L’esperimento di Monte Verità: una New Age ante litteram?
di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo
In una conferenza tenuta nel 2020, la germanista Roberta Ascarelli ricordava un libretto dal vasto successo: la Breve storia della letteratura tedesca, che il filosofo marxista György Lukács redasse nel 1944-45, nella fase più tragica della Seconda Guerra Mondiale. Per lui, si trattava di capire come una nazione come la Germania avesse potuto partorire il nazismo. Per ottenere lo scopo, Lukács stilava una lista ideale di cattivi e buoni: da un lato, c’erano gli eredi dell’Illuminismo e del realismo; dall’altra, i figli del Romanticismo, dello spiritualismo, cupi e fissati con la Sehnsucht, una specie di struggimento per il senso profondo delle cose – un senso impossibile da attingere nella sua pienezza.
È in questo contenitore al quale Lukács applicava il concetto di irrazionalismo, fortunatissimo per decenni, in cui lui stesso avrebbe piazzato senza troppi indugi l’esperienza di cui parliamo oggi: si tratta di Monte Verità, una strana, eclettica, sorprendente comunità attiva nella Svizzera italiana nei primi vent’anni del Novecento.
In molti, oggi, la considerano una specie di anticipazione dei movimenti hippy degli Anni ‘60 del Novecento, della New Age e della controcultura. Che cosa fu davvero Monte Verità? Quali idee avevano le figure importanti che frequentarono il posto, e in che modo interpretare quell’esperienza, ormai a un secolo dalla sua sostanziale conclusione?
All’origine di (quasi) tutto: i teosofi
Occorre ribadirlo: la grande corrente occultistica della modernità, la Teosofia, nata negli anni ‘70 dell’Ottocento, ha avuto un’influenza senza pari su una vastissima quantità di gruppi, movimenti, individui interessati all’esoterismo, alle pseudoscienze, alla fantascienza e ai miti sorti dal trionfo delle tecnologie moderne. Questa cosa vale anche per Monte Verità. Se a inizio Novecento questa incredibile comunità sorse su una collina di Ascona, sul versante nord-occidentale del Lago Maggiore, ma in territorio svizzero, lo si deve anche a un teosofo, che, per primo, tentò di creare un luogo in cui radunare persone con interessi per l’occulto.
Era Alfredo Pioda (1848-1909), politico e giurista di Locarno, ma anche spiritista e teosofo curioso di ogni cosa insolita. Così, per esempio, quando nel 1896-97 l’opinione pubblica italiana si appassionò alla storia relativa a presunti fenomeni luminosi insoliti che da anni erano descritti a Berbenno, in Valtellina, lui fu tra i primi a occuparsene con un approccio oscillante tra il naturalistico e lo spiritistico. Si mise a indagare anche su episodi analoghi che, a quanto pare, accadevano a Olivone, piccolo centro del Ticino.
Prima di allora però aveva fatto ben altro. Nel 1889, insieme a uno dei più celebri esoteristi tedeschi del tempo, Franz Hartmann (1838-1912), e alla teosofa franco-tedesca contessa Constance Wachtmeister (1838-1910), Pioda aveva progettato un “monastero teosofico” (il concetto retrostante di monastero era quello buddhista, non quello cristiano) da installare a Monte Monescia, come ancora era nota la collina che poi assunse il nome di Monte Verità. L’idea rimase in embrione, finché non decollò dieci anni dopo, nel 1899, grazie a Karl Max Engelmann, membro di una “Lega pitagorica” che intendeva riformare l’umanità sulla base del vegetarianesimo. Questo convinse due fratelli austriaci, Karl e Gusto Gräser, ad acquistare da Pioda la proprietà che aveva pensato per il monastero e nel 1900, insieme ad altre figure di rilievo, inaugurò Monte Verità: un luogo in cui vivere in comunità e in cui trascorrere le giornate secondo uno stile vegetariano, sostentandosi con i profitti di una cooperativa agricola e di una clinica naturopatica. A prendere le redini, però, fu Henri Oedenkoven (1875-1935), studioso di medicine “alternative”, e, in particolare, seguace della naturopatia.
Idee salutistiche, medicine alternative, insieme alla fascinazione per l’Oriente e per il pensiero esoterico: questo il mix che, esattamente all’alba del Ventesimo secolo, diede il via al notevole esperimento di Monte Verità e alla nascita di un vero, complesso microcosmo intellettuale, umano e artistico.
