Una fibrilla per la Sindone – la risposta di Garlaschelli
In seguito alla pubblicazione dell’articolo di Gigi Garlaschelli di commento agli esperimenti effettuati dal laboratorio dell’ENEA diretto da Paolo Di Lazzaro, abbiamo ricevuto una richiesta ufficiale di rettifica da parte del dottor Di Lazzaro che abbiamo pubblicato qui. Nell’articolo che segue, Garlaschelli risponde alle obiezioni di Di Lazzaro. I punti elencati tra parentesi (A, B, C, D, E, F, G, H, e I) corrispondono ai punti sollevati da Di Lazzaro nella sua lettera. Maggiori informazioni sugli esperimenti scientifici effettuati sulla Sindone si possono trovare su questo sito.
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A) E’ vero o no che “secondo lo STURP l’ingiallimento potrebbe essere dovuto a degradazione e ossidazione della cellulosa del lino, a sua volta indotta da cause termiche o chimiche.” ?
È una causa che lo STURP riteneva possibile. Per es. Gilbert and Gilbert hanno affermato
the spectral reflectance characteristics of the body image area appear identical to those of known 1532 AD scorched areas… The body image areas and scorched areas have essentially similar fluorescence characteristics. [R. Gilbert, Jr. and M. M. Gilbert, “Ultraviolet-visible reflectance and fluorescence spectra of the Shroud of Turin”, Appl. Opt. 19, 1930 (1980)]
Miller and Pellicori hanno affermato:
Modern linen can be artificially aged by baking at high temperatures (125°–150°) to the point where its reflected color and fluorescent emission approach those of the Shroud. [V. D. Miller and S. F. Pellicori, “Ultraviolet fluorescence photography of the Shroud of Turin”, J. Biol. Photogr. 49, 71 (1981)]
Si veda anche L. A. Schwalbe and R. N. Rogers, in “Physics and chemistry of the Shroud of Turin: A summary of the 1978 investigation”, Anal. Chim. Acta 135, 3 (1982). pp. 25-28. In particolare la frase
At this time, the most likely scorch hypothesis is that the Shroud image is a light “air” scorch produced at temperatures lower than those sufficient to carbonize the material.
Nel mio lavoro [ L. Garlaschelli: “Life-size Reproduction of the Shroud of Turin and its Image” J. Imaging Sci. Technol. 54, 040301-040301(14) (2010) ] dedico la pag. 040301-5 nonché la pag -9 e -10 ad esaminare questo complesso problema – e quello della presenza o meno di fluorescenza indotta dal riscaldamento del telo.
Evidentemente queste citazioni sono sfuggite al dott. Di Lazzaro.
B) è vero o no che “le caratteristiche di fibre sottoposte a degradazione chimica non sono nominate nel rapporto in esame” ?
Caro Di Lazzaro, ma le pare possibile che io non abbia notato la referenza al mio lavoro?
Quando io parlo delle caratteristiche delle fibre sottoposte a degradazione chimica, intendo, per esempio, lo spessore della colorazione del filo o della singola fibra, come è stato fatto per i fili e le fibre trattati col laser. Non mi pare che il Vostro gruppo abbia trattato chimicamente fili di lino per confrontarne le caratteristiche con i Vostri campioni. Non l’ho (ancora) fatto nemmeno io sui miei. Ma forse l’avete fatto, e mi è sfuggito anche questo dettaglio.
Aggiungo che Lei mi conferma nella mia impressione quando più avanti nella Sua replica scrive “…anzi è assai probabile che la profondità di colorazione da lei ottenuta sia nettamente maggiore dei 7 millesimi di millimetro mostrati nella figura 6a del Rapporto ENEA ”.
Io credo invece che questo sia un problema che dovrebbe utilmente essere approfondito.
C) E’ vero che “Gli autori scartano inoltre l’ipotesi termica in quanto, dopo un loro esperimento con un laser termico a CO2, l’analisi microscopica ha evidenziato una colorazione troppo profonda …” ?
Non è vero. L’esperimento era di Ferrero, Testore, Tonin e Innocenti Solo una superficiale e affrettata lettura sia del testo che delle referenze da parte mia ha potuto generare questo fraintendimento. Prego i lettori di togliere la parola “loro” dal mio testo.
