Quando i morti erano progressisti: la nascita dello spiritismo in Francia
di Paolo Cortesi
Quando, sabato 18 aprile 1857 dalla tipografia di Rue Saint-André-des-Arts a Parigi, uscì la prima copia de Le livre des esprits di Allan Kardec, la Francia era una dittatura da quasi sei anni. Il 2 dicembre 1851, Carlo Luigi Napoleone Bonaparte (1808-1873) con un colpo di stato militare aveva soppresso la repubblica di cui era presidente e alla quale aveva giurato fedeltà.
In quella primavera del 1857, il governo del golpista autonominatosi imperatore Napoleone III era composto ancora da qualcuno dei suoi complici che lo avevano assecondato nel colpo di stato; come Adolphe Billault (1805-1863), ministro dell’interno, che aveva cambiato schieramento politico per seguire il vincitore, e come il ministro degli esteri, Alexandre Walewski (1810-1868), figlio naturale di Napoleone Bonaparte e quindi di fatto cugino dell’imperatore.
Lo spiritismo kardechiano ebbe immediatamente un enorme successo in Francia, e il Libro degli spiriti ebbe una circolazione vertiginosa: fra il 1857 ed il 1869, anno della morte di Kardec, furono ben sedici le edizioni pubblicate, come affermò Flammarion nel suo discorso funebre per il fondatore dello spiritismo.
A mio parere, c’è un fatto forse ancora più sorprendente: la dottrina spiritica venne “rivelata” e si diffuse durante un regime autoritario, pesantemente repressivo e gravato da una rigida censura. Se, infatti, verso il 1860 il governo di Napoleone III cominciò ad essere meno dispotico (iniziò allora il cosiddetto impero liberale), nel 1857 era ancora decisamente liberticida.
E allora, come spiegare lo straordinario e rapido successo dello spiritismo – un pensiero “irregolare”, “dissonante”, una visione sovvertitrice e senza precedenti – all’interno di una società dominata da un governo conservatore e poliziesco? Posso anticipare la risposta che credo di avere trovato: quando i vivi devono tacere, si fanno parlare i morti. Ma vediamo ora di conoscere le origini dello spiritismo francese, che fu il maestro di quello europeo.
Allan Kardec (Hippolyte Rivail, 1804-1869) fu il codificatore dello spiritismo. Com’è noto, egli non fu mai medium, ma raccolse, organizzò e dette sistemazione didattica a centinaia di cosiddette comunicazioni medianiche – cioè pretesi messaggi dagli spiriti dei morti – che gli furono consegnate da coloro che Jean Vartier chiama i precursori della dottrina: Jean Reynaud (1806-1863), Charles Fourier (1772-1837), Eugene Sue (1804-1857) e Victorien Sardou (1831-1908).
Certamente, non fu un caso che Reynaud, Fourier e Sue condividessero idee progressiste e riformiste, vicine a un socialismo ancora utopistico, ma che con Fourier toccò la sua critica più lucida del capitalismo industriale («c’est un monde à rebours!», è un mondo al contrario!) e propose una società fondata sulla collettivizzazione e il rifiuto della gerarchia. Eugene Sue, già deputato socialista della Seconda Repubblica, arrestato in occasione del colpo di stato del 1851 ed esiliato, aveva scritto il romanzo «I misteri del popolo. Storia di una famiglia di proletari nel corso dei secoli», sequestrato proprio nel 1857.
Sardou, che era noto come medium scrivente (celebri i suoi disegni di palazzi del pianeta Giove), era amico di Allan Kardec, di cui frequentava la Société Parisienne des Études Psychiques, fondata il 1 aprile 1858. Osserviamo che altri grandi oppositori a Napoleone III si occuparono di spiritismo: Emile Ollivier (1825-1913), Alexandre Dumas (1802-1870) e Victor Hugo (1802-1885) che, nei lunghi anni dell’esilio volontario dalla Francia di Napoleone il Piccolo, fece moltissime sedute, nel corso delle quali si manifestarono spiriti grandi, da Molière a Shakespeare, da Racine a Dante.
Notevole il fatto che uno degli spiriti che parlò tramite i tavolini di casa Hugo a Guernesey era la Rivoluzione. Ecco un paio di suoi messaggi molto significativi:
«La Rivoluzione è una forza irresistibile che spazza via gli ostacoli e apre la via al progresso. La Rivoluzione non è fine a se stessa, ma un modo di giungere a un mondo più giusto e più fraterno».
