, Carter non valutò con sufficiente acume la crisi della monarchia dello scià in Iran, alleato di ferro dell’Occidente, nel 1979 abbattuto dalla rivoluzione che ben presto avrebbe instaurato la tirannia religiosa sciita, portando all’innesco di una serie di rivolgimenti planetari che durano tuttora.

In seguito, agli occhi di molti americani Carter ha acquisito una statura etica che per certi versi ha posto in secondo piano la qualità non eccelsa della sua presidenza, grazie all’impegno mediatorio in situazioni di perenne crisi come quella mediorientale, che gli hanno fruttato il premio Nobel per la pace, all’impegno per i poveri come membro attivo di una chiesa protestante battista e alla vasta azione filantropica. 

Se oggi Misteri Vintage vi parla di Jimmy Carter, comunque, non è per occuparsi della sua azione politica e del suo lascito come presidente, ma per un altro episodio della sua vita, certo minore, ma che a suo tempo fece scalpore: Carter descrisse in modo dettagliato (e più volte) un Ufo che aveva osservato nel cielo. Una vicenda che, al di là della personalità del testimone, ha diverse cose da raccontarci.

Un Ufo – e il suo giorno sbagliato

Nell’autunno del 1971, Carter, che era già stato eletto negli Anni 60 al Senato statale della Georgia, dove era un grande imprenditore agricolo, aveva vinto le elezioni per il posto di governatore. Fu durante i quattro anni del suo mandato che, ai primi di settembre del 1973, raccontò un fatto strano nel corso di un’intervista rilasciata al Courier Herald, quotidiano della cittadina di Dublin. Quattro anni prima, diceva al cronista, nel cielo di Leary, paesino della Georgia, aveva visto qualcosa di insolito: un fenomeno aereo che non era stato in grado d’identificare, malgrado una laurea in fisica e una carriera da ufficiale della marina militare, nel corso della quale aveva osservato di tutto. 

La descrizione era sommaria: una luce più piccola delle dimensioni apparenti della Luna, a circa 30 gradi di altezza sull’orizzonte, vista non soltanto da lui, ma almeno da un’altra decina di persone che erano in sua compagnia. Per Carter, si trattava forse di un qualche “fenomeno elettrico” dell’atmosfera, di tipo sconosciuto. 

Questo aneddoto, in apparenza irrilevante, in realtà cadde in un momento particolare. Nell’estate-autunno del 1973, negli Stati Uniti si verificò una delle più grandi ondate di avvistamenti Ufo del secolo scorso. Quando giunse al culmine, l’11 ottobre, fra i tanti casi fece scalpore in tutto il mondo il presunto “rapimento” a bordo di un’astronave aliena di due operai di Pascagoula, nel Mississippi. Tutta quell’agitazione, fra l’altro, innescò ondate Ufo anche in altre parti del mondo, per esempio in Perù, Francia e Italia, dove l’entusiasmo collettivo culminò in Piemonte, nel mese di dicembre. 

L’uscita di Carter giunse subito all’attenzione dei gruppi ufologici. Il 14 settembre un’associazione di Oklahoma City, l’International UFO Bureau (IUFOB), inviò al governatore Carter un questionario d’avvistamento, chiedendogli di compilarlo. Sorprendentemente, appena quattro giorni dopo, Carter compilò il rapporto in ogni sua parte e lo fece avere agli ufologi. La questione lo interessava! 

C’erano finalmente altri dettagli: erano le 19.15, e Carter stava per tenere un discorso per il locale Lions Club. Davanti al ristorante presso il quale avevano cenato, uno di coloro che erano con Carter richiamò la sua attenzione su una strana luce bianca, brillante, che si trovava a un’altezza di circa 30 gradi, verso ovest. Si spostava lentamente, fino a posizionarsi sopra un gruppo di pini. Cambiò anche colore, da bianco in azzurro, poi in rosso, di nuovo bianco, fino – almeno in apparenza – a sparire in lontananza attenuando la sua luminosità. L’osservazione durò decisamente a lungo: dieci, forse dodici minuti. 

Non sembrava essere una struttura solida, perché appariva come una grossa luce, senza che si scorgesse niente di più. Nessuno, compreso l’allora governatore, aveva idea di che cosa potesse trattarsi. Quanto alla data del fatto, nel questionario inviato allo IUFOB, Carter la indicava nell’ottobre 1969. Teniamo a mente questa data, perché ci tornerà utile. 