D) E’ vero che “I risultati della colorazione del lino con laser UV sono stati valutati principalmente ad occhio nudo, basandosi sulla colorazione (nessuna, gialla, marroncina, marrone scura) di fili dopo il trattamento, fino ad ottenere la “giusta” tonalità.” ?
Il rapporto dice : “Nella Tabella, le osservazioni a occhio nudo del lino irraggiato sono descritte in funzione del numero N di impulsi laser consecutivi, della intensità I per singolo impulso laser …ecc”.
Dopo di che sono analizzate in modo approfondito le caratteristiche, microscopiche e altro, dei fili e delle fibre.
Mi sarei aspettato, prima di questo passaggio, che fossero valutati i parametri RGB/L per assicurarsi che la colorazione fosse quella desiderata. Nel corso di sperimentazioni eseguite dal sottoscritto [Garlaschelli, JIST, 2010, cit.] teli di lino erano stati sottoposti a trattamenti termici a diverse temperature e durate, poi erano stati valutati gli spettri di riflettanza/luminanza fino ad ottenere il colore più simile a quello della Sindone di Torino (zone di non immagine).
Nel Rapporto di Di Lazzaro e al. c’è un ulteriore particolare che mi lascia perplesso. Al Par. 7.1 e Fig. 10 si afferma che i valori spettrali di riflettanza del lino moderno da loro usato sono praticamente identici a quelli delle aree di non-immagine della Sindone di Torino. Questa è veramente una coincidenza straordinaria che meritava qualche commento ulteriore, visto che il lino può possedere tonalità e luminanze molto diverse: dal lino nuovo, quasi bianco, a quello grezzo più grigiastro, a quello giallastro del lino molto antico. Il colore della Sindone viene spesso descritto come “paglierino” ; oltretutto nelle foto del Rapporto (Figg 3, 5, 8, 13) il tessuto appare praticamente bianco.
E) Che cosa si intende con la frase“Una sola fibra con le caratteristiche desiderate, la cui colorazione potrebbe interessare solo la pellicola più esterna della fibra, su migliaia o centinaia di migliaia non sembra certo un risultato così eclatante come ci si aspettava, tale da meritare tanto clamore.”
Punto interessante. Di Lazzaro afferma: “ se Garlaschelli non ci riesce, se il team ENEA ci va vicino ma non ci riesce, se in 113 anni illustri studiosi (…) non ci sono riusciti, sorge qualche dubbio che ci sia riuscito un falsario con la tecnologia disponibile nel medioevo”.
Devo intanto ammettere di sentirmi onorato per essere “collega di fallimento” con uno scienziato di chiara fama quale il dott. Di Lazzaro. Certo che la logica mi sfugge un po’ (ma questo si sa). Cioè: se Di Lazzaro e coll. avessero ottenuto tramite laser un risultato perfetto, questo sarebbe stata – secondo loro – la prova che la Sindone non poteva essere opera di un falsario medievale. Se l’ “ENEA ci va vicino ma non ci riesce”, anche questo è prova che tanto meno ci sarebbe riuscito il falsario… Insomma si vince sempre.
Qualche ulteriore osservazione, giacché me ne si offre la possibilità: a) mi piacerebbe analizzare qualche migliaio delle fibre ottenute nel mio (screditato) tentativo di riproduzione. Forse c’è qualche possibilità che almeno una abbia la colorazione fatidica di 200 nm.
b) Il ragionamento di Di Lazzaro è una fallacia logica detta “argumentum ad ignorantiam” che nel nostro caso suonerebbe così: Non riesco riprodurre la Sindone, dunque essa non può essere opera umana.
Proviamo allora a fare un esperimento mentale. Prendiamo la Gioconda di Leonardo. Esaminiamone in modo estremamente minuto le caratteristiche chimico-fisiche: tipo di pigmento, spessore e direzione degli strati di colore, tipo di legno usato nella tavola di supporto, degradazione delle fibre di lignina (con relativi spessori, colorazioni micrometriche, ecc.), screpolature e cosi’ via. Poi tentiamo di riprodurla, pretendendo un’identità assoluta e totale. Ci sono ottime probabilità che nemmeno al giorno d’oggi qualcuno ci possa riuscire. (Se qualcuno ci si avvicina, dire che è una imitazione grossolana). Ergo, la Gioconda non può essere opera umana.
c) Di questa famosa fibrilla tra mezzo milione di altre “sbagliate” si fa vedere una fotografia tratta da un lavoro precedente nella quale lo strato cellulare più esterno è “scorticato” esponendo la parte centrale, incolore. Non ho le competenze per valutare questa foto al microscopio. Ma un bravo microscopista non potrebbe preparare delle fibre tagliate, in modo da esaminarne la sezione trasversale, così non ci sarebbero dubbi?