Lo spiritismo, come le prime rivendicazioni sociali, fu un fenomeno urbano: nacque e si affermò a Parigi e a Lione, le due più grandi città di Francia; mentre fu pressoché assente nelle campagne e nei centri minori ebbe sostenitori isolati.
Le sedute spiritiche nel Secondo Impero erano soggette alla legge 22 giugno 1852, che con soli sette brevi articoli vietava la libertà di riunione. Ogni riunione pubblica era soggetta all’autorizzazione preventiva del prefetto, da chiedersi almeno cinque giorni prima. Le riunioni potevano essere proibite se c’era motivo di temere pericoli per l’ordine pubblico o se vi avrebbero partecipato persone ritenute sospette. Anche nella forma privata e con il numero minimo necessario di partecipanti, alle sedute medianiche poteva essere presente un funzionario di polizia.
Nel Libro degli Spiriti vi erano dichiarazioni che sembravano fatte apposta per inquietare più di un prefetto:
«806. L’ineguaglianza delle condizioni sociali è una legge di natura?
No, è opera dell’uomo e non di Dio.
– Questa disuguaglianza sparirà un giorno?
Non vi è di eterno che la legge di Dio. Non vedi che [la disuguaglianza, n.d.r.] sparisce poco a poco ogni giorno? Questa ineguaglianza sparirà assieme al predominio dell’orgoglio e dell’egoismo; non resterà che la ineguaglianza del merito. Giorno verrà in cui i membri della grande famiglia dei figli di Dio non si giudicheranno in base al sangue più o meno puro; non vi è che lo Spirito che sia più o meno puro, e ciò non dipende dalla posizione sociale.807. Cosa pensare di coloro che abusano della loro superiore posizione sociale per opprimere a loro vantaggio il debole?
– Costoro meritano l’anatema: sventura a essi! Saranno oppressi a loro volta e rinasceranno per sopportare tutto quello che hanno fatto sopportare agli altri.808. La disuguaglianza delle ricchezze non deriva dall’ineguaglianza delle facoltà che dà ad alcuni più mezzi di arricchire che ad altri?
– Sì e no. L’inganno e il furto, cosa ne dici? […]813. Vi sono persone che finiscono in indigenza e miseria per colpa loro; la società può essere responsabile?
– Sì, lo abbiamo già detto: essa è spesso la causa dei questi errori, e oltretutto non deve essa curare la loro educazione morale? È spesso la cattiva educazione che ha falsato il loro giudizio, invece di soffocare le tendenze dannose». [Queste e le successive citazioni provengono dalla ventunesima edizione del Livre des Esprits, Paris, à la Librairie Spirite, 1874 (?). Le traduzioni sono mie].
In altre parti, il Libro degli Spiriti andava ben oltre queste esortazioni morali, del resto fin troppo innovative per i benpensanti.
«817. L’uomo e la donna sono uguali davanti a Dio, e hanno gli stessi diritti?
– Dio non ha forse dato a tutt’e due l’intelligenza del bene e del male e la facoltà di progredire?
Da dove viene l’inferiorità morale della donna in alcuni paesi?
– È a causa del dominio ingiusto e crudele che l’uomo le ha imposto. È un risultato delle istituzioni sociali, e dell’abuso della forza sulla debolezza. Tra gli uomini poco evoluti moralmente, la forza è diritto. […]822. Gli uomini, essendo uguali davanti alla legge di Dio, devono ugualmente esserlo davanti alla legge umana?
– È il primo principio della giustizia: Non fare ad altri ciò che non vuoi sia fatto a te».
C’erano poi degli insegnamenti che gli spiriti parevano avessero voluto gettare come un guanto di sfida ai censori imperiali:
«833. Vi è nell’uomo qualcosa che sfugge ad ogni imposizione e per la quale egli gode d’una libertà assoluta?
– È nel pensiero che l’uomo gode di una libertà senza limiti, perché non conosce catene. Possono fermarne la crescita, ma non distruggerla.834. L’uomo è responsabile del suo pensiero?
– Ne è responsabile davanti a Dio; Dio solo può conoscerlo, lo condanna o lo assolve secondo la sua giustizia. […]836. L’uomo ha il diritto di mettere ostacoli alla libertà di coscienza?
– Non più che alla libertà di pensiero, poiché solo a Dio spetta di giudicare la coscienza. Se l’uomo regola con le sue leggi i rapporti tra uomo e uomo, Dio, per le leggi della natura, regola i rapporti dell’uomo con Dio.837. Qual è il risultato delle catene messe alla libertà di coscienza?