Gli anni d’oro: 1900-1920
A Monte Verità ci fu di tutto. Non è dunque possibile dire in poche parole che cosa si faceva, quali idee sostenevano residente e visitatori, o se vi fosse un pensiero unitario a tenere insieme tutto ciò. Non c’era niente del genere. Il clima culturale era quello dell’apertura, dell’accoglienza e dell’estrema attenzione verso idee che, in un modo o nell’altro, potevano dispiacere a chi aveva una visione rigidamente positivistica e materialistica della realtà. La pretesa, dunque, era quella di un’estrema valorizzazione della soggettività e della sperimentazione di stili di vita basati su un po’ tutte le medicine “naturali” e sul culto della natura. Teniamolo presente: gran parte dei frequentatori di Monte Verità era tedesco, o svizzero-tedesco, e risentiva in maniera determinante del clima del tardo Romanticismo, unito a un’ammirazione sconfinata per l’India filtrata attraverso la Teosofia.
In questo modo è possibile capire come agì uno dei due padri di Monte Verità, Karl Gräser, seguace dell’utopismo socialista di Charles Fourier, che nei primi decenni dell’Ottocento immaginava Armonia, comunità perfetta in cui, fra le altre cose, ogni tabù sessuale era abolito. Sulla base del pensiero di Fourier, Gräser giunse a influenzare lo psichiatra austriaco Otto Gross (1877-1920), che negli anni ‘10, propose, mettendosi in contrasto con Freud, una lettura fortemente socio-politica della sua psicanalisi. Gross, che, almeno in parte sviluppò le sue idee partendo dai modelli sociali di Monte Verità e che fu apprezzato da Carl Gustav Jung, fu invece sottoposto dopo la sua morte a una specie di damnatio memoriae da parte di Freud, che considerava quanto aveva avuto a che fare con l’ambiente di Monte Verità un cumulo di sciocchezze.
Le frequentazioni di Monte Verità furono incredibili. In quelle stanze e in quei giardini si aggirarono e concepirono loro opere e idee anarchici come Pyotr A. Kropotkin, pittori come Hans Arp, scrittori come Hermann Hesse – il suo soggiorno del 1907 influenzò in maniera importante romanzi come Demian, pubblicato sotto pseudonimo nel 1919. Da lì passarono Carl Gustav Jung, Franz Kafka, teologi protestanti come Paul Tillich… L’elenco sarebbe lunghissimo. Ci sono però personaggi più peculiari sui quali vogliamo soffermarci.
Un esempio è rappresentato dal mistico e predicatore itinerante Gustav Nagel (1874-1952), noto anche per i suoi viaggi a piedi per mezza Europa, fino a Gerusalemme, fatti con un bastone, scalzo e con vestiti alla nazarena. Durante uno di questi pellegrinaggi sino alla Terra Santa, nel 1902, Nagel si fermò a lungo a Monte Verità, predicando un “uomo naturale”, dedito alla vita nel verde. Più tardi, predicherà la creazione di “giardini del paradiso” presso ogni piccolo centro abitato, menzionando spesso con trasporto ciò che aveva appreso a Monte Verità. Oggi dimenticato, Nagel, recluso più volte in manicomio sia dai nazisti sia dalla dittatura comunista della Germania Est, ebbe popolarità enorme fra le due guerre mondiali. Se non si seguono personaggi estremi come lui, si fatica a capire perché Monte Verità ebbe così grande successo. È una miscela incomprimibile di cose “alte”, di cultura popolare e di autentiche bizzarrie ad averne determinato il fascino.
Danzare, nudi
Esprimere il corpo, la sessualità, in un trionfo vitalistico che annunciava idee anche di carattere politico, spesso in totale contrapposizione fra loro, che in Europa stavano per farsi strada: anche questo è stato parte dell’esperienza di Monte Verità.
Da questo punto di vista, centrale fu l’arrivo del coreografo tedesco e teorico del balletto Rudolf von Laban (1879-1958). Nel 1913 avvicinò il leader della comunità, Henri Oedenkoven, e lo convinse a creare una scuola di danza che fece fiorire per per sei anni: ovviamente diede scandalo, visto che spesso si ballava nudi, oppure vestiti pochissimo, nel culto della luce solare e della salute che soltanto l’esposizione all’aperto – un classico dell’epoca – poteva garantire. Lì, si potevano incontrare la regina della danza, Isadora Duncan, o la tedesca Mary Wigman, che tradusse l’espressionismo nel balletto, o anche Charlotte Bara (1901-1986), che vi portò l’euritmia, il tipo di espressione artistica proprio della Società Antroposofica, il movimento esoterico creato dall’occultista austriaco Rudolf Steiner, allora in piena espansione.