F) In che senso “Non sono prese in considerazione le caratteristiche che potrebbero possedere fibre ingiallite per effetto chimico per confrontarle con quelle della Sindone.” ?
Vedi risposta al punto B)
G) Che cosa si intende con la frase “Non sono prese in considerazione le caratteristiche di fibre ingiallite per semplice invecchiamento, per esempio quelle di vecchi tessuti di lino, per confrontarle con quelle della Sindone (ricordiamo la presenza di fibre ingiallite sulla Sindone, anche al di fuori dell’immagine).“ ?
Vuole dire quello che viene specificato subito dopo: “Se tali caratteristiche fossero simili, ovviamente si imporrebbe tutta una serie di considerazioni diverse, poiché si sarebbe solo trovato un modo per ottenere una buona imitazione di un tessuto antico. “ (Sembra che il dott. Di Lazzaro abbia saltato qualche parte delle mie osservazioni).
Ora, so bene che nel Rapporto si analizzano i risultati dell’invecchiamento artificiale del lino utilizzato all’ENEA (par 7.2 e 8.1) . Ma io parlavo appunto di fibre ingiallite per semplice invecchiamento, per esempio quelle di vecchi tessuti di lino.
Provo a essere più chiaro. Poiché nella Sindone di Torino si trovano fibre ingiallite simili a quelle dell’immagine anche al di fuori dell’immagine stessa, sembra logico pensare che la colorazione di tali fibre non debba dipendere da qualche straordinario e incomprensibile processo quale quello che avrebbe generato l’immagine stessa, ma da un normale processo di invecchiamento, che come si sa rende il lino più giallo. Dunque ottenendo tale colorazione per mezzo di un laser equivarrebbe -appunto – ad avere “solo trovato un modo per ottenere una buona imitazione di un tessuto antico”. Non sarebbe dunque utile un’indagine nel senso suggerito?
Per es. Rogers (2005) (ref 35 del Rapporto ENEA) aveva iniziato qualcosa di simile, senza entrare nel merito di coordinate di colore o di processi chimici, ma limitatamente alla perdita di cristallinità nelle fibre di cellulosa antiche; e aveva verificato che fibre della zona di immagine della Sindone sono, sotto quell’aspetto, identiche a fibre della zona di non-immagine.
H) “ ipotesi di un “moderno falsario” (ma non si parlava del 1260?) che usa un forno a microonde o luce solare o chimica o luce UV “per invecchiare la sua opera” e conclude che “questo ovviamente non vorrebbe dire che l’opera originale che sta cercando di imitare sia stata prodotta, secoli prima, grazie a microonde o con un laser UV”
Sto facendo ora l’ipotesi di un moderno falsario, appunto, che utilizza tecniche moderne per ottenere un invecchiamento artificiale e accelerato di un manufatto. Se si ha la pazienza di rileggere la mia obiezione se ne capirà sicuramente il significato. In secondo luogo, stavo parlando della colorazione e delle caratteristiche chimico-fisiche del telo. Se si citano anche tutte le altre “caratteristiche più difficili da replicare” (le conosco bene, non serve ripeterle, ma ringrazio per lo sforzo) si apre il campo a una serie infinita di obiezioni e contro-obiezioni che esulano dal presente contesto. Peraltro, su molte di queste affermazioni si va da qualche tempo sviluppando una tipo di revisione critica che non può che contribuire a fare maggior chiarezza nel dibattito scientifico.
I) Che cosa ha detto Christopher Ramsey a The Telegraph?
http://blogs.telegraph.co.uk/news/tomchiversscience/100125247/the-turin-shroud-is-fake-get-over-it/
Quando ho letto il blog di Tom Chivers, che riportava le parole di Ramsey, ho copiato e tradotto le seguenti righe:
Regarding the ENEA findings, he is similarly sceptical. “Just because you can create similar results using an ultraviolet laser, that doesn’t mean it’s the only way it could have been made in the first place,” he says. “There are several possibilities, and it could just be a chance effect due to a number of different phenomena. But in archaeological science, being able to reproduce something, doesn’t imply that that’s the technique used; it may simply show that you’ve got a new technique you want to try out.”.