– Obbligare gli uomini ad agire diversamente da come pensano è farne degli ipocriti. La libertà di coscienza è uno dei caratteri della vera civiltà e del progresso».
La dottrina spiritica, fondata sulla reincarnazione, aveva esiti sociali dirompenti. Lo spiritismo demoliva teoricamente tutta la piramide classista: infatti, chi oggi era un ciabattino poteva rinascere marchese o docente universitario; il galeotto poteva rinascere come presidente di tribunale; il bianco poteva rinascere nero.
Ciò che veramente contava era l’evoluzione dello spirito che si incarnava successivamente in diversi corpi. E tale evoluzione avveniva soltanto tramite l’attività rivolta al bene altrui. Il perfezionamento dello spirito era irradiato dagli altri a cui si era fatto del bene. Perfezionare se stessi era aiutare gli altri nel loro percorso di perfezionamento. Insomma, lo spiritismo aveva una evidente dimensione sociale.
Lo spiritismo delle origini non si limitò a enunciare principi, ma collaborò praticamente ad attività e istituti quali asili nido, casse di soccorso, biblioteche, dispensari, case di riposo.
In questi primi anni, si trattò di un attivismo filantropico occasionale, non strutturato, animato da uno zelo di tipo quasi missionario.
Sulla Revue spirite del gennaio 1862 si dava notizia di una sottoscrizione aperta, negli uffici della rivista, in favore degli operai di Rouen, «alle cui sofferenze nessuno saprà essere indifferente». Per la cronaca, si raccolsero 2833 franchi e 55 centesimi.
Nel 1866, la Società Spiritica di Lione versò 260 franchi di sottoscrizione in favore degli operai, comunicando l’iniziativa con un messaggio che usava un linguaggio “politico”:
«Tutti gli uomini sono fratelli e si devono un mutuo appoggio, senza distinzione di credenze».
Dunque, lo spiritismo delle origini era progressista, riformatore. E allora come si spiega il fatto che si diffuse proprio tra la borghesia e, anche se meno, tra l’aristocrazia? Probabilmente, per la sua dichiarata origine ultraterrena: non erano gli spiritisti a proclamare l’uguaglianza e la solidarietà, ma gli spiriti.
La dottrina spiritica aveva in sé la sua grandezza (per chi ci credeva), ma anche il suo limite (per gli scettici); politicamente era assai meno pericolosa delle teorie socialiste che, elaborate da esseri umani, disegnavano realistiche e documentate alternative al pensiero dominante.
Mentre era piuttosto difficile credere che certe verità sociali fossero state rivelate da Mosè.
Presso il grande pubblico, lo spiritismo divenne presto una moda, e come tale perse gran parte del suo potenziale riformismo sociale. Inoltre, il messaggio mistico prevalse su quello sociale e lo spiritismo apparve come una religione spuria, come un cristianesimo anomalo (e naturalmente la Chiesa di Roma si affrettò a mettere all’Indice l’opera di Kardec, il 25 aprile 1864).
Lo spiritismo divenne una moda così diffusa che l’imperatrice Eugenia, la volitiva moglie di Napoleone III, se ne appassionò al punto di tenere sedute spiritiche alle Tuileries. Pare anzi che ad una di queste (13 febbraio 1857) partecipò una vera star del tempo, il medium Daniel Dunglas Home (1833-1886). Le versioni di questo fatto sono diverse e contrastanti, dato che la faccenda venne tenuta segreta per ovvii motivi. Tuttavia, è abbastanza noto che il conte Giuseppe Primoli (1851-1927), la cui madre era figlia di Carlo Luciano Bonaparte, nipote di Napoleone I, chiese ad una anziana Eugenia come andò la seduta con Home e gli fu risposto che
«lo stesso imperatore aveva colto l’Home mentre nell’ombra simulava con il suo piede scimmiesco coperto da un guanto di caucciù, la mano gelida dei morti».
Divenuto una moda, lo spiritismo cominciò presto ad incrociarsi/scontrarsi con le convenzioni sociali. Iniziarono così i primi processi a carico di spiritisti che seguivano il nuovo credo e lo mettevano in pratica con zelo di apostoli.