Con l’euritmia antroposofica, ci avviciniamo all’aspetto propriamente occultistico che accompagnarono alcune forme di danza praticata a Monte Verità. Von Laban, che ne fu il suscitatore per cinque anni e che era anche un massone, nell’agosto del 1917 mise in scena, all’aperto, un tipo di danza rituale alla luce delle torce durata un’intera notte. Includeva una piece “consacratoria” ed era stata ideata per un’occasione specialissima: a Monte Verità era ospitato il congresso dell’OTO, l’organizzazione magico-ermetica di derivazione massonica, in cui ormai l’esoterista Aleister Crowley stava assumendo un ruolo preminente, con le sue idee radicali sulla magia sessuale e sulla ritualità come “porta” per la trasformazione totale dell’uomo.
Uno scettico su Monte Verità
Inutile dirlo: Monte Verità fu oggetto di scetticismo e di critiche fin dagli inizi. La polizia svizzera lo tenne a lungo sotto sorveglianza. Al centro degli sguardi meno benevoli, di norma, c’erano le idee pseudoscientifiche sulla salute e sulla medicina che, senza ombra di dubbio, in quell’ambito prosperarono. Vi offriamo un solo esempio delle polemiche suscitate, sia perché è molto antico, sia perché si deve a uno dei primi promotori italiani della cultura scientifica fra il pubblico generale: il medico Ernesto Bertarelli (1873-1957), che in quel periodo dirigeva l’Istituto Vaccinogeno di Berna. Dal 1935 Bertarelli sarà nel direttorio della prima rivista di divulgazione scientifica italiana con intenti moderni, Sapere. Ai tempi che ci riguardano, scienziato giovane ma già brillante, anche per la conoscenza di dettaglio della zona in cui sorgeva Monte Verità (era nativo di Arona, nel Novarese), nell’ottobre del 1905 vi si recò incuriosito. Ne fece un lungo reportage dai toni irridenti per La Stampa, pubblicato il 18 ottobre.
Ad Ascona era sorta una “stazione di cura e di educazione” che per Bertarelli non andava “trascurata da chi s’interessa di queste manifestazioni semi-serie delle inesauribili risorse della mente umana”. In quel posto, che attirava persone caratterizzate da “un po’ di misticismo, un po’ di sazietà del mondo”, si curava ogni malattia con acqua, aria e luce: le forze della natura in grado non solo di dare benessere psichico e spirituale, ma anche materiale.
L’abito quasi monastico, o il peplo greco dello donna nasconde ogni artifizio, diversità sociale, mentre permetto ancora la contemplazione dello bellezze femminili, rivelandosi dalle trecce armonicamente disposte, dai colli scoperti e dai piedi o piedini affrontanti la luce del sole. Camminare, leggere, parlare, suonare, talora lavorare la terra, o attendere alla propria casetta, sono le occupazioni d’ogni giorno: occupazioni che fan parte della cura pei clienti, del programma filosofico pei collaboratori. Se la medicina non si mescolasse ignobilmente a scopo commerciale nella faccenda (per certo attraverso ad un programma puramente filosofico non si attiravano i clienti o i seguaci!), si direbbe che la colonia di Monte Verità è una felice colonia anarchica di gente per bene, dotata di sufficiente quantità di quattrini, per fare a meno del mondo e delle sue pompe.
Ma, appunto, “a sciupare tutto” c’era la medicina. Non importava nemmeno il nudismo, a Bertarelli, privo di qualsiasi velleità moralistica. Erano le asinerie, a preoccuparlo, tanto da indurlo a concludere in toni pessimistici:
Così ci incamminiamo verso un curioso spettacolo, e tra breve vedremo pagati non più i medici, ma coloro che ne liberano dai medici: e dopo aver tanto strillato contro lo medicine e il loro prezzo, assisteremo al fatto umoristico di pagare non più i medicamenti, ma l’aria e la luce!