Risulta ora, seguendo il link, che in seguito a un intervento dello stesso Di Lazzaro, il giornalista ha aggiornato il testo (e ha confermato per email di avere omesso quelle righe ove si citava il laser). Di Lazzaro dovrebbe ricordare che quelle righe c’erano, visto che ne ha chiesto la correzione.
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Ringrazio la Redazione di Query Online per l’opportunità che mi è stata offerta nel formulare queste brevi note, e io pure spero che esse aprano la possibilità di un dialogo sereno e una migliore comprensione reciproca, allo scopo di migliorare la nostra conoscenza degli aspetti scientifici del problema. Ho imparato molte cose, e non solo sulla Sindone di Torino.
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Egregio prof. Garlaschelli,
lei afferma che “nella Sindone di Torino si trovano fibre ingiallite simili a quelle dell’immagine anche al di fuori dell’immagine stessa”. Sarebbe così gentile da indicare, magari utilizzando i parametri della mappa ormai adottata dai sindonologi, su quali coordinate apparirebbero queste fibre ingiallite? Con quale riproduzione fotografica ha lavorato? E chi sarebbe lo studioso che avrebbe dimostrato ciò che lei afferma?
In 12 dei 32 nastri adesivi del 1978, McCrone riporta di avere trovato una media del 19.5% di fibre gialle nei nastri da aree di non-immagine, e 45.5% in quelli da aree di immagine.
dati e tabella con i valori in
McCrone – Judgment day for the Shroud of Turin, pp 101-102
Non ricordo ora se McCrone li ha pubblicati in un lavoro oltre che nel suo libro.
Mi pruduno le mani, ma non partecipo a questo thread, per due ragioni:
1) Perché gli intervenuti sono più competenti di me in questa specifica parte degli studi Sindonici e Creduloni e Scettici sono egregiamente rappresentati.
2) Perché vorrei così ringraziare Query e il CICAP per continuare ad alimentare, in tempi così difficili, dibattiti di questa importanza: si rischia ormai tutti di parlare solo del pane quotidiano.
Aldo, grazie per i complimenti. Facciamo del nostro meglio.
Grazie prof. Garlaschelli per la sua risposta. Quello che lei ha riportato dovrebbe allora essere su uno degli articoli pubblicati da McCrone su “The Microscope”fra il 1999 e il 2000.
Però c’è da chiedersi come facesse McCrone a riconoscere le fibrille di immagine se pensava che fossere colorate di ocra?
Ma invece lei come spiega la presenza di Lapislazzuli (blu) insieme all'”ocra”
(che è rossa) trovata nelle polveri analizzate da McCrone?
Forse bisogna rifare la ricerca di McCrone?
La Skirius ha esaminato 12 nastri di cui 8 da immagine e 4 da non immagine. Solo due di questi ultimi 4 sono definiti ‘control’ da McCrone…
Sicuramente il prof. Garlaschelli ne saprà il motivo…
Se il Prof. Garlaschelli me lo consente, vorrei portare un contributo a questo interessante dibattito su Mc Crone. Da scienziato, devo dire che i libri e gli articoli di Mc Crone mi affascinano, per il suo stile impeccabile e apprezzo anche l’idea vintage di alternare frasi stampate a immagini dei suoi appunti di laboratorio, scritti a mano.
Tuttavia, quando poi vado a vedere in concreto i risultati di Mc Crone e li confronto con i dati inequivocabili dei tanti esperimenti di spettroscopia, pirolisi, Raman effettuati in situ sulla Sindone dal gruppo STURP (ricordo che Mc Crone NON faceva parte del gruppo STURP, anche se lui dichiarava di essere stato espulso dallo STURP), allora le cose diventano più difficili da capire, perché alcuni risultati di Mc Crone e tutte le sue conclusioni sono in contrasto con quasi tutti i risultati sperimentali STURP.