Per citare solo i casi più noti, ricordiamo il sorcier (stregone) di Caudéran, presso Bordeaux. Costui si chiamava Simonet, era ebanista ma quando lesse i libri di Allan Kardec divenne guaritore. Ogni giorno venivano a lui da mille a milleduecento malati, a cui un tale Jean Barbier vendeva a caro prezzo cibo scadente e vino peggiore. Il processo si tenne il 4 giugno 1867 al tribunale di Bordeaux. Al presidente che gli chiedeva dove avesse appreso di possedere doti di guaritore e i riti di guarigione, Simonet rispose:
«Da Allan Kardec e, signor presidente, ve lo dico con tutto il rispetto possibile, mi sembrate non conoscere la scienza dello spiritismo, e vi invito caldamente a studiarla».
Quando il procuratore imperiale avvertì Simonet che se non avesse smesso, sarebbe finito in galera o in manicomio, questi rispose:
«Fate ciò che volete, ma io conosco la mia missione».
Il processo si chiuse con la condanna di Barbier (2 mesi di prigione e 500 franchi di multa), ma con l’incredibile – ed emblematica – assoluzione di Simonet.
Un altro processo degli spiriti che fece scalpore, e occupò più numeri della Gazette des Tribunaux da gennaio a maggio 1869, fu l’azione legale della principessa de Beauvau-Craon contro la figlia Isabeau (1827-1901) che era divenuta spiritista convinta. La madre temeva che fosse stata plagiata e che disperdesse il patrimonio obbedendo ai comandi degli spiriti. Isabeau arrivò a scappare di casa (anzi, scappare dal castello di Saint-Ouen, dove abitava con la mamma e il fratello) e a chiedere ospitalità al barone Ludwig von Guldenstubbe (1818-1873), famoso spiritista che realizzò per primo in Francia la spiritografia, o scrittura diretta.
La faccenda fu molto accidentata, compresa un’irruzione di Louis, fratello di Isabeau, nell’appartamento di Guldenstubbe, in rue de Trevise a Parigi, dov’era andato armato per riportare a casa la sorella; ma l’intervento della polizia – chiamata dal barone – fece fallire il suo piano.
Il caso si chiuse davanti al Tribunale Civile della Senna il quale, il 12 maggio 1869, decise che la madre avrebbe versato alla figlia 2000 franchi al mese, ma le impose un consigliere giudiziario senza il cui parere ella non avrebbe potuto vendere né ipotecare beni di famiglia.
Un altro fenomeno, che iniziò proprio allora ad essere di massa, appare in coincidenza temporale (e forse non solo temporale) con la nascita dello spiritismo: il telegrafo elettrico.
Il 1 marzo 1851, Napoleone III autorizzò l’apertura al pubblico del servizio telegrafico, che fino a quel giorno era riservato alle prefetture. Nel 1854, la Francia aveva una rete telegrafica di 9200 chilometri; Parigi era collegata a Londra, Vienna, Madrid, la Corsica, l’Algeria. Una ragnatela telegrafica univa Parigi a Torino, e – indirettamente – a Roma, Napoli, Firenze, Venezia.
Per la prima volta nella storia dell’umanità, la comunicazione era dilatata in una misura prima inconcepibile; lo spazio aveva cambiato profondamente natura, la distanza non cancellava più il pensiero; il telegrafo era una macchina all’apparenza spiritica: cause invisibili (delle quali i non addetti ai lavori avevano poche idee confuse) agivano sulla materia: il martelletto dell’apparecchio ricevente si muoveva (da solo!) secondo un codice condiviso.
Non diversamente accadeva nelle prime sedicenti manifestazioni spiritiche, nelle quali uomini e morti comunicavano tramite un codice di colpi (raps); poi, con suggestivo parallelismo con il telegrafo stampante di Hugues (1854), i medium scriveranno con le loro mani i messaggi degli spiriti.
Osserviamo che anche l’invenzione del telegrafo senza fili di Marconi suscitò riflessioni ed entusiasmi negli spiritisti ai primi del Novecento.
Poco prima di morire, Allan Kardec stimò in seicentomila gli adepti dello spiritismo; forse la stima era eccessiva, ma davvero lo spiritismo si era imposto come un fenomeno sociale e culturale di grande rilevanza. Nel corso del tempo, come ogni realtà collettiva, ebbe cambiamenti e trasformazioni, che forse non sarebbero piaciuti tutti al fondatore. Per lo storico, la nascita dello spiritismo è un caso di enorme interesse per conoscere i modi, le forze, le dinamiche che agiscono in quella terra di nessuno che dovrebbe estendersi fra la vita e la morte.
Immagine: ritratto di Allan Kardec, da Wikimedia Commons, pubblico dominio