Il declino e l’eredità
La storia di Monte Verità si concluse nel 1920. In quell’anno, attratti da nuove esperienze, Oedenkoven e la sua compagna vendettero la proprietà e si trasferirono prima in Spagna e poi in Brasile, terra dalle mille promesse, con l’idea di fondare una nuova comunità vegetariana. Andò male, anche per le condizioni climatiche tropicali che incontrarono, e Oedevenken morì a San Paolo nel 1935. Nel frattempo, per qualche anno, artisti anche importanti continuarono a far vivere Monte Verità, ma ormai i progetti basati su concezioni anti-razionalistiche del mondo erano defunti. Dopo qualche anno, il luogo fu trasformato in un albergo in stile Bauhaus.
Monte Verità tuttavia ebbe quello che, in una certa misura, può considerarsi un suo seguito – una sorta di spin off. Fu lì che nel 1924 la spiritualista olandese Olga Fröbe-Kapteyn incontrò pensatori come Martin Buber. Cominciò a riunire un cenacolo di intellettuali di primo rango interessati a concezioni psicologiche diverse dal freudismo e all’esoterismo e, nel 1933, riflettendo su quanto era stato fatto a Monte Verità, in una villa di Ascona diede vita alla lunghissima serie degli incontri noti come “Colloqui di Eranos”. Vi svolgeranno un ruolo centrale teosofi di seconda generazione come Alice Bailey, Carl Gustav Jung con la sua psicologia archetipale, orientalisti ed esoteristi come Henry Corbin, e mille altri. Se si vuole capire lo sviluppo del pensiero esoterico “alto” della modernità, è indispensabile conoscere le idee elaborate a Eranos, in specie sino a metà Anni 80 del Novecento.
Da un punto di vista interpretativo, due considerazioni. La prima, quella sulla quale, in qualche occasione, ci siamo già spesi. La comprensione seria, documentata, rispettosa del pensiero esoterico moderno e contemporaneo è fondamentale, per chi ha una concezione scettica della realtà e intende confrontarsi in maniera adeguata con essa senza sottovalutarne sfide, portata, capacità elaborative e di fascinazione. Si tratta di tutt’altro che di rottami della storia.
La seconda, riguarda in modo specifico Monte Verità. Bisogna stare attenti alle inferenze che si fanno, quando si parla di storia delle idee. Come mille altre cose, è bene collocarne la vicenda nel suo tempo, più che proiettarla verso il futuro (per esempio, considerandola come qualcosa che anticipò la New Age, gli hippies degli Anni 60, o dicendo addirittura, come hanno fatto alcuni studiosi, che sia stata una delle origini della contestazione di quel decennio e del successivo). Quando Monte Verità fiorì, nudismo, vegetarianesimo, crudismo e pratica dello yoga in Occidente erano già ampiamente diffusi. Il movimento hippy e le controculture giovanili del Novecento, sono per alcuni versi accostabili a quanto si agitò a Monte Verità, ma sono un’altra, e diversa espressione di idee che, tutte insieme e sia pure alla lontana, provengono dalla rivoluzione culturale del Romanticismo tedesco, dal movimento giovanile tedesco dei Wandervogel di inizio Novecento con la loro promozione del culto cieco della natura, e da molto altro.
Oggi, comunque, le strutture che un tempo ospitarono Monte Verità hanno poco a che vedere con quelle esperienze contraddittorie e, di sicuro, categorie come quelle dell’irrazionalismo promosse da György Lukács stanno strette. Eppure, a parte le necessità recenti di promuovere il posto sotto il profilo turistico e l’interesse che gli studiosi continuano a nutrire per tutto ciò che fu Monte Verità, lì si possono ancora incontrare cose interessanti. Gli strani fili fra le persone che sembrano intrecciarsi vanno maneggiati con grande tatto, perché si rischia a ogni passo di imbrogliarli, e, dunque, di dire cose non fondate sull’evidenza. Però, ci ha colpito che in anni a noi prossimi proprio quegli spazi abbiano ospitato una grande mostra delle opere della pittrice ed esoterista svedese Hilma af Klint, di cui ci eravamo già occupati. Un segno che questo genere di cultura è viva, vegeta e significativa e che, con essa, è necessario fare i conti in maniera non moralistica.
Immagine in evidenza: Mary Wigman a Monte Verità. Immagine da Wikimedia, di Iwona Wojnicka, rilasciata in licenza CC BY-SA 3.0.