Come si fa a capire chi aveva ragione? Al di là del dato numerico (è più probabile che sbagli una persona piuttosto che 30 persone), sarebbe meglio trovare uno studio di review, che prenda in esame punto per punto le differenze e le rispettive affidabilità tra osservazioni al microscopio di Mc Crone di fili e fibrille prelevati dalla Sindone e tutte le altre tecniche di misura utilizzate direttamente sulla Sindone.
Ebbene, questo studio esiste, si tratta di un lavoro di grande pazienza fatto dal Dr. Heimburger che ha confrontato passo passo tutti i risultati sperimentali e le deduzioni di Mc Crone con i risultati STURP. Il lavoro si intitola “A detailed critical review of the chemical studies on the Turin Shroud: facts and interpretations” si trova alla pagina http://www.shroud.com/pdfs/thibault%20final%2001.pdf
Consiglio a tutti la lettura di questo documento, le cui conclusioni, rigorosamente documentate, sono chiare: era Mc Crone ad avere torto.
Cordiali saluti a tutti
E’ molto intreressante e forse ancora poco conosciuto il lavoro del dr. Heimburger. Temo che il vero torto di McCrone (non per colpa sua) sia stato quello di non conoscere le tecniche di utilizzo dei pigmenti pittorici nell’arte gotica e, in particoalre, di quella fiamminga. Non dimentichiamoci che quando la Sindone venne minacciata dal fuoco nel 1532 era dentro un bellissimo reliquiario d’arte fiamminga, sul quale, visto il costo (12.000 fiorini), non è da escludere che vi fossero dipinte alcune scene della Passione di Cristo. Forse è proprio per questo che i pigmenti riscontrati sulla Sindone sono solamente tracce che non hanno nulla a che fare con l’immagine sindonica.
sempre a proposito di McCrone e fibre gialle,
prof. Garlaschelli, quando lo studioso americano dice di aver individuato gelatina d’uovo cosa stava osservando? c’era veramente questa gelatina?
Scusi se mi intrometto ma, considerando la vasta gamma dei pigmenti e mescolanze usate nella decorazione di reliquari nell’arte fiamminga può certamente succedere che un chimico trovi sulla Sindone tracce di elementi che richiamino altre sostanze simili che possono portare fuori strada, cioè all’ipotesi del falsario; anche perché le quantità di campioni sindonici a disposizione di McCrone furono molto limitate.
Ciò che conta è che l’incendio di Chambéry spiega molte cose:
– i grandi aloni sulla Sindone non sono coevi all’incendio ma molto precedenti al XVI secolo,
– l’oggetto incandescente caduto sul coperchio del reliquiario ha trasmesso calore alla Sindone per contatto diretto, andando poi a provocare il cratere che conosciamo ma non è quello che ha influito sugli esiti dell’esame al C14
– i pigmenti riscontrati da McCrone non sono dovuti all’usanza di creare reliquie per contatto, andando ad adagiare le copie della Sindone sull’originale (era troppo rischioso). Forse è successo una volta sola che stranamente nei libri di sindonolgia sembra sia avvenuto come prassi nel passato. Tali pigmenti venivano usati negli affreschi delle cappelle gotiche ed anche degli elementi costituenti i reliquiari. Non vi è nulla di strano se nelle feritoie del coperchio, come passò l’acqua, siano passate piccole quantità dei pigmenti presenti nelle immagini del reliquiario. Esternamente al gomito sinistro dell’Uomo della Sindone, sul lato esterno del cratere c’è un vero rivolo di pigmento colato dal coperchio del reliquiario in una piccola piega del telo. Magari ci sarà anche dell’ocra o residui di lapislazzuli, oppure cinabro ma non hanno nulla a che fare con l’immagine sindonica.
Lo studio dell’incendio di Chambéry risulta molto utile anche ai fini della ricerca scientifica recente.
Ma che bello! Mi piace seguire i vostri articoli e commenti. Complimenti!
Sono d’accordissimo con che dice Aldo Grano. Per fortuna c’è ancora in giro gente che si appassioni su argomenti “elevati” piuttosto che sulle dinamiche sociali di un gruppo di primati in scatola.
Mi diverto ad immaginare, nell’alto dei cieli, Gesù, tutte le anime sante e l’achimista falsario medievale che si fanno delle grandi risate in enormi toga(sindone)party!.
