In memoria di Joe Nickell, indagatore di misteri d’eccezione
di Luigi Garlaschelli
All’inizio di marzo 2025 è mancato Joe Nickell, da decenni investigatore capo presso il CSI (Commettee for Skeptical Inquiry) di Buffalo, USA.
Joe aveva ottant’anni ed era una persona eccezionale. Un mito per tutti gli scettici e i razionalisti, era forse paragonabile, per la vastità dei suoi interessi e delle sue competenze, soltanto al compianto James Randi; basti dire che era la sola persona al mondo pagata per essere un investigatore di misteri.
Riassumerne la vita e le opere richiederebbe un intero libro. Nato il 1 dicembre 1944 a West Liberty, nel Kentucky, nel corso della sua vita Nickell era stato – tra le altre cose – anche illusionista, croupier, investigatore privato, pittore di insegne per negozi, cercatore d’oro e renitente alla leva per la guerra nel Vietnam (si era rifugiato in Canada dal 1968 al 1977). Tornato nel Kentucky, aveva ripreso gli studi fino ad ottenere un Ph.D. in letteratura inglese nel 1987.
Nel 1983 scrisse il suo primo articolo per lo Skeptical Inquirer, la rivista dell’allora CSICOP, diventando infine membro del direttivo del CSI nel 1995, anno dal quale tenne per la rivista una rubrica fissa , “Investigative Files”.
Eravamo entrati in contatto epistolare dopo la riproduzione italiana del presunto sangue di San Gennaro, che si liquefa in modo misterioso nel duomo di Napoli, che egli volle citare nei suoi scritti.
Oltre al resto, Nickel scrisse anche più di trenta libri che spaziano su vari temi: miracoli e reliquie, indagini classiche di fenomeni paranormali, leggende, misteri storici e casi del passato, alieni e UFO e infine analisi forensi di fotografie e scritti. Posseggo molti di quei libri, uno solo dei quali è stato tradotto in italiano col titolo Cronache del mistero (Newton Compton ed, 2006) . Per chi conosce l’inglese, sono un patrimonio inestimabile di esperienze e di metodo.
Uno di questi libri mi è caro in modo particolare: Inquest on the Shroud of Turin, scritto in collaborazione con una serie di scienziati esperti in varie discipline prima della radiodatazione del 1988 che condannò la Sindone come falso medievale, creato tra il 1260 e il 1390. Seguì una seconda edizione nel 1998 con aggiornamenti sulla datazione e altre novità.
Il libro ripropose e perfezionò l’ipotesi di Nickell sulla possibile origine dell’immagine e sul metodo che l’artefice medievale avrebbe potuto utilizzare per creare il manufatto. Fu proprio da questa ipotesi che presi le mosse per arrivare nel 2009 a una effettiva riproduzione in grandezza naturale della Sindone che è stata giudicata – anche dagli ‘autenticisti’ – come la migliore esistente. Come gli dissi in seguito, lui era stato la mente, io il braccio.
Nickell sottolineava spesso due punti. Affermava di non essere uno “scettico a priori” – non amava il termine “debunker”- ma di essere mosso da una genuina curiosità di capire, e possibilmente imparare qualcosa di interessante e nuovo. E poi, diceva di essere attratto in modo irresistibile dalle indagini dirette e dalla sperimentazione. Nonostante questo, scrisse più di trenta libri e trecento articoli. È facile capire perché io lo considerassi un mio idolo.
La Sindone e altri miracoli erano l’argomento principale di cui discutevamo nelle varie occasioni in cui ci incontrammo ai convegni scettici. Nickell era una persona gentile e cordiale, signorile ma senza boria, sempre sorridente e ironica, che sentivo simile a me per la sua passione per l’indagine dei misteri ‘sul campo’ e le sperimentazioni pratiche. Quando viaggiava, chiedeva sempre quali misteri potesse indagare nelle vicinanze.
Nel 2004, dopo il Quinto Convegno internazionale degli scettici ad Abano, Nickell si recò infatti a Milano e poi a Torino a indagare misteri locali. Io lo rividi infatti qualche giorno dopo in quella città per accompagnarlo in aereo fino a Napoli, dove, ovviamente, visitammo il Duomo e la cappella di San Gennaro, nonché il famoso tesoro di San Gennaro, ricco di dipinti, gioielli e opere di oreficeria uniche al mondo (si veda il suo libro The Science of Miracles, in particolare pagina 8 e seguenti).