Il clamore, le indagini e una prima spiegazione

Alla fine del 1975 Jimmy Carter terminò il suo quadriennio come governatore della Georgia. Non particolarmente noto al di fuori del suo stato, si era messo in testa una cosa assai più importante: diventare il candidato democratico alla Casa Bianca in vista delle elezioni del novembre 1976. Mentre la sua campagna per vincere la nomination democratica era al culmine, l’8 giugno 1976, il National Enquirer, uno dei maggiori tabloid americani (nel tempo ha promosso una serie interminabile di storie Ufo e su qualsiasi altro episodio “strano” gli capitasse a tiro) tirò fuori di nuovo la vicenda dell’avvistamento del 1969. La presentò sbagliando data, luogo e aggiungendo dettagli che rendevano “meraviglioso” un episodio che, per quanto curioso, non era tale da cambiare i destini del mondo – quello che contava, ovviamente, era il fatto che Jimmy Carter fosse fra i testimoni. 

Fu in quella fase che la storia diventò davvero celebre, e dai primi del 1977 fece il giro del mondo, giornali italiani compresi. A dire il vero a portarla da noi, a gennaio, fu una curiosa figura di giornalista, il toscano Luciano Gianfranceschi, che scriveva in quegli anni rubriche sui “misteri” lettissime dai giovani su settimanali come L’Intrepido. Ma la vera consacrazione della storia giunse il 30 aprile di quell’anno, perché l’aveva fatta propria il più autorevole giornale americano del tempo, il Washington Post (Carter si era insediato alla Casa Bianca da tre mesi). 

A quel punto, comunque, a parte altri gruppi ufologici del tempo anche seri, come il NICAP e il CUFOS, che avevano cercato di approfondire la faccenda e ne avevano scritto sulle loro rivistine nei termini più dettagliati possibili, si era fatto avanti anche uno degli scettici più impegnati nell’ambito ufologico, Robert Sheaffer

Nel corso del 1977 Sheaffer lavorò parecchio a quella storia, e ne scrisse nel numero di luglio-agosto del periodico secolarista The Humanist. Aveva scoperto che il ricordo di Carter circa la data del fatto era sbagliato. Il presidente aveva pensato che l’episodio risalisse al mese di ottobre del 1969, ma una verifica dei registri della sede di Leary del Lions Club diceva altro: Carter era stato a parlare da loro la sera del 6 gennaio.

Stabilita la vera data del fatto, e sulla base delle indicazioni di orario, della posizione approssimativa del corpo visto dal futuro presidente e dal gruppo degli altri e – non ultimo – per la lunga durata dell’osservazione, Sheaffer concludeva che i modesti movimenti del presunto Ufo erano dovuti all’illusione autocinetica, frequentissima quando le persone scambiano stelle e pianeti per “cose strane”. Si tratta di un’illusione ottica che si verifica quando si fissa a lungo una stella, circondata da un’ampia porzione di cielo priva di altri oggetti: dopo un po’, questa sembrerà muoversi in tutte le direzioni in modo irregolare, anche se ciò non avviene.

Invocando questo effetto, Sheaffer individuava il colpevole del fattaccio nel pianeta Venere, assai visibile quella sera e da sempre una delle principali cause di avvistamenti ufologici. La cosa sembrò plausibile a molti, e Sheaffer ne scrisse in uno dei suoi maggiori contributi alla controversia ufologica, il volume The UFO Verdict (Prometheus Books, 1981, cap. 2). Si potrebbe pensare che gli ufologi se la prendessero. E invece no: i più accorti e i più orientati alla razionalità accolsero la spiegazione di Sheaffer che, peraltro, a quel tempo non era in cattivi rapporti con molti fra i migliori appassionati di Ufo. La condivise anche l’astronomo Allan Hendry, fantastico pioniere dell’indagine critica dei casi ufologici, che allora lavorava con il CUFOS (se la trovate, leggetevi la sua Guida all’ufologia, tradotta dall’editore Armenia nel 1980), e per il quale l’aspetto poco solido del corpo visto da Carter era dovuto all’alone luminoso che in certe condizioni meteo può dare a Venere quell’aspetto. Ancora nel 1998, uno dei maggiori studiosi di ufologia, l’americano Jerome Clark, faceva sua questa spiegazione nel primo volume di The UFO Encyclopedia, che conteneva la breve voce “Carter Sighting”. 

E, invece, con ogni probabilità Sheaffer aveva torto, e gli ufologi che lo avevano seguito avevano fatto male. 

La spiegazione corretta

In tempi recenti, la spiegazione proposta da Sheaffer è stata rimessa in discussione, si direbbe, in maniera efficace.