Immagine impressa per effetto di laser UV………..e l’alchimista in fuga con il lenzuolo in testa inseguito da un Gesù armato di spada laser che imprime le varie istantanee della corsa! Oppure…degradazione fotochimica con l’uso di elementi utilizzati nell’arte gotica…..Gesù spalmato di essenze e “ciclostilato” dall’alchimista sui lenzuoli tanto per vedere l’effetto che fa!
Non prendetevela, non voglio offendere nessuno. Rispetto profondamente tutti quelli che ci stanno lavorando. La mia “visione goliardica” vuole un po’ sdrammatizzare il clima da guerra santa che si è creato su questo argomento. Una specie di vignetta per sorridere un po’ (non fa mai male).
Io, lo dico subito, pendo dalla parte di Garlaschelli. Preferisco un approccio sperimentale anche se l’aspetto analitico è fondamentale (l’effetto degli UV come simulazione di energie radianti dal corpo in resurrezioni mi sembra un po’ “tiratina” come teoria ma ci sta, che ne sappiano di resurrezione? Io per spirito d’indagine proporrei di provare anche con la CocaCola….scherzo, basta! Mi autocensuro.).
Della sindone se ne parla da secoli, sempre della stessa? Boh, magari sono tante, alcune perse, altre ricostruite o rifatte. Se ne hanno dati certi dal 1300..ma prima? Dov’è stata? Ed è da qui che secondo me bisogna partire. Cosa avevano sotto mano nel medioevo o precedentemente per fare un’opera del genere? Quali immondi pasticci possono aver combinato prima di mettere insieme un’immagine di un corpo spacciabile per una reliquia?. Dubito che la loro intenzione fosse quella di creare un’immagine eterna, stabile…magari si sono accontentati di produrre in serie copie di cadaveri da diffondere come sante reliquie, cambiando di volta in volta procedura, ingredienti. Non è forse vero che dei principali Santi c’è un’inflazione di ossa un po’sospetta? Santi pluriarticolati, megadentati e multi-cranici. Non penso neppure che per realizzare questi manufatti sia necessario chiamare in causa le migliori menti di quel periodo. Forse la Sindone è opera di qualche garzone pasticcione che ha azzeccato per caso la miscela giusta di elementi e di un cadavere al giusto grado di “frollatura”. Oppure no? Magari è veramente l’unica prova tangibile del passaggio di Gesù sulla Terra.
Quello che trovo poco “scientifico” è pretendere di giungere dai dati dell’ultimo prelievo (un po’ vecchiotto e soggetto a critiche un po’ da tutte le parti) a conclusioni certe. Che tutte le parti in causa collaborino e che si proceda a nuovi prelievi, stabilendo protocolli validi per tutti. In ogni caso, anche se la sindone fosse un lenzuolo medioevale, avrebbe un grandissimo valore storico di per sé (con in più l’onere di dimostrare come cavolo ci siano riusciti). E in ogni caso per un vero credente dimostrare che la sindone sia un originale dell’epoca di Cristo non dovrebbe fare nessuna differenza. Concludendo, la Sindone è una sfida, una sfida alla razionalità (con il DOVERE di indagare), una sfida alla fede (che non dovrebbe aver bisogno di prove materiali per validarsi) e una sfida alla cooperazione ed al confronto (con un po’ di leggerezza….).
Saluti!
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Vorrei che qualcuno mi spiegasse l’assenza di deformazione della figura sindonica: deformazione che attiene alla traccia che un solido lascia su un telo che lo avvolga: cortesemente, non si insultino le nostre intelligenze con la storia della proiezione, in quanto la deformazione dipende dal supporto (in questo caso il telo drappeggiato sul corpo) e non dalla sorgente (contatto, proiezione o quant’altro). Anche considerando la delirante ipotesi di smaterializzazione del corpo e successiva formazione della figura, la deformazione dovrebbe vedersi sulle macchie di “sangue”, decalcate direttamente dal corpo ben prima del “miracolo” ipotizzato, quando era ancora solido. A mio modesto ma lucido avviso, questa è la prova inoppugnabile che lì dentro non vi è mai stato alcun corpo.
Caro Alessandro, se non ho capito male dici che qualunque oggetto, sia materiale che vegetale o animale, avvolto in un telo e poi svolto lascia tracce dell’ avvolgimento e dello svolgimento. Ho capito male?