Il giorno seguente ci recammo a Pozzuoli, nella chiesa di frati Cappuccini, dove si trova la cosiddetta “pietra di Pozzuoli”, ritenuta per secoli il cippo su cui il Santo era stato decapitato nel III secolo (si scoprì recentemente che si trattava invece di un altare paleocristiano ben posteriore, e che le macchie rosse vagamente visibili in esso erano solo tracce di un’antica pittura e di gocce di cera). Nella chiesa si stava svolgendo un matrimonio elegante e, mentre stavamo entrando, un giovanotto mai visto prima mi apostrofò dicendo: “Lei è Garlaschelli, vero?” Rimasi troppo sorpreso per cercare di capire meglio come mi avesse riconosciuto.
A Pozzuoli visitammo anche la zona delle solfatare, e di quei giorni ricordo altre battute e piccoli aneddoti: lo stupore di Nickell a trovarsi nel caos del traffico di Napoli dopo l’ordinata Torino; il pranzo in un ristorante sul lungomare, disturbato dalla continua sirena di un antifurto; la visita a una farmacia per trovare un rimedio alle vesciche che Nickel aveva a un piede (e incongruamente, dietro il bancone ritrovai un mio compagno di classe del liceo di Pavia); la vana ricerca a Napoli di una gelateria aperta dopo cena, e così via.
Nickell mi spiegò che considerava il suo impermeabile come le sacche di una sella, in cui teneva notes, lente d’ingrandimento e una piccola macchina fotografica digitale (all’epoca non tutti i cellulari scattavano foto). Gli feci notare, in una certa occasione, che un cartello ammoniva di non fare fotografie. Lui mi spiegò che in quei casi ne faceva comunque una, fingendo ignoranza; se poi gli avessero mosso qualche critica, avrebbe rimesso in tasca l’apparecchio… ma ormai aveva almeno una foto.
Rividi Nickell nel 2009 a Genova, in occasione del Festival della Scienza, dove entrambi parlammo – insieme a Stefano Bagnasco e Massimo Polidoro, nel corso di una conferenza nella sontuosa sala del Maggior Consiglio. Lui illustrò le sue indagini, mentre io ne approfittai per citare i miei esperimenti sindonici, riconoscendo il suo ruolo nell’ispirare il metodo di riproduzione usato. Nickell ne fu lusingato, tanto da citare l’episodio, successivamente, in un suo libro.
Sempre a Genova, accompagnato da soci Cicap, nella cattedrale di S. Lorenzo ammirò il Sacro Catino, nelle leggende spacciato per il Santo Graal. In realtà un piatto di vetro verde, probabilmente egiziano o islamico, risalente al IX secolo, e non certo un calice di smeraldo.
Ho anche sue foto scattate nella chiesa di San Bartolomeo degli Armeni, accanto al Sacro Volto, simile a quello di Roma, raffigurante il ritratto di Cristo, e recentemente degradato a ‘non reliquia’ dalla Chiesa stessa.
In tutte queste occasioni Nickell fu quindi di stimolo anche per il CICAP a indagare casi che avevamo trascurato, pur avendoli a portata di mano.
L’anno seguente, nel 2010, ero a Budapest con Massimo Polidoro e lo incontrai di nuovo. Tanto per cambiare, parlammo della Sindone (lo so, lo so… ma l’avevo appena fatta). Fu l’ultima volta in cui lo vidi di persona. Negli scorsi giorni stavo meditando di scrivergli per informarlo circa i miei ultimi esperimenti su vari temi… e ora è troppo tardi.
Credo che Nickell fosse un modello, un maestro e un esempio unico per tutta la comunità scettica e scientifica in senso lato. La sua eredità sono i suoi libri e le sue indagini, ma ci mancherà sempre la sua umanità.
Immagine: Joe Nickell all’Australian Skeptics National Convention a Brisbane, 2015. Foto di Mal Vickers, da Wikimedia Commons, licenza CC BY-SA 4.0