Nel 2016 Carl G. Justus, scienziato dell’atmosfera presso il Marshall Space Flight Center della NASA, venuto a conoscenza della storia, si mise a controllarla, giungendo alla conclusione che, quella sera, Carter non aveva visto un Ufo, come lui stesso ha continuato a credere a lungo, ma nemmeno il pianeta Venere. Vero è che il pianeta più o meno si trovava in quella direzione, ma in realtà, in quei momenti, nel cielo di Leary, il paesino da dove il futuro presidente vide il fenomeno, era visibile ben altro – e con caratteristiche del tutto congruenti con quelle descritte in diverse occasioni da Carter. 

Si trattava degli effetti di ionizzazione dell’atmosfera dovuti a tre nubi di bario rilasciate, come in quei decenni era comune ai fini della ricerca geofisica, da un razzo lanciato dalla base aerea Eglin, sulle coste della Florida. In questo documento del 2020 potete leggere la versione più completa dello studio di Justus e le relative verifiche, comprese degli effetti dei tre rilasci del bario in funzione delle quote raggiunte, di quelli dell’ombra terrestre sulla visibilità del fenomeno in rapporto alle varie fasi dal lancio, e molti altri dettagli.

Come avviene di norma con queste cause di equivoco, peraltro, è ormai chiaro che Carter e gli altri testimoni non furono i soli a seguire a lungo il presunto Ufo. La luminosità generata dalla nube di sodio sorprese parecchi, quella sera, in diverse parti del sud degli Stati Uniti. In quel periodo, fra gli Anni 60 e 70 del Novecento, lanci di questo genere di razzi (e di vettori missilistici, più in generale) generarono parecchie ondate di avvistamenti, anche nel nostro paese. Ne potete trovare una breve storia in questo articolo, scritto da uno di noi per il sito del Centro Italiano Studi Ufologici (CISU), la sola realtà ufologica di orientamento critico presente nel nostro paese. 

Essere scettici non è una garanzia

Questa storia porta con sé alcune riflessioni. La prima è che, forse proprio sulla base della sua esperienza con l’Ufo del 1969, Carter ha mantenuto per tutto il resto della vita un certo interesse per la controversia ufologica. In particolare, è tornato più volte sull’episodio di Leary – sempre esprimendo la convinzione che quello che aveva visto doveva essere stato un evento anomalo, magari di tipo naturale, e, respingendo più volte l’idea che all’origine ci fosse il pianeta Venere. Ed è qui che si giunge a un paradosso. 

Carter aveva ragione a dire che il “suo” Ufo non era Venere. Robert Sheaffer, lo scettico che propose per primo quella spiegazione, del suo errore di valutazione ha fatto ammenda, scrivendone a lungo nel 2020: in questo modo, in un certo senso, ha amato il suo errore, anziché detestarlo, e questa pensiamo sia una lezione di scetticismo. Le sue indagini sulla data corretta dell’evento, comunque, furono fondamentali per arrivare alla corretta identificazione. Però, il paradosso è anche un altro. 

Carter aveva scambiato per Ufo un fenomeno più insolito (gli effetti del lancio del razzo), ma lo scettico Sheaffer non aveva preso bene la mira: non aveva interrogato di persona il testimone e mancava di dati dettagliati sulla dinamica dell’avvistamento. Si era fidato di quanto circolava nelle fonti disponibili che, a prima vista, potevano sembrare calzare abbastanza con l’ipotesi Venere. Così facendo, e questo farà sorridere amaramente, convinse della validità di quella spiegazione diversi ufologi seri. C’è voluto un miglior approfondimento, quello di Carl Justus, per capire come erano andate le cose.

Essere scettici non è garanzia di nulla. Non prendiamo le spiegazioni razionalizzanti a scatola chiusa. Verifichiamole, proprio come ogni scettico dovrebbe fare. Carter non aveva visto un Ufo – qualsiasi cosa s’intenda con questa espressione – ma Sheaffer aveva torto. Quando, come con gli Ufo, si discute del recupero della memoria di fenomeni osservati in cielo per brevi periodi, il compito fondamentale dello scettico dovrebbe essere parlare direttamente e con modalità opportune col testimone. Di solito, in quel modo, e grazie alle metodologie di indagine sviluppate negli anni dalla migliore ufologia e dalla psicologia della testimonianza, si riesce a individuare una spiegazione ragionevole per quanto visto.

La cosa non è sempre possibile, ma questa, come si suol dire, è un’altra faccenda.

Immagine: Jimmy Carter con il presidente egiziano Sadat, da Pixabay, pubblico dominio