Evidentemente mi sono spiegato malissimo: mi riferisco al fatto che se un solido lascia una traccia su un telo che lo avvolga, quando il telo verrà svolto e disteso, la traccia risulterà vistosamente deformata: (si definisce “effetto mappamondo” o “maschera di Agamennone”); tale deformazione sulla figura sindonica non appare e francamente le spiegazioni dei sindonologi autenticisti spaziano dall’inadeguato al delirante, quando una lettura lucida e scevra da pregiudizi religiosi ne concluderebbe semplicemente che lì dentro corpi non vi sono mai stati.
Caro Alessandro, il buon Garlaschelli ha posto questa Tua obiezione, se non vado errato, che c’ era ancora la Lira. In Rete, comunque, trovi l’ elenco delle sue obiezioni. Lui la aveva messa nel mucchio delle altre. Ora, prima di tutto, distorsioni dell’ immagine ci sono, ad esempio alle spalle, alle mani, ai polpacci, che denunciano che il corpo fu avvolto. Effettivamente manca l’ effetto maschera di Agamennone: il volto dovrebbe risultare più allargato, invece risulta più allungato e più nitido del resto del corpo. Oramai, tra le poche certezze sulla formazione dell’ immagine, abbiamo quella che fu impressa non tutta alla stessa maniera. L’ urea che fuorusciva per il cedimento dei reni fu uno dei pittori. Ma il volto in particolare fu impresso in modo al momento non noto. Non puoi definire deliranti le ipotesi di chi crede che il corpo avvolto si sia “smaterializzato”e sia uscito senza togliersi la Sindone di dosso: chi ha provato a dimostrarlo aveva sia competenze molto elevate sia strumentazione molto sofisticata, tanto che il CICAP ha provato a contestarne lo studio con ipotesi per me ridicole, ma che non posso scientificamente scartare. La Sindone è faticosa. Dà retta: non Ti illudere di essere il bravo, l’ unico al Mondo che trova subito l’ errore clamoroso che dimostra che è un falso, addirittura non un corpo umano. E poi non ne hai bisogno: se vuoi dire che non c’è prova si tratti di Gesù e della Sua Risurrezione, basta la mancanza della bolla di accompagnamento della reliquia, non occorreva nemmeno il C14.
Sig. Grano,
il fatto che una parte della figura riporti deformazioni e altre no è, ad una persona ragionevole, (ragionevole, non brava) ulteriore indizio dell’azione di un artigiano: la delirante (perchè tecnicamente di questo si tratta) ipotesi della smaterializzazione del corpo per lasciare la sindone, rivela una volta di più la mancanza di lucidità degli scienziati che la propongono: visto, infatti il manichino anatomico del prof. Fanti che riporta le gambe vistosamente piegate, le macchie di “sangue” sui piedi (presenti a detta degli studiosi già da 36-40 ore, decalcate direttamente dal corpo solido) perchè risultano coerenti con la figura non deformata? E questa è la più macroscopica.
Che prove su riviste accreditate sono state pubblicate che attestino la presenza di un corpo in quel telo? Ho conversato con altri sostenitori dell’autenticità che riferivano il telo fosse stato posto sopra il corpo e non avvolto (generando altre incoerenze macroscopiche).
Il fatto che il prof. Garlaschelli sollevò già a suo tempo le obiezioni sulla figura, non vedo che attinenza abbia: il problema è che a questa elementare osservazione non si è data risposta alcuna, perchè anche i deliri dei sindonologi (irraggiamenti e smaterializzazioni del corpo) non la spiegano affatto. Non la spigano perchè la deformazione dipende dal supporto (il telo drappeggiato sul corpo seguendone la naturale curvatura) e non dalla sorgente e in caso di smaterializzazione, resta il problema del “sangue”, già presente sul telo da ore, decalcato direttamente dal corpo, che perciò non può non recare deformazioni. (Ma non sembrano avvedersene: ma gli scienziati sono loro…)
Credo sia più onesto intellettualmente prendere atto che tutto il baraccone imbastito dai sindonologi autenticisti sia solo un gigante coi piedi d’argilla, ma…visti i precedenti…(monete sugli occhi, presenza di pollini, il caso Kutzetsov)
Naturalmente, il tutto fino a prova contraria.